Indovina indovinello

Il ministro del Tesoro era visibilmente contrariato.
“ Ma Maestà ”  disse rivolto alla Regina “ Lei non comprende le ragioni di Stato.  
Il Principe di Katmandù è un ottimo partito.  Ha vaste terre, sconfinate foreste e 
financo un allevamento di gnu ”.
La Regina rispose decisa all’arrabbiato subordinato: “ Non m’interessano le vostre 
questioni, né le finanze.  E’ molto rilevante, al contrario, la felicità della mia 
unica figlia.  
Ed ora andate!”.
Il dignitario, che nel frattempo aveva fatto dietrofront ed era uscito, stava perorando
la causa del Principe Igor, erede designato del regno del Nepal, ricchissimo, potente, 
ambizioso, astuto e... molto intelligente.
Igor " strano nome per un nepalese, di neanche tanto vago sapore russo " era rimasto fol-
gorato, qualche tempo prima, alla vista di un quadro che ritraeva la bellissima  Giulia, 
figlia della Regina Carla e, ovviamente, del Re di Samarcanda.
Si era innamorato a tal punto di quel viso celestiale da fare una mossa importante: aveva 
ufficialmente richiesto la mano della giovane.
Un suo incaricato, il Gran Mandarino Ci-an-dai, era giunto con scorta al seguito a palazzo
reale con tanto di domanda in carta bollata e firmata ( da Igor ).
Una richiesta ufficiale di matrimonio, vi devo dire, richiede giocoforza una risposta 
altrettanto poco ufficiosa.
Il saggio e bravo Re Teodoro di Samarcanda doveva, e sottolineo doveva, ammettere 
il Principe pretendente alla prova prematrimoniale.
In cosa consiste una siffatta prova?
Oh, bella!  Non lo sapete?
In questi antichi ed asiatici regni, ogni Principe che si rispetti e che aspiri alla mano 
di qualche leggiadra fanciulla dal sangue blu deve risolvere un indovinello.
Il padre della futura sposa, cioè il Re, pone un quesito al futuro marito e questi, se 
risponde a modo, può coronare il suo sogno d’amore.
Voi ovviamente direte: e la sposa?  Non contano nulla i pareri delle Principesse?
Certo che contano!
Fatta la legge, trovato l’inganno, si dice.         Non vi era cenno infatti, nei voluminosi
tomi giuridici di diritto matrimoniale, del grado di difficoltà dell’indovinello.
Di solito le cose si svolgevano così: se la fanciulla ricambiava la simpatia il padre 
chiedeva al fidanzato qualcosa del tipo “ Che mese viene subito dopo maggio? ”, l’interessato
rispondeva “ giugno ”  e a luglio convolava a giuste nozze.
Se la signorina viceversa trovava il tipo troppo alto, poco abbronzato o mezzo calvo, il 
regnante padre solennemente domandava “ Mi illustri un modello di universo del tipo anti-de 
Sitter ” ed il povero malcapitato a malincuore capitolava.
Insomma, era la futura sposa che decideva ( e di questo non c’è molto da stupirsi ).
Nel caso di cui stiamo disquisendo, come avrete capito fin dalle prime righe, alla cara 
Giulia Igor stava tanto, tanto, ma tanto antipatico.
La bella aveva ascoltato più di un racconto e vari aneddoti su quel pallone gonfiato che si 
pensava al centro del creato.
Non che non fosse un po’ carino, non dico questo, ma si dava tanta di quella importanza 
che... Insomma, Giulietta non ne voleva sapere, assolutamente!
E sin qui nulla di nuovo, capita.
I problemi però, per il Re Teodoro III° di Samarcanda, erano la sterminata ( come una steppa )
cultura e l’aguzza ( come una scimitarra ) intelligenza di Igor.
Egli curava la rubrica domenicale di enigmistica di un noto quotidiano, era il campione 
asiatico in carica di morra cinese, aveva scritto due anni prima un libro sulla strategia 
del gioco della torre di Hanoi e, non essendo ancor maritato, andava a nozze con i solitari 
(  mi sono dimenticato le cinque lauree ).
Quale domanda porre a quell’enciclopedia vivente ?
Il re Teodoro, che adorava l’incantevole figlia e non ambiva ad altro che a renderla felice,
aveva dunque le sue belle gatte da pelare; le ardue imprese, d’altronde, si addicono ai Re. O no?
Il ministro delle finanze, invece, aveva della questione un’opinione decisamente agli anti-
podi: per bilanciare il bilancio, perennemente in rosso e costantemente scalcinato, vedeva 
di buon occhio quella fattibile unione, anche perché sapeva da suoi amici diplomatici che 

Giulietta vedeva di buon occhio ( nessuno a Samarcanda porta ancor oggi gli occhiali ) un 
povero Principe, il Principe della Mongolia, che però non aveva l’ardire di farsi avanti.
