Il Gargano

Certe zone del pianeta hanno scelto per prime. 
Quando il Creato si dispose sul globo, plasmando continenti  emersi e sommersi, foreste e deserti,
mari e monti, certe zone  ebbero l’occasione di scegliere per prime, in virtù di un ordine
stabilito dal Creatore e loro si buttarono capofitto su alcuni  optional di grande effetto, il
magazzino era pieno. 
Successe allo stesso modo in tutto il mondo. I giapponesi vollero il Fujiyama colla cima imbiancata,
gli  Stati Uniti del Nord America vollero il fiume più grande del  pianeta colle Niagara Falls e
il Gran Canyon, l’America del sud  volle le Grandi Foreste ed oggi sono nei guai e si puzzano dalla
fame, perché tutti vanno lì a tagliare alberi per costruirsi mobili  e barche, ma se loro si
azzardano a tagliarne uno, tutti sul  mondo protestano per proteggere “Il polmone del pianeta” e
loro  sono fottuti. 
Mano a mano che le zone più grandi sceglievano, nel magazzino degli optional cominciavano a crearsi
dei vuoti, così chi  arrivava dopo era costretto a prendere quello che rimaneva. In Italia intanto...
Napoli scelse di nascere sulla costa  Amalfitana e si addobbò l’orizzonte col Vesuvio e col pennacchio,
Venezia osò di più e si ritrovò non vicino al mare ma dentro e  d’allora veste con gonne e lingerie
che, uniche al mondo, rubano  merletti e trasparenze, riflessi e colori, direttamente all’acqua. 
Avrebbe voluto anche lei qualcosa che annichilisse il Vesuvio,  ma nello scomparto dedicato
all’Italia questi optional erano  andati a ruba al sud, ad appannaggio delle isole, tra le quali la 
maggiore la Sicilia aveva dato scacco a tutte con un diamante  rosso fuoco come l’Etna e aveva
completato l’opera facendo man  bassa con tutta una collana di piccole isole vulcaniche: Stromboli,
Vulcano, Panarea e Maratea, e tante piccole perline di contorno. Questi bracieri naturali e la loro
lava, che stagionalmente  si sparano i migliori fuochi d’artificio e disegnano strade nuove di fiumi
incandescenti. 
La Calabria si inoltrò nel mare più blu del Mediterraneo e si  mise in testa la Sila grande e sul
petto orgoglioso, la Sila piccola.  Le altre regioni, tutte con le coste merlettate dal mare ed un
po’ gelose degli sguardi dei vicini, si coprirono alla vista delle  confinanti con gli Appennini.
Ma nel magazzino rimanevano  sempre meno tesori naturali tra i quali scegliere, anche se mano a
mano che qualcuno portava via il pezzo migliore, subito  qualcosa d'altro si stagliava all’orizzonte
facendosi notare sulle  rimanenze. Ma ormai si affrettavano le ultime regioni a prendere quel poco
che rimaneva e, tra di esse qualcuno riuscì  ancora a soddisfare le proprie mire. Così l’Abruzzo
si accaparrò  il Gran Sasso, il Lazio scippò dallo scatolone la capitale e la  adornò di monumenti
gloriosi e l’appannaggio della storia, le  Marche le grotte di Frasassi che pochi conoscono ma
sono le più  belle d’Europa e tanti colori per le sue terre, le regioni del nord  pensarono bene a
difendere i confini e si coronarono con una  catena montuosa unica, nacquero così le Alpi e tra loro,
cime  spettacolari e valli deliziose e deliziate da merletti di fiumi e  cascate e tanti laghetti di
montagna blu cobalto. Dettero la cima  più alta d’Europa alla valle d’Aosta, la più piccola delle
regioni  italiane e forse per questo da sempre la più coccolata tra tutte  le altre. Il Piemonte,
contemplava le sue cime e si perse a  guardare quanto erano belle e vaste e così, dopo aver scelto
il Po,  il fiume più lungo della penisola, la sua Torino, austera e  ordinata, si nominò capitale
e si adagiò a valle sulle sponde che  costeggiavano le bellissime colline monregalesi e prese a
addobbarle con la cattedrale di Superga in alto, con la Gran Madre in basso e così via... Poi...
Così avvenne dappertutto ed ogni città  scelse il suo luogo ed ogni luogo le sue peculiarità.
Avvenne così  su tutto il pianeta, ognuno sistemava i suoi piccoli e grandi  tesori. 
