Piuma Blu

Non avrei mai potuto lasciare tutto ciò, qui ci sono nato, ho vissuto tante emozioni e l’idea di non rivedere
più questo paesaggio mi avrebbe rattristato a tal punto da non vivere bene ovunque io andassi. Ho accompagnato
mio fratello al di là del grande fiume e non ho avuto il coraggio di proseguire con lui. L’ho salutato con le
lacrime agli occhi e ci siamo promessi di rivederci una volta prima di ogni tempo delle nidiate. La mia storia
e quella di mio fratello è alquanto particolare perché ha segnato le nostre vite al punto di prendere spesso
decisioni piacevoli e a volte drastici cambiamenti. Sono un cannareccione, un volatile che per il suo
insignificante colore e il suo stridulo canto passa quasi sempre inosservato; l’unica mia particolarità è il
fatto che costruisco il nido sulle rive di corsi d’acqua o in prossimità delle paludi, intrecciando piante
essiccate e lanuggini attorno ai fusti di un fascio di canne che immergono le loro radici nei fondali melmosi.
Il nido della mia famiglia fu fatto con attenzione. I miei genitori ci misero più tempo del dovuto in quanto
a mia mamma piaceva un gruppetto di giovani canne, nate proprio nel mezzo del torrente, quindi vollero tessere
il loro amore con più cura, per non rischiare di ritrovarsi in acqua. Mio padre accontentò mia madre in tante
cose, successivamente anche per la situazione di mio fratello. Mi raccontarono che furono deposte quattro uova,
tra cui il mio e subito si approntarono alla cova. La mia mamma era molto attenta a tener coperte le sue gemme,
così ci chiamava, e il mio papà, compagno premuroso come sempre, le portava da mangiare libellule e coleotteri,
il suo pasto preferito. Su quell’isolotto si stava veramente bene, si sentiva più intenso lo scorrere dell’acqua,
il guizzo di qualche pesce e verso gli argini, tra le innumerevoli piante acquatiche, si potevano osservare
centinaia di girini in compagnia di tante rane che aprivano un piacevole concerto all’alba e chiudevano il
sipario a notte fonda. Vi erano,per concludere in bellezza, numerosi e squisiti insetti che, aprendo il becco,
ti volavano dentro da soli. Il periodo delle nidiate era ed è il preferito di ogni creatura, animale o vegetale
che sia. Un giorno, quando tutto pareva filare liscio accadde qualcosa che cambiò la vita dei miei genitori
e la mia di conseguenza, nonostante non se ne accorsero subito. Una mattina, mentre entrambi erano al nido,
udirono un forte e improvviso rumore, come se qualcosa si fosse intrufolato con prepotenza tra le fronde delle 
anne. Pensarono ad un serpente o ad un rapace e d’istinto volarono via, lasciando solo lo scrigno con le quattro
gemme. Passarono degli attimi di terrore all’idea che qualcuno o qualcosa avesse distrutto parte della loro vita.

Dopo un po’, accertatisi che non vi era più alcun movimento tra le lungiforme foglie, tornarono con cautela,
timorosi e preoccupati per la sorte della covata. Il nido sembrava essere intatto, si avvicinarono e scorsero
all’interno solo un uovo. Iniziarono a gorgheggiare striduli canti di dolore per l’avvenuta perdita. Mio padre
era deciso ad abbandonare tutto, uovo incluso e spostarsi altrove. La mamma si rifiutò e si avvicinò ancora al
nido, col becco toccò l’uovo, era diverso, strano, quasi un altro uovo. Pensò che la causa di tale diversità
fosse il fatto che si era raffreddato e subito riprese la cova. Mentre si accovacciò mosse freneticamente le
zampe sul fondo per sistemarsi e sentì una strana consistenza; si levò e notò sotto le piume un uovo.