Era suo preciso dovere di ministro delle Finanze, del Bilancio e del Tesoro scongiurare una 
possibile futura sciagura: in Mongolia c’erano solo milioni di dune di sabbia e due o tre 
cammelli.
Quella mattina, quindi, l’importante ministro Aziz uscì alterato dall’udienza con la triste 
regina. La collera del funzionario però si trasformò, man mano che allontanandosi dalla sala 
del trono i suoi piedi calpestavano le innumerevoli piastrelle dei pavimenti della splendida
reggia, in un sottile compiacimento. 
Una certezza si stava infatti insinuando nella sua mente: per quanto difficile potesse essere la 
domanda che il Re avrebbe posto, la bravura di Igor ne sarebbe venuta a capo, rimpinguando poi di 
conseguenza le finanze dello Stato.
Per lui Igor costituiva un vero e proprio tesoro.
Giulietta frattanto non smetteva di implorare il Re: “ Ti prego, ti scongiuro, padre mio! Trova 
una prova difficile, scova un cimento impossibile per quell’uomo ignobile! ”.
“ Cara, adorato mio fiore, ci sto pensando, ci stiamo lavorando.  I dodici saggi del Regno sono 
riuniti in seduta continua da quando ti ha chiesto in moglie. Vedrai, non disperare! ”.
Ma, mentre la sua voce pronunciava questa frase, il suo cuore era colmo di dolore e sconforto, la 
sua mente piena di dubbi: forse stava solo illudendo la figlia.
Alla corte in quel dì erano in corso intanto i preparativi per accogliere, con la dovuta ed a
tutti nota ospitalità, il principe nepalese, che sarebbe giunto l’indomani, giorno fissato per
l’udienza a cospetto delle maestà reali e per la grande prova.
Il Re, congedatosi da Giulietta, nel procedere verso la Stanza dei saggi s’imbattè nel Gran 
Ciambellano che, all’impiedi su di un tavolo, dava disposizioni ad una trentina di camerieri su come 
addobbare impeccabilmente la Stanza dei banchetti ufficiali.
Dalla cucina intanto giungevano invitanti odori di selvaggina condita con spezie orientali ed una 
nube di svolazzanti donzelle si aggirava, intralciando non poco sua maestà, con in mano candide 
lenzuola e federe appena stirate.
L’attività era frenetica in tutto il palazzo, e pertanto anche nella Camera dei saggi.
Aperta la porta, sua maestà si trovò di fronte ad un colossale bisticcio: il rettore della locale 
università gridava “ Dobbiamo chiedergli chi fu il primo sovrano della dinastia dei Merovingi e 
quale il più importante ”, il docente di statistica ribatteva “ No! Quella la sa! Domandiamogli invece 
di quale deserto è tipica la pianta della Xantorrea”    “ Ma no! Asini che siete! Chiediamogli che ci 
illustri i più comuni concimi chimici ” disse l’architetto reale battendo i pugni sulla tavola rotonda. 
In un angolo lo stalliere della regina ed un dottore del centro cefalee addirittura stavano per 
azzuffarsi.
“ Povero me! ”  pensò Teodoro che poi, richiusa la porta per dar pace alle orecchie, si diresse a lenti 
passi fino alla grande biblioteca. 
Sprofondò in una comoda poltrona in prossimità dei 38 volumi dell’infinito dizionario 
enciclopedico illustrato “ Conoscere l’Asia e dintorni ” ed incominciò a far scorrere lo sguardo 
sull’ultimo volume, interamente dedicato al sommario.
Si spaziava ovviamente dalla geografia alle scienze, dalla storia alle arti.
Era facile, molto facile trovare nei primi 37 libri qualche domanda difficilissima, del tipo “ Quale 
catena montuosa si estende ad Haiti tra le località di Jérémie e Les Cayes? ”  ( rispondete voi, se ne 
siete capaci! ), ma non era altrettanto facile intuire se Igor sarebbe stato ignorante sull’argomento.
Decidere la domanda adatta era come cercare un ago in un pagliaio.
Non si poteva avere la certezza assoluta, matematica, di riuscire ad incastrare il principe e vincere la 
sfida.
Verso le undici e trenta di quella sera, sconfortato, Re Teodoro vide in un cantuccio un libro, un 
piccolo libro che era solito leggere alla figlia ancor piccina e, forse per nostalgia di quei tempi 
andati o per la tenerezza che il ricordarli gli causava, lo aprì.
Nel libro erano contenuti molti utili consigli di vita pratica, da come costruire casette di carta e 
bambole di pezza a come attizzare il fuoco se sprovvisti di accendino.
Il titolo era MANUALE DELLE PICCOLE TALPE, forse perché i bimbi sono ancora ciechi 
rispetto alle realtà del mondo, e conteneva anche ( indovinate un po’! ) una serie di indovinelli per i 
più piccini.
