Prince, il cavallo che ride

(Meloni Valentina)



Ho passato interi inverni a contemplare gli occhi dei cavalli nella stalla. Ci facevamo compagnia e stavamo al caldo nel tepore della paglia. Fuori, spesso, c'era una poltiglia di fango e l'umidità ti rendeva molle come un tronco fradicio di marciume. Bisognava farsi animo per attraversare quel recinto, lontano dal mondo e senza luci. Gli stivali affondavano dopo pochi passi e quando pioveva poi, non c'era da stare allegri ma, appena oltrepassavo il cancello di legno e il gancio scivolava piano, con quel tonfo sordo che era un richiamo che avvertiva del mio arrivo, accadeva una magia... un nitrito, poi due e poi il silenzio.
Allora mi fermavo ad ascoltare e contavo fino a dieci, a volte dodici, ma non tardava ad arrivare... Ecco che dopo istanti sentivo il rumore dello zoccolo che batteva il pavimento come fosse il tasto di un pianoforte, ritmato e poi sempre più forte, prima andante e poi fuga impaziente. Allora sorridevo e dicevo: "Arrivo, arrivo !". E via, un altro nitrito stavolta diverso, più sicuro e impertinente. Aprivo la porta superiore del box e lui era lì che scalpitava, una coccola sul muso e uno starnuto a salutare l'aria umida di brina... Beh a quel punto c'era poco da fare! Un bagno di moccolo e poi di corsa a lavorare prima di restare imbalsamata dal freddo! Mentre mi allontanavo a prendere carriola e pala, lui mi controllava, non appena mi avvicinavo, faceva uno sbuffo, poi muoveva la testa su e giù ad annuire contento. A quello proprio non resistevo, adoravo vedere come dondolava la testa divertito, lui lo sapeva e se ne approfittava. Se non gli davo subito la mela continuava lo show, alzava il collo e poi tirava su il labbro annusando l'aria, io dicevo sempre che sorrideva e quando lo faceva assieme a un nitrito forse chissà, voleva dire che rideva a crepapelle!
“C'è da fare”- lo rimproveravo divertita- “poggia là !”, e si spostava di lato lasciandomi passare. La faceva sempre nello stesso punto, una montagna però ... ce n'era di letame e paglia da spalare! Una carriola, a volte quasi due, poi lavavo in terra e mettevo nuova paglia. “Eccoti il letto rifatto " dicevo mentre gli passavo la mano sulla groppa. Uscivo a scaricare il letame e poi prendevo la borsa della toletta, un secchio d'acqua, la sua spugna e mi mettevo subito al lavoro con la striglia.
Gli pulivo occhi e muso... e il di dietro, sì perchè anche i cavalli si fanno il bidet. Beh diciamo che se lo fanno fare più che altro! Non sarà naturale, ma vi assicuro che è l'unico modo per tenere le mosche lontano e poi loro sono contenti, chissà come si sentono puliti finalmente! Subito dopo spugnavo le zampe e le asciugavo con panno di lana, infine pulivo gli zoccoli e il fettone. Quella è la parte difficile perchè puzza da morire e poi la schiena, dopo aver spalato letame fa male, quando devi tenere la zampa, anche solo un minuto, tra le mani! Prince sembrava lo capisse, ma sì che lo capiva… Stava fermo e non si muoveva di un millimetro mentre gli passavo sotto, dietro e ovunque con il rischio d'essere schiacciata. "Bravo" gli dicevo infine, e lui capiva e si rimetteva a mangiare.
Gli davo la razione di biada e se non c'era altro da fare come somministrare medicine, fasciare i garretti o fare gli impacchi di lino agli zoccoli, mi sdraiavo sulle balle di paglia e lo guardavo mentre ruminava. Per me quel suo masticare pensieroso era come una ninna nanna, o forse la stanchezza e il tepore della stalla m’inducevano dolcemente al sonno, fatto sta che a volte mi addormentavo, e mi svegliavo solo a sera.
Altre volte, invece, mi mettevo lì a sognare e dentro quegli occhi grandi ci vedevo tutto un mondo strambo e lunare. "Chissà che cosa sogna lui" -pensavo- e a quel punto si fermava , mi fissava per qualche secondo e credo che, a modo suo, mi rispondesse…
Forse, dove stai adesso, sognerai quanto e più di noi. Vorrei esserci anch’io nei tuoi sogni, come quei giorni di dodici anni fa quando eravamo ancora insieme, allegri e divertiti delle corse contro il vento, quando, sulla tua groppa vedevo gli alberi correre via dagli angoli degli occhi e sentivo foglie e rami frustarmi il viso durante il galoppo. Vorrei esserci anch’io a vederti pascolare su quelle distese azzurre, saltare ostacoli di nuvole di bambagia fino a planare sopra i prati del cielo, sopra foreste d’alberi volanti, a fianco di uccelli bianchi, aironi, fenicotteri e cicogne, eleganti come angeli di seta.
Vorrei vederti ridere ancora di contentezza come quando mi palesavo all’improvviso alla tua vista e ti porgevo una mela in dono. Chissà che sapore hanno le mele in Paradiso e se ci sono ancora dopo la cacciata di Adamo ed Eva, oppure hanno smesso di crescere sull’albero della conoscenza ? A te Prince non importerebbe nulla, ti metteresti con impegno a mangiare tutte le mele cadute in terra e poi spoglieresti l’albero intero dei suoi frutti in pochi minuti senza provare l’ombra di un rimpianto… Allora sono sicura che persino Dio si metterebbe a ridere divertito a questa vista!
Esisterà davvero poi un Paradiso degli Anima-lì? Per me sì ed è un giardino grande e rigoglioso dove vivono tutte le creature che ci hanno accompagnato nella vita. Quel paradiso è dentro ognuno di noi, ce lo portiamo dietro come un gioiello luminoso e brilla a ogni ricordo che ci accarezza il cuore, ma non si può esibire e soprattutto non si può vedere.
Anche tu Prince vivi in quel luogo e sei nei miei ricordi, nei miei sogni, e in buona compagnia e a ogni nitrito che attraversa il mio cammino ti sento correre al galoppo, prima lontano poi sempre più vicino lungo la linea dei ricordi, nel profondo fondo del mio Paradiso, nel mio cuore gonfio di emozioni, dove su nuvole di zucchero volano leggeri, eleganti angeli di seta.