Se ne era salvato un altro. Felicissima chiamò mio padre, intento a cantare dalla rabbia; appena udì il
richiamo, la raggiunse in fretta. Insieme videro le due uova; se era contenta mia madre, lui lo era di
conseguenza. Vollero continuare per portare a termine la nidiata, senza più notare l’effettiva differenza
delle due uova. Tutto tornò alla normalità, mia madre covava, mio padre cantava e spesso nutriva la sua
compagna con le prelibatezze che offrivano quei posti. Dopo quell’esperienza non si fecero più impaurire da
alcun rumore. Entrambi erano decisi a rischiare le loro stesse vite. Passarono un po’ di giorni e mia madre
chiese il cambio a mio padre che subito accettò. Era la prima volta che, dopo quel trambusto, si alzava per
sgranchirsi le zampe e le ali. Prima di entrare nel nido, mio padre volle dare uno sguardo all’interno e
scorse finalmente questa diversità tra le uova. Chiese alla sua compagna se anch’ella l’avesse notato.
Subito gli rispose:”Caro! Cosa vuoi che sia! Mia mamma mi raccontò che anche l’uovo di mio fratello era più
grande del mio! Stai sereno; andrà tutto bene”. Mio padre non volle insistere e prese a covare; tempo di un
volo, un sorso d’acqua e la dolce mamma era di nuovo sui suoi ovetti. Alcuni giorni più tardi sgusciai io
fuori per primo, rosa e spennacchiato. I miei mi raccontarono che ero già molto affamato, talmente tanto che
mia mamma non riusciva a stare a riposo perché le beccavo l’addome o le zampe. Gli diedi da subito un gran
da fare a rimpinzarmi di piccoli insetti che nel giro di due giorni ero già diventato il doppio. Ed ecco!
Durante il mio terzo giorno di vita nacque lui, mio fratello. Cominciò a rompere il suo uovo mentre i miei
erano in giro a raccattare cibo per me. Quando venne fuori la sua testa mi spaventai; era violaceo e con
l’occhio talmente gonfio che era grosso quanto la mia zucca. La prima cosa che mi disse:”Cos’hai da guardare?
Mi aiuti?”. Mi avvicinai e col becco iniziai a picchiettare sul suo durissimo guscio. Mi permisi di dirgli:
”Dai! Muoviti con ali e zampe!. E lui:”Facile parlare quando si è già fuori!”. Gli risposi:”Hai ragione, ma
io sono piccolo e le mie forze sono inadeguate per un’impresa più grande di me”. Appena smisi di parlare
arrivarono i miei genitori; il mio fratellone, appena li vide, neanche si fece aiutare a venir fuori,
spalancò le sue fauci urlando all’impazzata:”cibo! cibo! cibo!”. Non so se dalla gioia o dallo spavento,
ma tutto ciò che avevano nel becco glielo infilarono in gola. Notai solamente lo sguardo stranito di mio
padre nel guardare me e lui, poi lui e me. Dopo averlo rimpinzato lo liberarono definitivamente dal guscio,
mia mamma sorrise e subito incitò il suo compagno a volare via per cercare da mangiare. Lui era lì, grosso
più che mai! Temevo mi sferrasse un colpo col suo becco enorme. Beh! Il becco l aprì e mi disse:” Scusami sai!
Gli ambienti stretti mi soffocano e quell’uovo era davvero piccolo ! come ti chiami?” terminò. Gli risposi:”
Grazie per le scuse. Non so come mi chiamo e credo neanche tu sappia il tuo nome. Penso che i nostri genitori
decideranno oggi stesso come riconoscerci”. Forse lo avevo offeso, data l’evidente diversità. Mamma e papà
tornarono presto al nido con molti animaletti nel becco; ero già convinto che non ne avrei avuto, anche
questa volta, neanche uno. Invece lui stesso disse ai miei:” Dateli a lui adesso, prima li ho avuti io”.
E mamma:” Che caro figliolo! Ma ce n’è per tutti e due, vedrai!”. In effetti, così fu. Ringraziai il mio
fratellone per avermi dato la precedenza e, con la pancia piena, ci addormentammo. Al nostro risveglio
trovammo i nostri genitori che ci stavano osservando; mia mamma con uno splendido sorriso; mio padre
sorridente ma sospettoso. Ci intonarono una melodia di “benvenuto”, poi si guardarono, annuirono, mamma si
rivolse a noi dicendo:” Abbiamo deciso i vostri nomi; tu, piccolo mio, ho ritrovato il tuo uovo sotto le
penne e piume, quindi ti chiamerò Piuma. Tu invece, cucciolone caro, avrai il nome del colore del tuo uovo,
Blu. Allora! Vi piacciono?”. Io annuii guardando i miei genitori intensamente e con commozione; mio fratello
non rispose, ma i suoi occhi celavano tanta gioia. Il papà ci beccò lievemente sulle teste come segno
d’affetto, richiamò mia mamma al dovere e li vedemmo allontanarsi alla ricerca di cibo per noi pulcini.

