Ode alle cose insignificanti (che sfumano l'annunciata esistenza)
A quale uomo darebbero sapore le cose insignificanti? Quale tranquilla prigione disadorna di futuro darebbe la forza di procreare un così guizzante appagante pensiero? Eppure non desidero fuggire dalle pareti della mia vita né con la mano coprirmi gli occhi o chiuderli nel sonno torbido della finta rinascita e dell'illusione, che con tratti stanchi - come quelli che ha un lapis infreddolito- farebbero tornare immediatamente al sorriso, senza aver mai posseduto me stesso e, privo di volontà, cercherebbero sempre di vedere dentro la nebbia dell'esistenza, quando invece la nebbia nasconde da sempre le cose e si deve sempre aspettare che si diradi. I sogni sono la convalescenza della malattia del vivere, ma i sogni non fanno il pane e la nostra vita ha bisogno di pane per prima cosa, poi si può sognare anche tutto il giorno. Il progetto della mia vita prende forma e si apre in una costellazione infinita, quando sdraiato sulla mia scrittura schiava delle mie emozioni, creo e rinnovo la risonanza alla nostalgia che ora dilaga. Così creando non penso. Non elucubro solamente, ma sollevo la stanchezza dalla palpebre e l'essere appare meno mesto col vivere. Nel cortile delle cose insignificanti il vento si dispone come un gorgo che risucchia tutto intorno a sé e - come la pioggia- lava via tutte le sfumature pazientemente volute e disposte dalla mia capacità di riassemblare che innalza le cose. Si collocano poi mi guardano sicure come la mano di un barbiere, e poi lento, nel chiarore della mattina che nasce e che vedo dalle persiane che ho lasciato un poco aperte - avverto il brivido che mi appaga: il suono femmineo della prossima notte, alla fiera delle cose insignificanti.
data | autore | commento (si può commentare solo se si è loggati) | |