So per certo che siete impazienti di sapere se il quesito il Re lo prese da quest’ultimo libro, 
dall’enciclopedia, dai saggi o da cos’altro e, soprattutto, quale fu la domanda.
Vi chiedo ancora un po’ di attesa.
In ogni caso, il Re si addormentò in biblioteca e riposò tranquillo fin verso le otto, quando il Gran 
Ciambellano gli servì il thè verde del mattino.
In altre stanze invece Giulietta e Carla non chiusero occhio, trascorrendo una notte di incubi 
popolati da Principi che dalla alte vette himalayane urlavano a valle le loro richieste di nozze, per 
poi ridiscendere orgogliosi a cavallo dalle nevose cime fino alla chiesetta dove una dolce fanciulla 
di bianco vestita li aspettava con un bouquet nella mano.
Verso le dieci arrivò finalmente a corte il corteo dei nepalesi, tutti a cavalcioni di bestie chiamate 
lama.       Parcheggiati i lama, essi furono accolti con tutti i salamelecchi necessari e sufficienti e, 
dopo il meritato riposo ed il cambio d’abiti, parteciparono con gioia verso mezzodì al grande pranzo 
in loro onore.
Giulietta, che non osava alzare le occhiaie, nere per l’insonnia, dal piatto, non tastò cibo, al pari di 
una preoccupata Regina.
Il Re, come la maggior parte dei suoi dignitari, si concesse un pasto normale consumando le solite 
dieci  portate, mentre un raggiante Aziz, come d’altronde Igor e tutta la sua truppa, si ingozzò 
ignominiosamente.
Al pranzo seguì un fumante thè e poi tutti a prepararsi per l’udienza delle 15.
L’attesa, fra i cortigiani di Re Teodoro, cresceva al passar dei minuti, destinata a diventar 
spasmodica: era in gioco il futuro del Regno e la felicità della loro prossima Regina.
Ogni suddito si interrogava su quale sarebbe stato il quesito del Re ( esattamente come state facendo 
voi ).
Alle 3 in punto Igor, accompagnato da una mezza dozzina di nobili nepalesi e tibetani, fece il suo 
ingresso nell’interminabile Salone delle udienze e avanzò verso i due troni dorati tempestati di 
pietre preziose, sui quali erano assisi con fare serio il Re e la sua sposa.
La dimessa Giulietta era più distaccata, su una comoda sedia in prossimità di Aziz e degli altri 
membri del governo.
Igor, spavaldo nei modi e nello sguardo, si fermò quando giunse a pochi metri dai sovrani, fece un 
inchino ed esordì: 
“ Altezze Serenissime, sono qui per chiederVi ufficialmente la mano di Vostra figlia, 
l’impareggiabile Principessa Giulia di Samarcanda”. 
“ Non Ve la potrò negare ” disse gravemente il Re “ se Voi supererete la prova che Vi attende, e che 
certamente conoscete ”.
“ Naturalmente, Sire.  Io sono pronto! ”.
La Regina pensò: “ Forse gli chiederà quanti chilometri quadrati misura la superficie del Borneo ”.
Giulietta pensò: “ Magari gli domanderà quale era il soprannome di mia nonna ”.
Il ministro degli interni pensò: “ Vorrà sapere forse la data di morte di Federico II° di Svevia ”.
Il viceministro degli esteri pensò: “ Io gli domanderei a quale gruppo d pesci appartiene il protottero 
etiopico ”.
Il titolare del dicastero delle finanze ( nostra vecchia conoscenza ) pensò: “ Che gli faccia integrare 
tra zero e infinito una funzione fratta? ”.
Voi penserete: “ Sta a vedere che gli chiede quante pagine è lunga questa fiaba! ”.
Ma il giusto Teodoro proseguì:
“ Bene.  Come sapete, ho una domanda da porVi.    E non è se siete innamorato di mia figlia, alla 
quale, non ho dubbi, rispondereste con un sì!  Io Vi domando….” fece una pausa mentre sulla 
grande sala era sceso un silenzio tombale, opprimente, carico di aspettative e significato.
“ Io Vi domando….questo: se CINQUE è l’immagine di DIECI,  QUATTRO è immagine di OTTO 
e TRE è immagine di SEI,  quale è l’immagine di DUE? ”.
La sorpresa non avrebbe potuto essere più grande!
La bella Regina Carla spalancò letteralmente la bocca dallo stupore, la figlia la abbracciò piangendo 
a dirotto, a qualche ministro balenò in testa l’idea che il Re fosse impazzito.
Aziz  pensò: “ Così FACILE! Così maledettamente FACILE!”   e si sfregò le mani.
Anche un babbeo avrebbe capito che bastava tagliare in due quel due finale per avere in pugno la 
risposta ( e la tanto agognata Principessina ).
