Giselda, un clown triste

Pensiero del giorno      (17 agosto 2012)

Conobbi Giselda a Cirella, una ridente cittadina balneare della Calabria. A presentarmela fu la mia più cara
amica, Mila, che aveva in quella località una casa con ampio giardino. Nello stesso periodo in cui lei 
si trasferiva lì per le vacanze, io mi trovavo a Praia dove ho anch'io una piccola casa. Mila mi invitava ad
andare da lei quasi tutte le sere. Fu proprio durante una di queste occasioni che trovai, attorno ad un tavolo,
un bel gruppo di donne tra cui Giselda. Si distingueva per la sua grossa mole, per la sua voce forte e un pò
rauca nonchè per le cose interessanti che diceva con estrema semplicità. Insegnava lettere in un liceo di
Cosenza ed aveva un fare molto affettuoso. Subito volle sapere di me e mi invitò a sedermi accanto a lei.

Giselda era una donna che godeva di un'alta posizione sociale essendo il marito uno dei piu importanti
costruttori della sua città ma non esibiva la sua ricchezza anzi cercava di non parlarne mai. Indossava però
vestiti di buona fattura e sempre coloratissimi; non si preoccupava di esibire le sue forme piuttosto grosse
poichè era una donna piena di contenuto e non aveva bisogno di apparire fisicamente. Quando scoprì che 
scrivevo poesie, volle subito che gliene facessi ascoltare alcune e poichè le piacquero immediatamente,
chiese una pausa di silenzio per recitarle alle altre amiche presenti. Aliena dunque da invidie o da estrema
competizione, come capita spesso di trovare nella società e ancora di piu, nel campo dell'arte. 

Mi prese a ben volere e mi diceva anche che ero una donna piacente e che, sicuramente, dovevo essere stata
molto bella in gioventù. Io, per gentilezza ricambiavo il complimento ma piu la guardavo, piu mi convincevo
che il suo viso aveva l'espressione di un clown triste, come se il dolore, avesse trasformato e dilatato i suoi
lineamenti: le palpebre degli occhi, infatti, erano decisamente all'ingiu, gli occhi di un ceruleo sbiadito,
che denutava nascosta sofferenza ma la bocca era grande e sempre aperta ad una risata che, spesso, si pro-
lungava a lungo dando l'impressione di un grido, di una ricerca d'aiuto. Seppi così da Mila che, nonostante
la sua ricchezza e la sua bellissima casa arredata in maniera stupenda, aveva due sole figlie che avevano
piegato lasua naturale allegria in una maschera di sofferenze.

 
La prima figlia, Mary, come molte delle ragazze nelle sue condizioni, non sapeva godere piu di niente, poichè
aveva sempre avuto tutto quello che voleva, e passava da un'esperienza deludente all'altra, disperatamente
alla ricerca di un pò di autentico amore. Non completò i suoi studi alla Sapienza di Roma, ma tornò in
Calabria con un grave esaurimento nervoso dovuto all' amarezza di aver profondamente deluso le aspettative
del padre che avrebbe desiderato che continuasse la sua attività. Cominciò ad assumere comportamenti ribelli
e Giselda cominciò a perdere la sua residua allegria. Le restò solo quella grande bocca sempre aperta ad un
nevrotico sorriso. Si muoveva a scatti, sconcertando noi amiche che la vedevamo perdersi in un mare di piccole
follie. Non fu piu capace di stare ferma un istante e quindi organizzava continue cene sulla spiaggia, nuotate
di mezzanotte e fu persino capace di far montare una piccola pedana da ballo, d'accordo col suo bagnino, dove
la sera si esibiva in sguaiate danze solitarie. 

Povera Giselda, la sua grande forza era stata sconfitta. Noi la assecondavamo in tutto quello che voleva fare
ma non sempre la seguivamo in mare: lei alzava sempre la voce, credendo di parlare urlava:"Che donne siete?
sempre uguali a voi stesse, sedute sulla spiaggia come statuine, venite in acqua se siete ancora donne vive!!!"
e dicendo così, senza avvedersene, nella sua esaltazione, cominciava ad abbassarsi le bretelle del costume.
Uscita dall'acqua col costume bagnato, coperta solo di un pareo, cominciava a gesticolare sulla pista da ballo
e ad emettere suoni che volevano essere canzoni ma che, man mano, diventavano lamenti, pieni di un pianto a
stento trattenuto. 

La seguiva sempre come un agnellino, pendendo dalle sue labbra, la figlia Valentina, purtroppo affetta da una
forma non lieve di ritardo mentale che la faceva sembrare una bambina di 7-8 anni, mentre ne aveva 16. Forse
era proprio lei la meno infelice della famiglia poichè sorrideva sempre dolcemente. Cercava affetto da ognuno
che le si avvicinasse. Anche a me faceva carezze sulle braccia e mi chiedeva tante cose sul suo futuro. 

Io, con dolcezza,come tutti gli altri, le rispondevo che certamente anche lei, un giorno, avrebbe avuto un
fidanzato. Le cose continuarono ad andar male; Mary si sposò incautamente con un giovane barista che si 
rivelò violento ed interessato solo al suo patrimonio e Giselda morì prematuramente di infarto lasciando sola
la piccola Valentina, eternamente immersa in quel suo mondo di realtà-irrealtà che non le consente di provare
dolore. Mary oggi è la proprietaria di una grande cartoleria che gestisce con capacità e spero si sia formata
una vera famiglia.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
21-08-2012 Infante Maria Teresa grazie per questo short poem ,conciso eppure a chiare tinte, immaginavo i personaggi come se anch'io fossi li e hai trasmesso emozioni bellissime e profonde ,seppur malinconiche...

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Pubblicata il 17-08-2012

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