La più tarda età

(Princigallo Tiziana)


Quando il rosso sole acceso,
che arde di impavidi guizzi liberi
e illumina sorgenti di vita
si arrende ai moti di una luna
tremula, malinconica,
che più non brilla, e s'abbandona al delicato pianto,
negli occhi acquosi della più tarda età
si specchiano volti,
ormai senza più mete, nè giovani pensieri.
Canuti orizzonti nelle chiome,
raccolte, fragili.
Il passo cedente al ticchettio di un bastoncello,
fido compagno di incerti sentieri.
Il tempo si fa eterno,
tra il capo chino, sonnecchiante di antiche nenie.
Parole sbocconcellate, insieme a piccoli morsi
di pane non più fragrante,
sapore di gioventù ridente.
E tace il senso del pudore,
e aspetta che il buio cielo scenda,
a dar sollievo a membra stanche.
Pallido e contrito,
l'umano senso senso del vivere
si lascia abbandonare.
E la più tarda età che assale,
che intrepida e sferzante
mai s'arretra al suo incedere arrogante,
mentre ruba il cuore ancora pulsante
lasciando solo animi tremanti,
e vita andante.