Prima gli Stati, poi le Regioni, le Province, le grandi città, poi  quelle più piccole ed i grandi
comuni e poi infine i piccoli centri e buone ultime le borgate. Quando toccò alle Puglie, tre gemelle
molto simili tra loro anche nel dolce carattere, nel magazzino  non era rimasto quasi più niente e
le chance di prendere  qualcosa di buono erano veramente poche, così dopo essersi  guardate attorno,
non restò che raccogliere le briciole di quello  che restava e… quel pavimento vuoto, lucido del
grande magazzino ormai completamente saccheggiato. 
Le tre ragazze, srotolarono il lungo pavimento a sud del  piccolo Molise, di fianco alle vertebre
spinali degli Appennini  Campani che dalla sua parte chiamarono Monti Dauni, dal  nome della prima
sorella la quale, felice, si ricordò di quel  grumo che aveva raccolto. 
Daunia tirò fuori dalla tasca del leggero vestito di cotonina  fiorita, quella pagnotta di montagna
che era rimasta in un  angolo del magazzino, come dimenticata da qualcuno e che lei  aveva raccolto
e messa via senza pensare a cosa farne, la  appoggiò sul lato orientale del leggero pavimento per
paura che  si sollevasse con la brezza del mare Adriatico e lo chiamò  Gargano. 
Raccolse delle briciole che le erano cadute su quella immensa  pianura che, ormai aveva deciso,
avrebbe chiamata Tavoliere  delle Puglie. Anche se le sorelle si erano divisa la regione in  parti
uguali, la proprietà rimaneva comunque comune, in  famiglia. Buttò gli scogli più in là in mare, in
quel punto però,  il fondale non era molto profondo, le briciole non affondarono  del tutto e rimasero
visibili sull’acqua, lei si girò a guardarle e  nell’ammirarle, un tremito di tenerezza le percorse
la schiena:  “Tremiti..” pensò, le chiamerò così. 
Alla fine, stanca ma contenta, si sedette sul cucuzzolo più  occidentale del promontorio e, era ormai
il tramonto, guardò  soddisfatta il lavoro fatto… 
“Che tramonto…” pensò mentre un sorriso le increspava  teneramente le labbra “…veramente da sogno...
chi guarderà i  tramonti da questo punto si sentirà un regnante...” Daunia  faceva le cose con una
naturalezza disarmante, sembrava  giocare senza impegno, ma appena pensata una cosa la realizzava
senza più pensarci, su quel palco naturale nacque Rignano, i suoi tramonti hanno un sacco di ammiratori
tutte le sere. Si  sdraiò al riparo di due crinali e si addormentò. Si svegliò prima  dell’alba il
mattino seguente, aveva il capo su un morbido colle  interno del promontorio, si girò sbadigliando
a guardare dove si  trovassero le sue Tremiti e... mentre le cercava sul taglio  d’argento dell’oriz-
zonte, la meraviglia le riempì gli occhi: d’innanzi a se aveva un’alba incredibile per la trasparenza
e i colori. 
“Ma questo sì che è un Belvedere!…” chiosò allegra, mentre  un Nibbio maestoso fischiò in cielo. 
Lei decise che lì vicino doveva nascere un paese, dove  romantici cantori avrebbero scritto e recitato
i loro poemi per  uno spettacolo così speciale e siccome in quel luogo c’era un  bellissima foresta
scura di carrubi, ulivi e faggi secolari, la  costruì di pietra bianca ed esposta al sole che riflet-
tesse come  una perla: “Si chiamerà Ischitella..” decise sorridendo all’idea…  poi si piazzò su una
cima più vicina possibile alle stelle, ma  comoda per farsi venire a trovare dagli amici della valle
e scrisse  una lista di cose con le quali arredare quel suo posto. Scelse  l’Aurora e non sapendo
che tipo di alba scegliere barrò la casella  “variabile”, cosicché ogni mattina l’alba, da quel
Belvedere, è  sempre diversa e spettacolare. Perfino l’ora non è quasi mai la  stessa. Ma qualsiasi
sia l’ora, qualsiasi sia l’abito che quel  giorno ha deciso di indossare per andare a dare la sveglia
alla  gente, di una cosa potete essere certi, l’alba dal Belvedere di  Ischitella sarà sempre la più
bella di tutti i posti del mondo! Se  inizia con un cielo coperto di nuvole che sembrano promettere
chissà quali guai, prosegue di certo, con un gioco di raggi di sole  che filtrano tra di loro e che
sembrano riflettori puntati su  piccoli pezzi di Paradiso. Daunia poggiò un paese in ogni luogo
dove filtrava la luce dalle nuvole: Peschici, Vieste, Mattinata e  poi Rodi, Carpino, Montesantangelo
e San Giovanni Rotondo, 
San Nicandro e Cagnano Varano. Dopo cominciò ad ornare le  coste con mille baie e anfratti segreti:
Baia delle zagare e  Pugnochiuso, Baia degli Ulivi e Mattinatella e mille altre  ancora. Due depressioni
nel terreno, vicino alla costa a nord del  Gargano, attirarono l’attenzione della giovane donna che,
con  un dito, fece dei solchi nella sabbia dorata della costa e l’acqua 
dal mare scorse nelle polle dal canale delle Pietre Nere e da  Capoiale e Foce Varano, creando così due
magnifici laghi a  Lesina e a Varano. Poi si divertì a creare cento magnifiche  grotte, spiaggette
segrete e bianchissime, faraglioni e stra-  piombi lungo tutta la costa, dai quali ciondolavano nel
vuoto,  dei magnifici riccioli e boccoli di capperi in fiore. Disseminò  posti stupendi nelle pieghe
del promontorio, valli generose e  piene di fiori. L’alba, però, rimase l’opzione preferita della
giovane Dea della Capitanata e, se un’alba è serena, il vento se  ne sta buono buono ad aspettare,
che lei abbia indossato il  celeste preferito e poi, quasi a fare festa a questo cielo che ha la
trasparenza e l’azzurro degli occhi delle donne di queste parti,  profondo come il verde del mare,
una brezza dolcissima, comincia a soffiare contro le coste frastagliate intorno, disegnando merletti
bianchi arricciati sullo sfondo blu cobalto dell’Adriatico, per far l’abito di Daunia più allegro e
vezzoso. 
