Storia di noi due

(Monari Tiziana)


Oggi in questa casa c'è il silenzio di chi urla, un silenzio che cresce nelle orecchie, entra nel cervello, dilaniandolo. Non sento il ciabattare degli inquilini che fuori scendono le scale con le loro scarpe rumorose, non sento gli urli del dirimpettaio che sbraita senza sosta con quegli occhi rabbiosi che scrutano il mondo senza ritegno. Oggi non ci sono nonne che ti raccontano le favole e ti rimboccano la coperta, quelle che hanno la voce dolce e le mani odorose di sapone, oggi ci sono solo fantasmi grigi e stanchi con il buio negli occhi , il rumore di parole sfuocate, ed uno strano lamento di morte che sale insieme all'acqua per la pasta, ed intorno solo il tintinnio delle forchette...tic....tic....tic....

Laura non si voleva arrendere. Già da qualche anno, da quando il suo cane aveva oltrepassato la soglia dei dieci anni si informava continuamente su come fare per poter in un modo o nell'altro allungargli la vita .Sfogliava continuamente riviste dedicate ai cani,cercava notizie sulle varie malattie, interpellava chiunque avesse avuto un amico a quattro zampe. Non era preparata alla morte. Solo il pensiero la stordiva. La vita senza Achille sarebbe stata il deserto più arido del mondo, i colori si sarebbero confusi, gli occhi avrebbero visto solo un pezzetto di cielo mentre gli alberi avrebbero perso tutte le foglie. Così, la sera, al rientro dal lavoro si collegava a siti che davano utili informazioni sulle problematiche dei cani, leggeva, prendeva appunti, poi controllava che Achille non avesse nessun sintomo di quelli esposti in quelle pagine.
Laura non si rendeva conto del tempo che passava, e non voleva prendere in considerazione che per una malattia chiamata vecchiaia non esiste nessun rimedio. E quindi non sentiva il respiro lento, uguale al rumore dei treni vecchi e consumati di Achille, il rumore di un treno senza persone, un treno deserto. La luce della stazione era la lampada sul comodino, e tutto tra poco si sarebbe spento perchè stava arrivando la notte.

Mi chiamo Laura e le persone che ho amato si contano sulla punta delle dita: i miei tre nonni, mio marito ed il mio cane.