Io Piuma e Blu, rimasti soli, ci scrutavamo dettagliatamente, le domande da poterci fare erano veramente
poche, eravamo appena nati e senza esperienza, ma la voglia di conoscerci era tanta in entrambi. Ci
chiedevamo perché io ero così piccolo e perché lui così grande e, non avendoci potuto dare delle risposte,
decidemmo di chiederlo ai nostri cari genitori. Da lì a poco arrivarono con decine di insetti, ci trovarono
già con le bocche spalancate e immediatamente colmarono il nostro primario bisogno. Fu lui, Blu, questa
volta a rivolgere per primo la parola ai miei, per la precisione la rivolse a papà dicendo:” Babbo, io e
Piuma ci stavamo chiedendo il perché della nostra differenza; inoltre, sto anche notando che mi manca poco
ad essere grande quanto te! Come mai?”. Il nostro genitore si imbarazzò, non sapeva cosa rispondere e guardò
la mamma in cerca di aiuto. Detto fatto, la sua compagna prese la parola rispondendo a Blu:” In effetti,
sei davvero grosso!” sdrammatizzò e continuò:” Ma non penso sia un problema così grave, il tuo uovo era più
grande e di conseguenza è venuto al mondo un pulcino robusto. Io e papà non vediamo differenze tra voi,
siete i nostri piccoli e vi amiamo entrambi alla stessa maniera. Vero papà?”. " Certo, certo!- rispose il
babbo, preso di sprovvista. Ci diedero un buffetto sul becco, ci rassicurammo e ci addormentammo all’istante.
La mia posizione preferita era infilare la mia testa rosa sotto la violacea ala di Blu. Dopo un po’ di tempo,
mi svegliai, pur rimanendo con gli occhi chiusi e mi accorsi che mamma e papà si erano fermati a riposare,
appollaiati sul bordo del nido. Sentivo tutto ciò che succedeva intorno a me, inclusi i discorsi che
intrapresero. Stavano parlando di noi. Accennai ad aprire le palpebre e vidi che Blu stava dormendo, per
fortuna, pensai allora. Ero deciso ad ascoltare senza farli accorgere che fossi sveglio. Iniziò la
conversazione mio padre, povero! Uno splendido genitore, ma con tante insicurezze. Disse:” Cara! A me è
dispiaciuto mentire al piccolo! Avrei voluto esprimergli i miei dubbi, ma non avrebbe capito!”. Mia mamma
un po’ adirata gli rispose:” Tieni la voce bassa, innanzitutto! Ma di quali dubbi stai parlando? Le abbiamo
covate noi quelle uova! Le abbiamo viste schiudersi ed è nostra responsabilità prendercene cura!”. E lui:”
Non sono d’accordo! Vuoi dire che da quell’uovo se fosse nato anche un ramarro sarebbe stato nostro compito,
lo stesso , allevarlo come nostro?”aggiunse. Lei meno arrabbiata e con un velo di sorriso continuò:”
Ma smettila! E’ nato un pulcino, più grosso, ma un uccellino!”. Papà insistette:” Ascolta cara, mio nonno
mi raccontò che una volta dovettero abbandonare una covata a causa di intrusi! Cioè, mia nonna tra la
deposizione di un uovo e l’altro, tornando al nido si ritrovò faccia a faccia con un uccello accovacciatosi
dentro. L’estraneo scappò via immediatamente, ma quando la nonna si avvicinò al nido vi trovò dentro non il
suo uovo, ma uno molto più grande e bluastro! Lo aveva deposto quell’uccello e successivamente scoprirono
che era un cuculo. I miei nonni non esitarono a lungo, lasciarono tutto e si misero a costruire all’istante
un altro nido, poco più in là, anche perché la nonna aveva da deporre altre uova. Tutto questo per dirti che
il nostro Blu potrebbe essere un cuculo!”. Mia mamma lo ascoltò, ma impaziente di rispondergli, come
infatti:” Potrebbe anche essere, ma questo non toglie il fatto che sia nato un sentimento per il piccolo;
la tristezza e il dolore di quel periodo,poi, fanno aumentare la mia fermezza nel voler continuare ad
allevarlo come se fosse mio! E ancora mio padre aggiunse:” Ho sentito, inoltre dire, dell’insensibilità
di questi uccelli; il fatto che invadano le covate altrui e i piccoli, quando nascono, buttano giù dal
nido i fratellastri o le uova non ancora schiuse. Non hai paura per Piuma? La mamma gli rispose seccata:”
Non ti voglio più ascoltare! Non ci posso credere che Blu possa fare una cosa del genere! Mi sembra un
buon figliolo e se gli darai tempo te ne renderai conto anche tu! Il babbo smise, non aveva voglia di
litigare e volò via per primo. Aprii gli occhi notando il viso sereno di mio fratello mentre dormiva.

