La donna e il mare

(Lorussi Paolo)


Ciao mi chiamo Elena, vorrei raccontarti come la mia vita, anche se in ritardo, è cambiata. Sono nata in una famiglia, dove vigeva una regola... amare, fino a quell'età la mia vita ha fluttuato nell'amore. Mi innamorai di lui, avrei dato tutto, sono andata anche contro le opinioni dei miei, non gli piacevo, a me lui tanto, non avevo mai amato un uomo, anche se avevo compiuto diciassette anni. Sono stata male per mesi, senza poterlo vedere e poterlo stringere. Una sera presa dall'angoscia lasciai che una lama solcasse i miei polsi bianchi... fu un impeto di sangue quello che vidi sgorgare...

Vidi la luce, ma non quella che si vede nei film, era la luce della sala di chirurgia, mi stavano ricucendo... I giorni seguenti furono felici... mio padre chinò il capo e acconsentì a questo amore. Dopo un po' ci sposammo, era sempre festa, amici che arrivavano a tutte le ore, ore d'amore, solo noi due. Il tempo passa, arrivarono due figli a riempire ancora di più il nostro nido. Forse è come dicono, anzi è come dicono, col tempo tutto si affievolisce.

Gli amici iniziarono a sparire, colpa del suo carattere burbero, i figli crescevano, iniziavano a pretendere sempre di più, i miei quasi non li vedevo più, sempre in lite con lui. Una volta questa casa aveva tanti colori, ora è sol vestita di grigio, tanto che mi scorre nelle vene. Lui arriva la sera e dice: "Sono stanco! è pronto da mangiare?" e si siede lì su quella sedia che ha vissuto i nostri anni d'amore. Ho un vuoto dentro.

Ogni tanto mi allontano da casa, lì non posso piangere, devo essere sempre sorridente, vado dove ho sempre voluto vivere, vicino al mare, aspetto le onde che si rifrangono sul mio volto e piango a dirotto come una bambina. Un giorno la mia cara amica Giovanna si presenta a casa tutta elettrizzata, mi racconta che ha conosciuto un tipo su un social network. Come hobby scrive poesie, si sente presa, vorrebbe incontrarlo, anche farci l'amore, ma non si fida tanto, pensa che faccia la stessa cosa con tutte. Mi chiedo come si fa ad invaghirsi di uno sconosciuto, non sa chi è, cosa fa, solo con delle parole digitate a chilometri di strada, impazzire così... Comunque la loro storia virtuale continua, lei lo mette alla prova creandosi profili finti e provocandolo. Lui rimane impassibile, quindi per lei è un tipo ok, gli promette di vederlo dopo aver fatto un viaggio con la sua famiglia.

Lei mi vede giù, osserva i mie malumori e mi dice: "Dai creati un profilo, trova qualcuno interessante col quale parlare e sfogati!". Mi lascio convincere, ormai a casa mia è come se non ci fossi, solo quando serve qualcosa mi chiamano e mi sento come una governante senza retribuzione.

Giunge il giorno della partenza per Giovanna, mi viene a dire: "Senti fai una cosa, provoca il poeta e vedi come si comporta". Dapprima le dissi no, poi mi dissi: "Tanto, almeno, mi faccio due risate". Arrivò sera, lo trovai, gli chiesi l'amicizia, e iniziammo a parlare, mi chiese le solite cose stupide, come fan tutti, come ti chiami, anni, di dove sei e poi iniziò a parlarmi di lui, del suo passatempo, delle tante amicizie che aveva... mi ero rotta un po'. Quando mi chiese: "Perché sei triste?", eppure non avevo lasciato trapelare nulla, non so cosa successe, ma gli iniziai a parlare di me giusto per sfogarmi. Lui mi disse: "Puoi aspettare qualche minuto?" pensai gli scappa.

Dopo solo cinque minuti vidi comparire sullo schermo una poesia:

LA DONNA E IL MARE

Son sempre qui
affacciata alla mia finestra
con lo sguardo rivolto a te,
mio insolito amico.
Immenso è il tuo sguardo
profondo è il tuo io,
sei simile a me
calmo, quando splende il sole su di te
inquieto, quando c'è cattivo tempo.
Ho pianto tanto in questa vita
tanto da unire le mie lacrime a te,
amico mio.
Ho rammendato pensieri
al tuo cospetto,
sperando di scorgere
l'amore al tuo orizzonte.
Quando un giorno
non avrò più parole
e né battiti,
spero di unirmi a te
per l'eternità
nel tuo immenso mare.