Che dire poi quando, solo ogni tanto in verità, l’alba decide  di indossare quegli abiti che non si
sa di dove li tiri fuori e che  hanno tutte le gradazioni del rosso e che accendono il cielo in 
una festa di ciclamini purpurei ed inquietanti che sembrano  un’iperbole emotiva che ti travolge in
una festa a cui non eri  invitato e che sono sempre quelle che riescono meglio, come  quelle a casa
di amici che nessuno si conosce tra di loro e  nessuno sa chi è il padrone di casa. Quelle albe sono
per occasioni speciali, giorni in cui nascono amori che dureranno  per sempre e si vede il primo dentino
nella bocca di un bambino  che da grande diventerà importante e tante cose belle, è come  quando un caro
viene dimesso da un ospedale guarito e tutti si  commuovono. 
In queste giornate, pare che aumentano incredibilmente le  giocate al lotto e pare che tutti i giocatori
vincano e portano fiori 
e poi fuori a cena le loro donne e poi va a finire che ci fanno  l’amore tutta la notte. Qualche maligno
dice che l’alba del  Gargano rubi quei vestiti dall’armadio del tramonto, che, distratto com’é dal cercare
di fare anche lui qualcosa che faccia  rimanere la gente a bocca aperta, davanti alla parata di chiusura
che promuove ogni sera e che spesso riesce veramente bene, non si accorge della sottrazione degli abiti
migliori a cui,  poi, l’alba dà un tocco personale giocando sulle luci e sulle  trasparenze, lei che
può, aiutata com’è dalla luce del giorno,  dagli azzurri del cielo e dal verde-blu del mare, elementi
questi  imprescindibili per mettere su uno spettacolo all’alba. Lui,  poverino, ha provato a trattenere
il respiro per fermare più a  lungo il giorno, tenerlo ancora un po’ per chiudere con una  sinfonia di
chiaroscuri degno di una marcia trionfale, ma il  risultato è sempre lo stesso: anche se certi giorni
comincia  prima, appena nel pomeriggio e col sole ancora alto, finisce  sempre che piano piano si
abbassano le luci, il cielo diventa  prima scuro, poi nero ed alla fine gli tolgono del tutto la corrente
e lo spettacolo si chiude ed è notte. A me è pure venuto il sospetto  che l’alba ed il tramonto, qui sul
Gargano non siano rivali, ma  in combutta tra di loro e che ci prendono in giro benevolmente  facendoci
credere ad una loro battaglia per la conquista delle  preferenze, ma che invece, ubriacandoci di colori,
emozioni e  musiche stupende, ci costringano ad essere innamorati di  entrambi. Meno male che la notte
qui è di quelle che inducono  a guardare le stelle, qui tanto vicine, dall'interno di una stanza calda e
che dopo aver fatto bene l’amore, possiamo dormire  tranquilli. 
Meno male. 
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
10-01-2015 Redazione Oceano Cromatismo e amore per la Puglia si mescolano al mito per descrivere un sodalizio speciale tra alba e tramonto; soprattutto nel Gargano infatti i due spettacoli ne escono vincenti a pari merito.
Complimenti all’autore per lo stile vivace e mai tedioso.

Pubblicata il 05-01-2015

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Commento dell'autore

Una lettera d'amore alla
Terra Madre, che perde tanti
suoi figli, senza più sapere
niente di molti di loro.