Pensai che non mi avrebbe fatto mai del male, anche se, dopo quei discorsi, non nego di avere avuto timore.
Immaginavo ciò che potesse succedere, pensavo alla mia sorte, a quella svolta della mia vita con lui.
Non capivo, inoltre, come un altro uccello potesse deporre uova in altri nidi non preoccupandosi del loro
destino. Volevo comprendere perché gli istinti fossero in ognuno così diversi e a volte crudeli. Ecco che
si svegliò Blu, sembrava riposato. Mi accennò un sorriso e capii che mi voleva veramente bene. Mi disse:”
Se continuerò a crescere ancora non ci staremo più in due in questo nido! Ti cederò il posto e mi sistemerò
su un ramo!”.  " Non ci pensare adesso, non abbiamo ancora messo neanche le penne! gli risposi " E poi
quando succederà faremo a turno! Chiusi. Arrivarono i nostri genitori con tante cibarie, ci nutrivano e
puntualmente il mio fratellone ringraziava sentitamente. Per me invece erano gesti dovuti e non capivo la
motivazione della sua gratitudine. Blu, di solito, veniva imboccato dal babbo o meglio era lui che cercava
il suo becco. Pensavo che preferisse papà perché aveva il becco sempre più carico di insetti; invece la
motivazione era un’altra, lo capii successivamente. Stavamo crescendo velocemente, Blu era tre volte più
grande di me e non me ne curavo più di tanto. Vivevamo insieme ogni minuto della giornata; lui per primo
aveva notato la prima penna spuntata sulla mia testa; lui mi spulciava col suo becco adunco quando i miei
erano via, lui mi divertiva con le sue facce buffe arruffando le piume delle tempie. Io gli devo la vita
perché mi ha salvato dalle grinfie di una gazza che si era tuffata tra le canne afferrando la mia testa
con le sue fauci, ma Blu, veloce e arrabbiato, gli conficcò il suo becco nell’occhio mettendola in fuga.
Quando lo raccontai ai miei ne furono soddisfatti; lo fu anche papà. Era cresciuto davvero tanto, ma tanto
e, come mi promise, si spostò sul ramo accanto al nido. Lì dormiva, lì mangiava, da lì chiacchierava con me
e da lì mi raccontava cosa scorgesse oltre le canne. Mi abituai in fretta a star solo, talmente tanto che
un giorno mi spaventai vedendo la testa di Blu poggiata sul bordo del nido. Urlai:” No, no, non farmi
niente! Aiuto!”. Blu disse:” Calma Piuma, sono io!”. Subito capii e chiesi scusa, ma era troppo tardi, Blu
se ne era risentito dicendomi con un filo di voce:” Non riuscirei a farti nulla di male! Sei mio fratello!
