Uccidimi

(Meloni Valentina)


"Uccidimi !" - disse con l'aria di chi vuol iniziare a vivere - "Uccidimi adesso, qui, subito!"

In piedi proteso su di me e nudo, come un bambino di cinquant'anni, la pelle indifesa e l'animo guerriero, mi supplicava con gli occhi e con tutto il corpo di mettere fine a quella sofferenza. Ed io, piccola e muta, seppellita da chili di coperte non vedevo che il suo petto magro, senza più fiato, emaciato da antichi rancori. Sentivo gemere il pulcino nell'uovo sacro di quel momento senza comprenderne il pigolio. Lo guardavo stupita, presa da commozione, con la voglia straripante di fargli una carezza... ma la mano rimase chiusa in gabbia dalla paura e lui lontano, un albero con i rami al cielo ... "solo" due metri... ma a me sembrava un grattacielo, una torre d'insicurezze e di paure, di certezze fallite cui non potersi appigliare.

La tenerezza del mio inutile candore lo arrese all'evidenza del vivere, esitante ballava la sua danza, il grotesque della festa antica in cui s'incontrano le solitudini e i rospi trattenuti. Prima su un piede, poi su un altro, dondolando il corpo, come una bandiera svettante al vento, in cima al bastione fortificato del mio sentimento. Avvampavo di timidezza ma forse, da quell'altezza, non vide il mio rossore oppure il pallore della pelle tesa, in attesa di calore, e gli occhi pieni d'incontenibile stupore, lo scossero dal suo implorante pianto per un giaciglio eterno.

"E' l'ultima cosa che vorrei" - risposi con sicurezza - Non sapevo con quelle cinque parole di aver ucciso il coraggio, non il mio, il suo coraggio, naufrago del sogno di rinascere con me... Non compresi che il suo desiderio di morte voleva fosse la mia vita, che l'omicidio del suo ego era una dichiarazione d'amore mai compiuta. Ed io più non volli morire della sua morte, eppure mi annullavo nel suo abbraccio come un frutto maturo che si lascia cadere al suolo.

In quel piccolo gesto c'era tutto il mio mondo. Quando poggiavo la testa sul suo petto, la morte si faceva bella. Arresa alla pienezza dei sentimenti, chiedevo a gran voce di morire in quell'istante di perfezione assoluta. Un limbo in cui svanisce la fame, la sete, la stanchezza, le paure, il luogo sicuro in cui essere spensierati e non sentire alcun peso se non i ventuno grammi della propria anima. Anch'io gridavo "uccidimi" dal profondo di tutto il mio essere, ma attraverso gli occhi, in religioso silenzio, quasi fosse una preghiera sospesa nel vuoto... In quel gesto di offrire il capo al suo cuore, la morte era perfetta perché l'avrebbe reso eterno, pensavo. Quale mania quella dell'uomo di voler eternare la felicità e la perfezione, quando invece è proprio l'inafferrabile a renderci felici senza saperlo! Da qualche parte avevo letto che l'amore colma tutto e di tutto si svuota, che in amore muore l'ego per far posto all'altro dentro di sé e anch'io morivo ogni volta che sfioravo con il capo la spalla di Marco, per poi rinascere assieme a lui. Due corpi, i nostri, e una sola anima che riconosce nell'altro la sua vera casa...

Ma quel giorno, sepolta dalle coperte e col suo corpo nudo, in piedi, sospeso sul mio, mi sentii davvero una bambina, come lui sempre mi chiamava, facendomi arrabbiare. Allora non compresi l'amore e il suo mistero, non compresi quanto nuda fossi anch'io sotto quei mille strati e dentro quel ridicolo pigiama e da quel momento non tentai mai un volo. La mia amica Chiara mi confidò al telefono che lei non avrebbe mai avuto una storia con uno tanto più vecchio di lei, "non sopporto quelli che mi chiamano bambina mia" diceva.... ed io divenni di fuoco dalla vergogna pensando che qualcuno le avesse parlato di me e di Marco.


Forse lo aveva intuito, forse lo sapeva magari proprio da lui e ne era gelosa, ma non me ne curai perché in fondo non era importante. Io mi arrabbiavo, si è vero, ma quando mi chiamava "bambina mia", allora sì, che mi sentivo donna. Mi sentivo donna, ma soprattutto mi sentivo amata, nella mia parte ferita, quella più nascosta e a tutti sconosciuta, a tutti meno che a te Marco mio. Oggi che non posso più posare il capo sul tuo petto, comprendo com'è impossibile afferrare un sentimento, come nel tempo si rafforza e poi sguscia via, quanto bello è trattenere quel momento nel ricordo vivo, nel rapimento dello stupore che t'inchioda al corpo nullo. Oggi capisco che niente mai potrà farti morire, che oltre le barriere della materia sei radice antica che affonda nel mio cuore.