La felicità era arrivata per caso, in punta di piedi in un lontano aprile di circa sedici anni fa. Achille aveva quasi un anno ed era stato abbandonato per strada. Era un tipo dall'aria rude, orecchie a ciondoloni morbidissime, il pelo lungo mezzo biondo e mezzo nero ,taglia grande,buoni denti ben saldi in un mascella forte .Un incrocio con un pastore tedesco, così aveva sentenziato il veterinario che aveva fatto la prima visita. Sembrava uno che era vissuto fuori dalla società per un bel pezzo o che forse non ci era mai stato dentro. Mi aveva guardato con degli occhi tristissimi in una silenziosa dignità, con un certo distacco. Io mi ero subito resa conto che sotto quella scorza ruvida si nascondeva un cuore grandissimo ancora non del tutto indurito, come il mio. Il suo scodinzolare lento mi aveva fatto capire la sua accettazione ed io in quel momento mi ero resa conto che l'amore di un cane può ricucire i pezzi di una vita.
E' iniziata così la nostra storia insieme in un periodo in cui la corda di salvataggio della mia vita mi era stata strappata di mano. Erano giorni in cui la lama seghettata del panico mi affondava dentro e i demoni del giorno, ben più insidiosi di quelli notturni , mi accerchiavano continuamente la mente.
Trovare lui e correre fortissimo col vento in faccia nei prati a sentire il rumore delle foglie, pestando le margherite, aprendo la bocca col respiro che va su e giù, vedere gli alberi non finire mai, ma vederli aumentare, e tuffarsi insieme nei petali bianchi era una cosa bellissima che per qualche ora mi faceva dimenticare tutto quello che stava succedendo in quel momento nelle mie giornate:le malattie,la perdita del lavoro, il buio gigante che stava cercando di inghiottirmi piano piano.
Achille era diventato per me un essere senziente, all'inizio mi sentivo quasi stupida ed ero in imbarazzo a pensare che mi ero talmente abituata alla sua presenza da cominciare a percepirlo quasi come un compagno.
“Hai visto Achille come è stupida Stefania, con quella risata grassa come lei, lascia sempre tutta la spazzatura sul pianerottolo, poi viene a suonarmi il campanello e a lamentarsi se perdi qualche pelo...”
“Hai sentito Achille che rumore fa la pioggia stamattina, oggi non potremo neanche uscire, nemmeno andare all'edicola per compare il giornale con gli annunci di lavoro”
Tutto questo mi aiutava a tirar fuori a voce alta il flusso dei miei pensieri, ricevendo in cambio una leccata in faccia oppure uno scodinzolio felice. Ogni tanto Achille emetteva anche un roor ...roor per approvare senza riserva quello che gli avevo appena detto.
Poi abbassava il suo testone e lasciava cadere qualcosa dalla bocca, la sua pallina da tennis. La palla rimbalzava , lui faceva un salto, come se la pallina fosse viva, poi tornava a sedersi di fronte a me. E di nuovo lasciava cadere la pallina. Io la riprendevo, la lanciavo in aria , poi la scagliavo sulla parete opposta. Lui la rincorreva entusiasta, poi scodinzolava ed abbaiava per continuare il gioco.
Poi abbandonava ancora una volta la pallina ai miei piedi e mi guardava con occhi appassionati. Occhi che dichiaravano il suo amore infinito.
Scandiva la mia vita riempire la sua ciotola dell'acqua,preparare le crocchette,portarlo fuori a fare la passeggiata per iniziare un nuovo giorno insieme. Achille stava facendomi dimenticare quella vita che mi ero faticosamente conquistata:giorni di interminabili riunioni, l'ansia sparata a mille, ore piccole ogni sera ,gente che pretendeva da me sempre di più...sempre di più. Così una sera ho fatto una cosa che non facevo da tanto tempo, ho sorriso alla cassiera del supermercato tirado fuori i miei ultimi venti euro. In macchina Achille mi stava aspettando. Le giornate si stavano allungando e c'era più luce. Sulla strada di casa ci siamo fermati al parco. La primavera fredda e piovosa si stava togliendo di mezzo, lasciando spazio ad un caldo umido, caliginoso e noi eravamo quasi felici.
La sua presenza mi aveva fatto dimenticare le mie finanze ormai fuori controllo, le medicine, di essere disoccupata con pochissime probabilità di trovare un altro lavoro. Achille mi stava vicino ed era come se mi dicesse ogni mattina:“Stai tranquilla,andrà tutto bene, è un periodo buio, ma presto tornerà la luce”

Sono passati sedici anni e la luce non è arrivata, ho sempre l'impressione che le mie mani siano attaccate ai polsi con del filo sottile ed i piedi siano blocchi di pietra. Ho ritrovato un lavoro che non mi piace .La vita non mi ha fatto sconti. Oggi vorrei parlare col signore degli orologi. Perchè c'è una cosa che cammina , si chiama tempo, è invisibile ma ti porta via tutto. Vorrei uccidere quel signore che ha inventato una scatoletta rotonda, che ha dentro il rumore di passi del tempo...toc....toc.....toc.
Così gli uomini inghiottono il cibo invece di masticare,corrono invece di camminare ,le donne si pettinano mentre si truccano , poi parlano con mille parole, usano sempre il cellulare per fare tutto più in fretta, e hanno gli occhi fissi. E mentre tutto scorre anche i cani che fanno tutto lentamente invecchiano e muoiono. Come è morto Achille in una calda giornata di luglio.

Sto dentro un cerchio di luce sotto la lampada della cucina. Tutto il resto della casa è nero. Dentro il cerchio c'è silenzio. Chiudo gli occhi per non vedere più il mondo. Ho paura.
Mi sento una conchiglia ora che Achille è solo il rumore del mare. Mi addormento con le lacrime che scendono copiose sul tavolo della cucina. Qui non mi potrà raccogliere più nessuno.
Perchè non esiste una conchiglia senza il rumore del suo mare.