Anche tu credi che….”. Si fermò, non proseguì, capii tutto. Quel giorno anche lui aveva sentito tutti i
discorsi di mamma e papà. Gli dissi:” Blu, perché non me l’hai mai detto che sapevi già tutto? Ne avremmo
parlato anche con i nostri genitori!”. E lui:” Non potevo! Dovevo farvi cambiare idea. Sai quante notti
non ho dormito ripensando a quel giorno, immaginando la sofferenza di mamma e papà. Sai quante volte mi
è sfiorato per la mente di saltare giù in acqua e farla finita; oppure desiderato che la gazza avesse
preso me e non te, quella volta! Poi mi fermavo a guardare te, i tuoi splendidi genitori e pensavo a
quanto fossi fortunato”. Aggiunsi solo:” I nostri genitori devi dire! Blu, sono anche i tuoi!”.

Arrivarono; ci videro parlare già mentre erano in volo e quando vennero giù constatarono nei nostri occhi
della tristezza. Blu rifiutò il cibo, io lo assaggiai appena. La mamma e il papà poggiarono tutto sul ramo;
un coleottero volò via e Blu lo seguì con lo sguardo, non avendo il coraggio di guardare i miei. Iniziò
la mamma col dire:” Cosa è successo?”. Risposi io:” Mamma, papà, io e Blu sappiamo tutto”. E gli raccontai
come eravamo venuti a conoscenza della beffarda verità.
Mamma continuò:” Non dovete pensare a questo! Era solo un dubbio che aveva vostro padre! Vero, caro?
Diglielo, diglielo! E il babbo incerto come sempre:” Si! Certo! Forse!”. Blu rispose ad entrambi:” Secondo
voi io potrei vivere con un forse? Secondo voi sono un cannareccione? Non prendetemi in giro, vi prego!
Io sarò con voi fino a che sarò capace di vedermela da solo e di questo ve ne sarò grato eternamente, ma
devo capire la mia identità e se sono quello che sospettate che io sia, devo anche capire il perché
facciamo del male agli altri!”. Ed io:” Ma tu non sei così! Sei diverso!”.                                                                                                                                               
- Questo grazie a voi che mi avete reso un altro- rispose Blu. Annuirono anche mamma e papà, avvicinandosi
e strofinandosi a lui. Erano commossi. Non avevo mai visto mio padre commuoversi per
Blu. Ne fui contento e mi unii a loro. Rimanemmo abbracciati per molto tempo, poi il mio fratellone disse
sorridendo:” Mi è venuta fame!”.
Papà disse velocemente:” Certo, vado subito!”. 
-Vengo anch’io- aggiunse la mamma.
E papà le suggerì:” No, resta con loro, hanno bisogno di te!”.
La mamma volle continuare la conversazione più serenamente, chiedendo a Blu cosa effettivamente
avesse intenzione di fare  dopo essere divenuto adulto. Lui rispose:” Non lo so di preciso, mamma.
Spero che quell’istinto non prenda il sopravvento su di me; vorrei essere diverso anche da grande,
trovare una compagna e costruire un nostro nido”. Arrivò papà che saziò Blu e nel
frattempo la mamma gli spiegava quello che si erano detti in sua assenza. Il papà disse guardandolo:”
In base a quello che mi raccontano è molto difficile e irrealizzabile la tua impresa , caro figlio mio!
Qui i cuculi si comportano tutti allo stesso modo. Ma tu potresti restare sempre con noi. Potresti aiutarci
ad allevare i tuoi futuri fratelli!”. Blu gli rispose:” Grazie papà, sarebbe bello, ma voi stessi mi avete
detto che da grandi si pensa in modo differente e si va alla ricerca di cose più complesse”. Io aggiunsi:”
Papà! Blu ha ragione! Già il fatto che stia pensando al suo futuro vuol dire tanto!”. Papà concluse:” Già!

