Storia e Filosofia

Appunti sparsi sulla condizione umana (teoretica)

Edipo è l’occidentale errante che, con i suoi piedi piagati, attraversa le “regioni” dell’uomo. Davanti alla Sfinge egli può non rispondere: salvarsi da un orrendo destino, spezzare il fato che così lo ha predestinato. Ma Edipo vuole andare oltre, consu-mare il disegno di un’oscura divinità, non contrad-dirla. Diventa Re, ha gloria, domina incontrastato dopo essersi macchiato del sangue paterno, seppur innocentemente, si ricongiunge alla madre (quale affinità con l’Attis di Catullo). Diventa, Edipo, auto-punendosi, cieco.
La follia di Edipo di seguire la trama della prede-stinazione: l’intelligenza che vuole scoprire il martirio dell’uomo come unica soluzione. Il desiderio del grembo materno, la nostalgia di un “paradiso per-duto”, la pace effimera, il dominio su Tebe e l’uscita, poi storica di tale città dalla Storia.

Della natura

Natura deriva da natus, participio passivo di nasci (nascere), che riprende da génê, (γένος, plurale γένη), vale a dire generare, quindi generato ed anche stirpe - dal greco φύσις, (natura), base in filosofia, è il principio che produce lo sviluppo di un essere (fuori da ogni forma divina); la Natura mantiene la spontaneità o Phỷsis dei Greci.
Il Greco non si domanda della natura; ci vive vicino, dorme e vive con essa. Lo stesso Parmenide (importante per il discorso sull’essere e il nulla) non mette in dubbio la φύσις in quanto generazione spontanea, ordine e via dicendo.

Esserci

Ripetiamo con Proust che “L’esser umano è una creatura senza età fissa” quindi capace sempre di rinnovarsi. Cercarsi prima per tra-sformarsi, rimanendo sempre se stessi. Tale è la condicio sine qua non io posso catartizzarmi dall’inutile, dall’inautentico, dalle “mode”, dalla convenienza che minano da sempre e, oggi in particolare, la nostra esistenza autentica. Cambiare nel senso di crescere interiormente pertanto vivere e tale non ha età.

L’alterità per Aristotele e Kant

Il termine alterità deriva dal latino alter che si traduce con diverso, non identico, è sinonimo di diversità. È Aristotele (Stagira, Grecia 384 a. C. – Eubea, Grecia 322 a.C.) che distingue l’alterità dalla differenza tra le cose dello stesso genere ed è Aristotele il filosofo che studia l’alterità; però dobbiamo dire che il concetto di alterità nasce con la nostra epoca.
L’altro, per la filosofia greca, è necessario per avere la piena coscienza di sé, è lo specchio perché il singolo abbia conoscenza di sé; per i greci l’essere umano ha conosciuto sé stesso quando è riuscito a specchiarsi nell’occhio dell’altro. A questo proposito Sartre, inve-ce, afferma che l’occhio dell’altro è ciò che mi stron-ca, mi oggettivizza, è l’inferno per me.

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