Al mio cane
Ricordo i tuoi occhi scuri e grandi. Fissa, dentro, la luce perpetua della riconoscenza. Incurante della tua poca bellezza, ti raccolsi in grembo al primo incontro. Attraversai i tuoi occhi e ascoltai il loro silenzio, in se, aveva più di cento voci e più di mille parole. Insieme uscimmo dalla tua casa-prigione e dopo, ti accarezzai dolcemente per giorni, per mesi e poi per anni. I tuoi occhi mi raccontarono la gratitudine, la paura della solitudine, la violenza di pesanti mani sul fragile corpo, mani malate di menti umane, mani insane. Quando l’ultimo bagliore li salutò, ancora fissa, dentro, c’era la luce perpetua della riconoscenza e nei miei, quella perpetua dell’amore.
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