Avete ragione!”. Mamma continuò:” Chiamiamo il saggio Averla! Chiediamo conferma e attraverso i suoi
consigli troveremo una soluzione”. " Vado subito a chiamarlo- rispose il babbo. Arrivarono dopo qualche
minuto. Il saggio appena si poggiò sul ramo, prima ancora che gli chiedessimo qualcosa, guardò Blu e
disse:” Lui è un cuculo! E voi siete stati ingannati come tanti altri uccelli”. Mio fratello abbassò
la testa imbarazzato sotto lo sguardo di tutti. Continuò il saggio:” E lui chi è?”, indicando me. " 
E’ nostro figlio!- rispose la mamma. Il vecchio uccello disse ancora:” Ma come! Il piccolo cuculo non
se ne è sbarazzato alla nascita? Strano! E’ la prima volta che sento una cosa del genere!”. Il papà
aggiunse:” La sua mamma si è sbarazzata di tre nostre uova, lasciando quello di Piuma perché nascosto
sul fondo del nido. Con questo, saggio, vuol dire che il nostro Blu è diverso dalla sua specie? Significa
che lui è solo esteriormente un cuculo, ma dentro è uno di noi?”,concluse. Mi avvicinai a lui per
sostenerlo e lui si lasciò coccolare. Il saggio Averla terminò dicendo:” E’ un caso del tutto singolare;
spero che il suo istinto prima o poi non emerga. Ho sentito di un’altra specie di cuculo al di là del
grande fiume che vive come un normale uccello, vivendo in coppia, deponendo le sue uova nel suo nido
e curando i propri piccoli. Qui invece il suo comportamento è quello di un parassita. Ora devo andare!
Buona fortuna! Un consiglio al piccolo cuculo, appena puoi vola via in quella zona oltre il fiume,
magari troverai la tua soluzione a ciò che stai cercando. Addio!”. Da quel giorno fummo tutti più premurosi
nei suoi riguardi, ma più di tutti lo era papà. Probabilmente gli bastarono quegli ultimi avvenimenti per
fargli finalmente capire la bontà e la sincerità di Blu. La sera , se in passato dormiva sul ramo accanto
alla sua compagna, lasciando mio fratello all’estremità, ora gli era accanto. Era buffo vedere Blu così
grosso al centro e i nostri genitori così piccoli ai lati; io mi godevo il nido solo soletto e non me ne
dispiaceva affatto. Oramai avevamo tutte le penne, spiegavamo spesso le ali per sbatterle, Blu aveva
delle ali lunghissime e bellissime; papà diceva che le aveva come un uccello migratore e Blu se ne cullava
borioso, pensando forse all’impresa del lungo viaggio futuro. Decisi di vivermi mio fratello fino all’ultimo
secondo. Lui non ne parlava mai del suo sogno, ma in cuor mio sapevo che da un giorno all’altro ci avrebbe
lasciati. Quando finalmente iniziai anch’io a saltellare tra i rami, passammo momenti indimenticabili,
il babbo ci insegnò a scalare le canne dal basso verso l’alto e viceversa usando solo le zampe.

Il nostro gioco preferito era svolazzare dal nostro isolotto alla sponda del torrente, quante volte
abbiamo rischiato di cadere in acqua, puntualmente Blu mi afferrava da un’ala col suo robustissimo becco.
Io non l’avrei mai potuto fare, anche se una volta inciampò, gli volai contro spingendolo sulla sponda.
Mi diceva sempre:” Piccolo e forte, sono fiero di avere un fratellino come te! Spesso si giocava anche
con i genitori; si misero d’impegno e ci insegnarono a volare e giocare in volo. Imparò per primo Blu,
con le sue possenti ali muoveva talmente forte l’aria intorno a noi che le nostre piume parevano staccarsi.
Dopo qualche giorno imparai anch’io. Crescemmo in fretta e in poco tempo imparammo a procurarci il cibo
da soli. Ci impratichimmo nel farlo attraverso un gioco che facevamo con papà “ chi riusciva a prendere
più insetti con solo dieci battute d’ali”. Il babbo era bravissimo, ma Blu raggiunse presto il suo record.