Rimasi sulle mie... Gli dissi che dovevo andare, che era rientrato mio marito, e dovevo cucinare. Lui con galanteria mi salutò, io rimasi lì, lessi e rilessi quella poesia. La sentivo veramente mia, ma come aveva fatto?... Non dormii per niente quella notte, vedevo scorrere sui muri tutte le cose che mi ero detta con lui.

Accesi subito il computer la sera seguente ma lui arrivò tardi, parlammo un po'. Era affascinate, tenero, proprio come diceva Giovanna... già, Giovanna, dovevo dire basta a questi pensieri, cosi gli altri giorni, non accesi più il computer. Rientrò Giovanna, prima cosa che chiese fu: "Allora come si è comportato?" Io le raccontai che era stato molto a modo, ma avevamo parlato poco. Si decise a vederlo, almeno per una volta lo avrebbe avuto solo per lei, soltanto che... non sapeva come andare: la sua auto era in officina. Mi guardò, mi sorrise e disse: "Dai, accompagnami tu!" "Io? No, non posso, ho da fare''. Non volevo vederlo, sentivo qualcosa dentro ma non volevo andarci.

Tanto fece che mi convinse. Arrivati sul posto lui non era ancora arrivato, chiamò poco dopo dicendo che aveva sbagliato strada e che era a pochi minuti da lì. Non so cosa mi prese, scappai in un bar lì vicino, lo vidi arrivare da dietro la finestra. Era come nelle foto, sgattaiolai in bagno, di solito lo facevo da piccola quando mi prendeva la timidezza, eppure ero lì in quel bagno, tenevo stretta la maniglia, non volevo uscire e vederlo.

Giovanna mi chiamava, dovevano andare, mi chiedevo dove... perché mi lasciavano lì. Poi capii, ridevano, parlavano di un hotel poco distante, ad occhi bassi uscii, salutai scusandomi e li vidi allontanare. Girai in lungo e in largo quel paese, finii in un parco a parlare con dei vecchietti ma pensavo a loro due, a lui in quella stanza a cosa facessero e ai suoi baci. Mi dissi: "Ma cosa m'interessa?" Giovanna mi chiamò, mi disse di andarla a prenderla da quel bar. Lui era ancora lì, stesso sguardo, stesso sorriso, salutai e fuggii di nuovo via. Vidi dallo specchietto dell'auto lui che salutava con la mano. Fu una tale rottura sentire lei che si vantava delle ore d'amore, di quello che era successo, ma non la stavo ad ascoltare e pensavo a quel sorriso.

Tornata a casa, la solita vita. Lui sulla poltrona, i figli che chiedono, ma pensavo ancora a lui. Mi stava entrando dentro, ma non potevo, non era giusto per la mia famiglia, per la mia amica. Altre sere parlai con lui, cercavo di sorvolare, di non entrare in cose mie, ma ad un tratto, dovevo andare. Non so come mi prese, gli dissi: "Notte amore". Lui rimase un po' sbalordito, poi ridendo, mi scrisse: "Monella a chi lo dovevi mandare?" io ridendo solo scrivendo, ma nel mio animo sapevo che era per lui. Gli dissi: "È per un caro amico".

Mi salutò e andò via. Cosa avevo fatto? ...cosi tradivo famiglia, amica, tutti, ma era solo un pensiero nulla più. Fu una notte da incubo, vidi lui inveire su di me, i miei bandirmi di casa. Ma cosa avevo fatto? Avevo solo scritto "Notte amore" già, amore, mi ero accorta d'amarlo, ma era per il suo dire, per il suo sorriso, non lo sapevo, dovevo scoprirlo. Avevo il suo numero, lo chiamai e gli dissi di perdonarmi di quel messaggio, ma non era per lui. Lui restò in silenzio, chiamai il suo nome, Enzo, due o tre volte, non ricordo, poi gridai: "Amoreee?" e lui disse "sì?"

Rimasi più di un'ora al telefono con lui, gli raccontai di quello che provavo per lui, lui quello che sentiva per me. Non aspettai il giorno seguente, volli vederlo. C'incontrammo, rimanemmo più di mezz'ora stretti, sentivo l'affanno nel suo respiro, sentivo il suo corpo tremare, ero in paradiso, e ancora lo sono. Il giorno dopo lui ruppe con Giovanna, gli raccontò di noi e lei d'allora non mi saluta più. I miei non sono cambiati, lui sul divano, loro che chiedono, ma io ho uno scudo addosso, è dentro, l'amore che ho per lui.