Viaggio nella sostanza divina

Le pettinava con delicatezza i capelli dal ricordo biondo, cercando di non farle male, per toglierle il
sale residuo, dopo il tranquillo bagno fra le calme onde della baia, e le accarezzava il corpo,
sciacquandolo con acqua dolce che scorreva fresca sull'esile corpo bianco.
Poca gente sulla cangiante spiaggia, in quelle prime ore del mattino, mentre la carrozzina di Vera era
assicurata alla fine del sentiero, poco lontano da loro.
Era il primo viaggio dopo l'incidente, Zeno non avrebbe mai pensato d'intraprenderlo, anche solo pochi
mesi prima. Ora era certo, Vera aveva riacquistato comprensione e ricordi, glielo mostrava ogni giorno
sempre di più attraverso pochi gesti e rare parole che riusciva ad esprimere con grande fatica, ma con
cognizione e precisione. Ora sì, era pronta al recuperato respiro, al nuovo percorso, a visioni da
riscoprire e valorizzare diversamente.
Nel brusìo del paesaggio marino, in quel silenzio ritmato solo dagli elementi naturali e dalle voci di
pescatori accovacciati sulle loro reti, lui le parlava a ruota a libera, attendendo con pazienza ogni
sua flebile risposta o reazione, sorridendo e scherzando, sentendo la spinta giusta per catturare le
sensazioni della sua amata.
Era davvero la prima volta in cui l'angoscia sembrava svanita e quel terrore di schianto e bisturi non
lo tormentavano più nei sogni, come nei pensieri. Ne percepiva lo stupore profondo ed era una delle rare
circostanze in cui lei, alla domanda: "Come ti senti?", non rispondesse a voce fioca "Male".
Indispensabile sopravvivere e vivere il possibile, ne percepiva più che mai l'urgenza, il desiderio e la
necessità, dopo tanto dolore e fragilità. Molte volte aveva dubitato, si era chiesto come e perché, ma
ormai i perché non avevano più senso, avevano senso il tocco, le piccole conquiste e ogni tentativo
quotidiano di miglioramento e tranquillità d'esistere.
Non voleva arrendersi e lei, tanto più, non poteva, non avrebbe potuto e non doveva.
Con la scusa di comprare una bottiglia d'acqua minerale raggiunse il piccolo chiosco poco lontano e si
accorse di avere qualche lacrima sul viso, uscita così senza che se ne accorgesse, in un'istintiva
commozione che s'incrociava con la sua ispida barba.
Si ripeteva "smettila", Vera non deve vederti piangere, ora non sei triste, ora sei felice e lei lo deve
assorbire ed esprimere.
Respirava profondamente, cercando sollievo nell'aria frizzante come nei sorsi d'acqua di quella bottiglietta.
Un vento tiepido e avvolgente liberava e scioglieva ogni pensiero negativo.
Prima che la temperatura sulla riva diventasse più pesante, le propose una passeggiata nella pineta attigua
e si alzò per aiutarla a raggiungere la carrozzina. Vera non voleva spostarsi ed in uno scatto improvviso
balbettò: "Male. Stanca. Dormire. Morire." e lo fece indicando la sottile linea d'orizzonte tra cielo e
mare.
Abbracciandola addolorato, cercò di scuoterla per allontanare quell'improvviso straziante grido.

L'accarezzò cercando di sollevarla, ma il suo rifiuto era testardo e ripetuto. La sua espressione, un'ora
prima apparentemente serena, si era trasformata in uno spasmo che lui riconosceva profondamente.
Fu un battito d'ali a distrarla dalla tristezza e a catturare lo sguardo di entrambi, un grande alato, un
fenicottero rosa che si dirigeva verso nord. La mano di Vera si era spostata dall'orizzonte per indicare
quel volo.
Zeno la sollevò piano e, senza indugio, la condusse alle sue due ruote, la fece sedere e cominciò a
spingere la carrozzina, accelerò il passo e si ritrovò a correre.
Il sudore gli colava dalla fronte, lungo il petto e la schiena, ma le gambe non si fermavano e anche il
respiro affannato non demordeva nella rincorsa di quel fenicottero rosa, che ormai sembrava scomparso oltre
la pineta. Correva, correvano le ruote e correva Vera.
Terminato il sentiero fra pini marittimi e arbusti si trovarono sull'asfalto, proseguirono lungo la strada
principale, sotto un sole che iniziava a pesare sulle loro teste.
Fu allora che si aprì davanti a loro una distesa enorme e accecante, mentre uno stormo di fenicotteri rosa
si muoveva in lontananza.
Un lago di sale. Un'anima bianchissima di diamanti lucenti, perfettamente accostati, pregni di bellezza.
Zeno, sbalordito, cominciò a vagheggiare, ad immaginare, a raccontare evocando flotte e civiltà, storie
lontane, racconti di guerre, di antichi viaggi ed esistenze.
Le sue parole sgorgavano senza freno e inondavano di suggestioni Vera che ascoltava, confusa e ammaliata.
Sulla spessa coltre di sale iniziarono una marcia che divenne gioco e danza propiziatoria, pattinando,
scivolando in un impazzito volo.
Lui si zittì, si fermò, raccolse qualche diamante di sale e ne diede uno alla sua amata, glielo fece
leccare e gustare.  "E' la sostanza divina di Omero!", le disse.
Raccolse le ultime energie e la fece sdraiare in quel lago solido e puro, mentre in alto il fenicottero
rosa sembrava sorreggerla in un incredibile blu.
Vera lentamente si abbandonò e iniziò a nuotare, muovendo le sue membra pigre e stanche, toccando e
tremando d'emozione, avvolta da una candida veste bianca.
Vide, sentì e strinse forte la mano di Zeno che rideva, rideva e rideva, come mai sino ad allora.
Rimasero affiancati, Zeno trattenne a sè le ali di Vera, meravigliose e senza meta, senza forza, senza
più paura...nella loro piena "sostanza divina".
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