Ode alle cose insignificanti (che sfumano l'annunciata esistenza)

A quale uomo darebbero sapore le cose insignificanti?
Quale tranquilla prigione disadorna di futuro darebbe la
forza di procreare un così guizzante appagante pensiero?

Eppure non desidero fuggire dalle pareti della mia vita
né con la mano coprirmi gli occhi o chiuderli nel sonno
torbido della finta rinascita e dell'illusione, che con tratti

stanchi - come quelli che ha un lapis infreddolito- farebbero
tornare immediatamente al sorriso, senza aver mai posseduto me
stesso e, privo di volontà, cercherebbero sempre di vedere

dentro la nebbia dell'esistenza, quando invece la nebbia
nasconde da sempre le cose e si deve sempre aspettare che
si diradi. I sogni sono la convalescenza della malattia del

vivere, ma i sogni non fanno il pane e la nostra vita ha
bisogno di pane per prima cosa, poi si può sognare anche
tutto il giorno. Il progetto della mia vita prende forma e si

apre in una costellazione infinita, quando sdraiato sulla mia
scrittura schiava delle mie emozioni, creo e rinnovo la
risonanza alla nostalgia che ora dilaga. Così creando non

penso. Non elucubro solamente, ma sollevo la stanchezza
dalla palpebre e l'essere appare meno mesto col vivere.
Nel cortile delle cose insignificanti il vento si dispone come

un gorgo che risucchia tutto intorno a sé e - come la pioggia-
lava via tutte le sfumature pazientemente volute e disposte
dalla mia capacità di riassemblare che innalza le cose.

Si collocano poi mi guardano sicure come la mano di
un barbiere, e poi lento, nel chiarore della mattina che nasce
e che vedo dalle persiane che ho lasciato un poco aperte -

avverto il brivido che mi appaga: il suono femmineo della
prossima notte, alla fiera delle cose insignificanti.
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Pubblicata il 14-01-2013

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