La mamma, spesso, si fermava su un albero e ci osservava gioiosa, ma con un filo di malinconia. Purtroppo
arrivò quel giorno, me ne accorsi perché il mio fratellone si svegliò prima dell’alba. Lo sentii mentre
si lisciava le penne delle ali, poi scendeva a bere e a rifocillarsi di lombrichi; risaliva e strofinava
la sua testa sul petto di mamma e papà e col becco mi accarezzava le piume delle tempie. Giunsero le prime
luci, ci svegliammo e lo vedemmo sul ramo di fronte; il sole sorgeva alle sue spalle, era bellissimo,
lucente e vigoroso. Appena notò che ci eravamo destati ci raggiunse. Eravamo in silenzio, aspettavamo che
ci comunicasse lui la notizia. Aprì le sue ali e ci volle sul suo petto accogliente e capiente; le chiuse
e ci strinse forte dicendo:” Perdonatemi! Sono un ingrato! Dovrei restare con voi, proteggervi in ogni
momento dopo quello che avete subìto a causa mia, invece sto scappando”. Scuotemmo la testa, la mamma
e il papà stavano singhiozzando, gli risposi io:” Non è vero! Non stai fuggendo, stai soltanto cercando
di capire se per te c’è un’alternativa alla tua identità! So bene che ti dispiace lasciarci e so anche
che se dovessi restare lo faresti solo per noi, e non sarebbe giusto! Hai una vita intera, Blu, davanti
e devi viverla come è giusto per te. Noi tutti ti sosterremo se devi andare; noi tutti siamo felici,
se tu sei felice, fratello! Ricordati,però, che noi siamo qui. Se, per qualche motivo, non dovesse andare
come avevi previsto, non esitare e torna qua. E lui aggiunse:” Ma vi prometto che di tanto in tanto tornerò
a trovarvi. Come potrei non rivedervi mai più! Non ce la farei a vivere con il rimorso di avere lasciato
per sempre  una famiglia che non  mi ha abbandonato. Giuro! Verrò qui prima di ogni tempo delle nidiate!
Mamma annuì dicendo:” Sono contenta che l’abbia detto tu! Non te l’avrei mai chiesto!”. Papà aggiunse:”
Ci hai insegnato tanto, Blu! Hai fatto di noi una famiglia fortunata ad avere te come figlio, come
esempio di vita. Siamo cresciuti insieme a te, mia bellissima gemma blu!”. Rispose a tutti:” Ringraziarvi
e amarvi per sempre è poco!”. Poi guardò me e aggiunse:” Piuma, faresti un po’ di strada con me? Mi
accompagneresti anche solo in prossimità del grande fiume? Ho bisogno di sentirti vicino”. Ed io:”

Ne sarei onorato Blu!”. Salutò per l’ultima volta mamma e papà, intonando la melodia più acuta del
cannareccione; strofinò la testa sul loro collo e prendemmo il volo. Non dissero più nulla, il bagliore
del sole illuminava i loro volti bagnati dalle lacrime. Durante il viaggio parlammo tanto; ci raccontammo
i tanti ricordi, le tante risate, le sgridate dei genitori, le piccole avventure da spennacchiati fino a
giungere a quelle da pennuti adulti. Arrivammo in fretta al grande fiume, anzi ci sembrò di essere giunti
troppo presto per via delle nostre chiacchiere. Ci fermammo a bere sulle sponde; avevamo la gola tanto
secca. Blu mi guardò e disse:” Devi andare prima che diventi buio, altrimenti sarò costretto ad
accompagnarti!”. Ridemmo, mentre sui nostri visi scendevano imperterrite le lacrime. Continuò dicendo:”
Abbracciami! Non dire nient’altro! Ora proseguirò da solo! Vado!”. Salimmo in cima ad un pioppo, un ultimo
sguardo colmo di malinconia e spiccò il volo. Rimasi immobile a guardarlo, fino a quando scomparve
all’orizzonte.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
06-02-2015 Palmieri Placido Ringrazio la redazione per la fiducia.
31-01-2015 Palmieri Placido Si è sempre alla ricerca di nuovi elementi della propria identità. Durante la vita ci si scopre e ci si meraviglia di quelle conoscenze nascoste che diverranno nostre e ci renderanno unici.
30-01-2015 Redazione Oceano Una narrazione e un narrante attento a cogliere con sensibilità e particolarità, luoghi, colori, profumi, analisi per un narratario cui lo scrittore si rivolge attento.
La diversità è incipit al volo orientato verso la ricerca di una connotazione, rivelatasi in identità per un viaggio che metterà fine, explicit, rivelando la denotazione.

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Pubblicata il 26-01-2015

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Commento dell'autore

Quando la diversità
diventa amore