La Sepoltura

(Galaffu Giovanni)


Namid calpestava la spiaggia.
Era ancora buio, ma le prime carezze del sole cominciavano ad abbracciare i primi granelli di sabbia che gli si erano parati davanti, colorandoli di quel calore che solo il grande astro può comandare e controllare.
I raggi illuminarono anche i piedi scalzi di Namid.
Scuoteva la testa, e fermò i suoi passi solo quando i piedi incontrarono le prime tracce di umidità. La sabbia umida era stata appena calcata da numerosi uccelli marini; dozzine d’impronte s’intersecavano tra di loro formando delle croci mutile e oscene. Qua e là vi erano gusci di cozze e ricci di mare, smembrati e semidivorati.
In lontananza si udivano solo gli strilli di pochi gabbiani e le prime saracinesche dei bar che si aprivano. Qualche pesce rondine, in lontananza, tuffandosi tra le onde, non immaginava che presto sarebbe stato vittima dei cormorani sempre in caccia.
Namid era l'unica persona sulla spiaggia.
Stringeva qualcosa al petto; qualcosa che nemmeno i raggi solari parevano voler illuminare.
Un'urna rossastra dalle striature dorate.
Il petto dell'uomo abbracciava quella minuscola bara, nascondendo un carattere giapponese che intarsiava l'urna.
涙.
Il nome della figlia.
Eppure in quel momento non pensava a lei.
Pensava a un coltellaccio arrugginito visto al commissariato; e a un ciondolo squarciato da quella lama. La poliziotta, che non tentava nemmeno di frenare le lacrime, non gli aveva mostrato le mutandine strappate.
Ma sapeva che, in qualunque caso, esse erano state impregnate di sangue.
Il suo primo sangue.

Namid si portò una mano alla mascella, serrandola quasi volesse frantumarla. Ma le dita non vinsero la resistenza della sua barba.
Le sue lacrime si rifiutavano di uscire; la sua rabbia formava una barriera formidabile. Un baluardo, una rocca contro la quale pure Aiace si sarebbe infranto.
Presto sarebbe morto anche lui. Lo sapeva. Restava solo da stabilire il quando. Il quando prima possibile.
Se non il dolore avrebbe agito la sua mano.
Sapeva pure il come.
Il mare; quel mare non era abbastanza violento. Ma perfino la docilità delle onde può essere vinta dal metallo e dall'immobilità forzata.
Javert ne era l'esempio.
Restava un solo rimpianto; il bastardo era libero.
La legge era passata. La legge aveva vinto. Niente esame del DNA. Niente intercettazioni. Immediata fine delle indagini. Prescrizione e incensuratezza.
La via dorata del perfetto criminale.

Namid scoperchiò l'urna. Ma cambiò idea; quelle acque invase dalla plastica non l'avrebbero avuta.
Guardò per terra; la sabbia - seppure calpestata - era molto più pulita del mare. Lei avrebbe abbracciato sua figlia con maggior calore; neppure nella morte avrebbe sofferto il freddo.
Forse. Ma era quello che lei avrebbe voluto. Forse.
Rovesciò l'urna.
La cenere grigia, prima di spandersi e mischiarsi con i granelli giallognoli, lo abbracciò. Ancora.
Poi la sabbia la inghiottì. La inghiottì tutta. Perfino Namid non riuscì più a distinguere la differenza tra quella che era stata per pochi anni sua figlia e ciò che da secoli erano i padroni di quella terra. Nessuno avrebbe più potuto separare l'una dagli altri.
Si voltò, andandosene.
Le sue labbra mormoravano qualche parola sconnessa di addio; ma nemmeno lui avrebbe potuto dire quali.
Forse qualche preghiera. O parola d'odio. Forse entrambe.
Lasciò la spiaggia, mentre i primi bagnanti cominciavano ad arrivare.
I gabbiani fuggivano; la macchina del caffè dei bar era calda.
Il vento iniziò a cantare la sua canzone; la canzone della sabbia sollevata.
Gli asciugamani sarebbero state le vittime delle sue stonature per tutta la giornata.
Finché il giorno finì.

Solo allora il vento si placò, nel deserto della spiaggia, nella desolazione umana che non era più là a godersi quella pace.
Ma arrivò qualcos'altro a sferzare e martoriare la sabbia.
Delle enormi ruote di camion.
Una benna cominciò a caricare la sabbia; per molte ore, indisturbata. Le ombre degli uomini, silenziose come i loro padroni, accompagnavano quel furto con gesti bruschi e furtivi.
Spogliarono la spiaggia.
Quella sabbia sarebbe diventata privata; forse è meglio così. I ricchi godono meglio delle cose belle.
Specie quando i ricchi sono colpevoli.
Di due crimini.