Un addio

Vorrei chiederti cosa provi adesso.
Cosa provi ora che non puoi accorgerti che sono ancora qui davanti a te.
Sì, sono un po’ nascosta dalla folla, ma ci sono.
Grandi folle per grandi uomini o presunti tali.
Per me lo eri, il più grande. 
Il tutto della mia vita.
Ma si sa che sono sempre stata una stupida in amore.
Sono colta da mille pensieri contrastanti in questo momento.
Da mille stati d’animo in cui quello prevalente è un dolore lancinante in un punto non
ben identificato tra stomaco e petto.
Se morissi ora, qui, non ci sarebbe luogo più adatto per farlo.
Momento meno opportuno.
Mi guardo intorno e scorgo visi che conosco o che credo di conoscere: persone di cui
parlavi, di cui raccontavi pregi e difetti, persone per bene secondo il tuo metro di
valutazione, bastardi senza possibilità di redenzione secondo i miei.    
E poi tante donne. 
Spero non siano tutte tue ex. Il dolore aumenta al solo pensarlo.
Non so se qualcuno mi abbia riconosciuta, non credo qualcuno si ricordi ancora di me.
Ma del resto mi hai tenuta così ben nascosta al tuo mondo che potrei essere un’amica,
una collega venuta chissà da dove, una cliente. Una qualsiasi persona senza un’identità
precisa. Io l’avevo un’identità precisa, invece.
E anche tu.
Ci eravamo scelti per questo senza sottostare a regole logiche o convenzioni.
In genere i simili si attraggono, ma noi eravamo diversi.
Passionale e istrionica io quanto razionale e abitudinario tu.
Ma ti amavo in un modo folle, cieco e assurdo che forse non hai mai meritato davvero.
Ti rivedo durante i nostri primi incontri. I giochi di parole. Le silenziose provocazioni
che rimandano a un “dopo” intensamente voluto. Le ginocchia che si sfiorano sotto il tavolo
la mani che parlano mute di un desiderio che non conosce pace.
Ho davanti ai miei occhi la tua immagine nel momento del piacere. Gli occhi chiusi, i denti
che mordono le labbra, il capo leggermente inclinato indietro mentre le mie dita si schiudono
tra i tuoi capelli, e scivolano sul tuo petto, quasi a voler catturare il battito accelerato
del cuore, memorizzare il momento per non dimenticarlo mai più.
Mai più…
Io non l’ho dimenticato, non ho dimenticato nessuno dei pochi attimi di passione e amore
condivisi. 
Il ricordo di noi vive in eterno, il mio amore è eterno.
L’eternità è il leitmotiv di oggi.
Sono sopravvissuta al dolore dell’abbandono e ho contato le ferite e le croci guadagnate sul
campo di un amore come il nostro. 
O meglio come il mio.
Ma tu eri un uomo che lascia il segno: ti sei conficcato nella mia carne come un uncino
acuminato e il segno della tua presenza mi ha marchiata a fuoco come una paria da evitare.
Sarà per questo che non sono riuscita ad amare più nessuno. Ho cercato di amare me stessa
ma la rieducazione da certi vizi è complicata se non impossibile.
Non mi hai neanche concesso un’ultima volta e sono morta ogni giorno un po’ da allora.
Mi volto verso l’ingresso: continua ad arrivare gente, cerco di decifrare l’espressione sui
visi. Qualcuno forse gioirà in segreto ma la forma sarà fatta salva. Che meschinità fingere
un dolore che non si prova, che tristezza.
Quante cose avrei voluto fare con te ma non ho potuto.
Tempo fa ho trovato una foto in cui ballavamo insieme, non so in quale occasione.
Nella foto si vede solo il mio sguardo radioso da sopra la tua spalla. La tua nuca regalata
all’obiettivo perché non ti si vedesse il viso.
Avrei voluto danzare in una grande sala degli specchi senza nascondermi dalla vista del mondo
e gridare all’immagine riflessa mille e mille volte ancora “ IO AMO QUEST’UOMO”.
Avrei voluto correre con te su una spiaggia per tuffarci in un mare sconosciuto, lasciarmi
portare da te a largo e abbracciarti per non affogare o forse solo per sentirti vicino.
Avrei voluto prepararti la colazione almeno una volta, magari mangiandola insieme nel letto. 
Un morso a un croissant che passa dalla mia alla tua bocca, un sorso di caffè, le lenzuola
sporche di marmellata e la mia pelle da leccare e mangiare, cibo e sudore che si mescolano.
Avrei voluto tornare in quel posto in cui eravamo gli unici commensali, la sala tutta per noi,
con la vetrata sul lago e il maitre che ci proponeva i suoi piatti e i suoi vini migliori
trattandoci come fossimo dei vip scappati dallo stuolo di fans e paparazzi, rifugiati in un
angolo silenzioso di paradiso.
Da cosa fuggivamo noi davvero? Da cosa sei fuggito tu?
Quante cose banali avrei voluto condividere con te che hai deciso di percorrere altre strade,
scegliendo quella più facile e agevole.
Scelta razionale in cui non c’era posto per una come me.
Forse per qualcun’altra meno impegnativa, meno innamorata, più giovane, con cui giocare il
ruolo del pigmalione, del grande uomo di potere che tanto ti piaceva.
Io amavo invece la parte semplice di te, quella più umana e vera.
E questa gente di quale porzione del tuo modo di essere si è nutrita?
Mi gira la testa, saranno tutti questi fiori o il brusio che pervade la sala.
In tutto questo tempo mi è mancata ogni cosa di te, le tue spalle possenti a cui mi aggrappavo
quando facevamo l’amore, il rifugio sicuro delle tue braccia, la tua voce, persino il tuo
fare arrogante.
Vorrei ergermi tra la folla di visi anonimi e tutti uguali e gridare come un’ossessa.
Sono venuta qui per vedere se sarei riuscita a cancellare un vecchio dolore con un dolore
ancora più forte.
Ma non è stato così.
I due dolori si sono così fusi e amalgamati che quasi coprono i battiti del mio cuore, fatico
a respirare e non riesco più a trattenere le lacrime che ho diligentemente nascosto sino ad ora.
Ora che ci penso non ho mai detto “Ti amo” in tutto questo tempo: lo dico ora sperando che
ovunque tu sia possa sentirmi. 
Sento che non ce la farò.
Sento che per mettere a tacere questo dolore dovrei strapparmi le unghie e i capelli,
dilaniare la mia carne e forse nemmeno ci riuscirei.
Mi manchi e da oggi mi mancherai ancora di più.
La messa è finita andate in pace.
La folla si avvicina a lei, che ti ha portato al guinzaglio per tutta la vita recitando il
ruolo della donna paziente e innamorata e che da oggi reciterà il ruolo della vedova
inconsolabile.
Io mi piego in due come se mi stessero strappando il cuore nel momento in cui chiudono il
coperchio e so che davvero non ti rivedrò più.
Da oggi.
Da ora.
E ancora una volta, con te, oggi muoio anche io. 
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)

Elenco opere (*)commenti

Pubblicata il 05-01-2015

Conferita menzione del giorno

Numero visite: 865


Commento dell'autore

Nel mio racconto la
protagonista si rivolge ad
un fantomatico uomo a cui
confida dolori, stai d'animo
e sentimenti legati alla
loro relazione ormai finita.

L'uomo non vuole o non può
ascoltarla? Il finale rivela
una realtà diversa da ciò
che può sembrare.