Il Ventre ed i Falò |
Immobile e teso come un arco dentro questa cella di pregiudizi dietro queste infinite sbarre di draghi ombre e fantasmi mi incurvo su un’antica conchiglia poggiata all’orecchio per sentire quel mare che non ho mai solcato. E’ il nero che mugghia di queste strade di queste case appena nate. Dal fondo delle vitree foreste cerco un suono d’ascia che svuoti le montagne e squarci lo specchio dell’iride. Io che non sono mai morto ascolto il macinio dei giorni che ammoniscono mentre la noia espande il suo respiro sottile e fastidioso. Morsa sul fuoco stropicciato del mio sacro tempio interiore ho le ossa incise e messe in mostra come zanne d’elefante. Me ne vado ancora con i pugni chiusi controvento finché non mi scuciranno il tempo dal midollo finché non si scioglieranno i ventri molli dalle calde lacrime dal guaire di un cane dal richiamo del colombo in amore dalle colonne del grande caos. Forse c’è ancora speranza nel ventre di una donna. Dal capezzolo da cui attingo il mondo. |