Anche Igor fu molto sorpreso.
Aveva studiato l’altitudine delle prime 14 vette del pianeta, aveva imparato a memoria l’Iliade e 
l’Odissea, aveva fissato bene in mente il giardinaggio e la trigonometria.
Certamente era sorpreso.
Sapeva che la facilità della domanda non era dovuta al fatto che Giulia lo gradisse; l’ambasciatore 
indiano l’aveva messo al corrente delle simpatie della donzella.
Dopo un istante, capì.
Un sorriso gli si dipinse sul fiero volto, un sorriso immagine esterna del suo pensiero:
- Vecchio mio, tu vuoi umiliarmi.  Vuoi toglierti almeno questo sfizio, non concedermi la 
soddisfazione di sfoggiare le mie conoscenze, vero?   Sai benissimo che usciresti sconfitto qualsiasi 
cosa mi chiedessi.  Tanto vale farmi una richiesta banale, da prima elementare.
 Ma questa domanda è il segno della tua sconfitta! -.
E Igor, dopo un altro istante, disse solo: “ UNO ”.
Carla, mentre riempiva di carezze la figlia nell’inutile tentativo di consolarla, guardava incredula il 
marito.
Teodoro, aggiustatasi meglio sulla reale zucca la corona traboccante di brillanti, rispose:
“ Non dubito di certo che numerose Principesse asiatiche, e non, si unirebbero volentieri con un 
uomo come Voi, così coraggioso, capace, audace, scaltro e generoso,  Anch’io, lo confesso, sarei 
ben felice di abbracciarVi chiamandoVi figlio, ma, disgraziatamente, il destino riserva per Voi ben 
altri disegni ”.
“ Perché proferite queste parole, Maestà? ”.
“ Perché, mio caro Principe del Nepal e del Tibet, purtroppo avete dato la risposta SBAGLIATA! ”.
Restarono stupefatti persino gli arredi dorati della magnifica Sala.
Tutti i presenti erano completamente increduli, e qualche ministro pensò di avere la conferma che il 
Re aveva smarrito il ben dell’intelletto.
Un Aziz allibito trovò la voce per ribattere:
“ Ma, Vostra Altezza Reale, CINQUE è evidentemente la metà di DIECI, così come QUATTRO lo 
è di OTTO  e TRE di SEI.   Quindi, poiché la metà di DUE è UNO, il Principe pretendente ha 
fornito senza ombra di dubbio alcuno la risposta ESATTA! ”.
“ Sono veramente desolato ”  lo contraddisse il suo Sire “ ma il Principe non ha dato la risposta 
corretta: CINQUE è immagine di DIECI perché la parola DIECI è formata da CINQUE lettere,
il vocabolo OTTO ne contiene invece QUATTRO e la scritta SEI ne ha TRE.
Per cui l’immagine di DUE è indubitabilmente TRE! ”.
Aziz ammutolì, Igor capì quanto saggio e sottile possa essere a volte un Re, una felice Giulietta 
baciò la raggiante madre e il Gran Ciambellano improvvisò tre passi di ballo con la cuoca mentre i 
sudditi festanti paragonavano Re Teodoro con il pari grado Salomone.
Qualche ora più tardi, partita la processione dei lama tibetani che dovevano sorreggere i proprietari 
e la di loro enorme delusione, Aziz, timidamente, osò interpellare il proprio Signore:
“ Mi felicito con Voi, Vostra Grazia, avete scovato non so come una prova talmente ardua che 
neppure l’acutissimo Principe nepalese è stato capace di superare.  Neppure lui è arrivato a trovare 
la soluzione, cioè TRE ”.
“ Mio ingenuo consigliere, ma anche se avesse risposto TRE noi avremmo trionfato! ”.
“ Come!?  Ma, mio Sire, cosa dite? ”.
“ Certo.  Io avrei semplicemente risposto che UNO sarebbe stata la giusta risposta, e cioè che 
bisognava considerare la metà di ogni numero fornito, tutto qui! 
Vedete, mio prezioso amico, lo sconfinato amore di due genitori per la figlia non conosce ostacoli, 
tanto ho fatto, pensato e cercato che alla fine ho trovato. La mia adorata metà ed io amiamo così 
tanto Giulia che non potevamo perdere, NON POTEVAMO PERDERE!”.

POST SCRIPTUM:  se vi siete chiesti da dove il Re abbia pescato l’idea per la domanda di 
matrimonio, se sia farina del suo sacco, del dizionario enciclopedico o del manuale delle giovani 
talpe, io non sono in grado di aiutarvi, giacché in quei giorni non ero a Samarcanda.
Però, se propendete per l’ultima ipotesi, beh…siete in buona compagnia.
Se dovessi proprio scommettere, anch’io scommetterei di sì!




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Pubblicata il 22-06-2017

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