Maremoti e tsunami
In italiano si direbbe “maremoto”, ma la letteratura scientifica ha preferito il termine giapponese tsunami, letteralmente “onda nel porto”, per la capacità di superare le difese portuali.
Questi spostamenti di acqua marina – dai più impetuosi a quelli impercettibili – sono molto più frequenti di quanto non si immagini. E sono diffusi su tutta la superficie terrestre, benché vi siano aree strutturalmente più predisposte.
La misurazione dell’intensità di tali fenomeni, sulla falsariga di quanto avviene per i terremoti, è affidata a una “scala” che prende il nome dagli scienziati Sieberg e Ambraseys, articolata in sei gradi: il primo classifica movimenti “deboli” percepiti soltanto dai mareografi; l’ultimo classifica movimenti “disastrosi” che determinano “totale o parziale distruzione di tutte le costruzioni fino a una certa distanza dalla spiaggia, inondazione della costa fino a una notevole altezza”.
Le cause dello scatenarsi di uno tsunami sono sostanzialmente tre: un terremoto che si genera sul fondo marino (statisticamente la più ricorrente), il crollo di un edificio vulcanico sottomarino, una frana sottomarina.
Una storia che comincia “avanti Cristo”
Oggi, attraverso il database dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), siamo in grado di ricostruire ottomila anni di storia sismica del Mediterraneo, incrociando testimonianze storiche e studi geologici condotti sulla stratificazione del terreno.
Nel Catalogo degli Tsunami Euro-Mediterranei, pubblicato nel 2014 e aggiornato nel 2019, sono consultabili i maremoti storici sviluppatisi nel mar Mediterraneo e nei mari europei limitrofi, a partire dal 6150 a.C. fino ai nostri giorni.
Il primo maremoto di cui si ha notizia risale all’anno 1630 a.C.. Lo troviamo descritto nella Bibbia in occasione dell’attraversamento del Mare di Canne (identificabile con una certa approssimazione con l’area del Mar Rosso, non lontano da Porto Said) da parte degli Ebrei durante l’Esodo. Il violento moto ondoso sarebbe stato indotto dall’esplosione di un vulcano sull’isola greca di Thera (oggi Santorini).
Rimanendo nell’era “avanti Cristo”, ci imbattiamo in un maremoto forse innescato da un sisma sottomarino e in un luogo non indicato che lo storico greco Tucidide nel 426 a.C. descrive nell’opera Guerra del Peloponneso.
I maremoti nel Mediterraneo
Il Mar Mediterraneo, e tutti i Paesi che lo circondano, sono stati storicamente interessati da tsunami più o meno violenti. Gli studi condotti nel tempo hanno attestato che il “Mare Nostrum” possiede tutte le caratteristiche geologiche e vulcanologiche che abbiamo già indicato come predisponenti per fenomeni di questo genere. Quasi tutti i Paesi che circondano il Mediterraneo – conferma, infatti, un documento del Centro di Allerta Tsunami dell’INGV – hanno affrontato gli effetti di tsunami storici, con oltre 200 eventi documentati per l’area, ad iniziare dal 1630 a.C. (eruzione del vulcano di Santorini). La maggior parte degli tsunami nell’area sono stati generati da terremoti (83%). Dal 1700 d.C., le fonti storiche forniscono evidenze di una media di 20 eventi ogni 50 anni, ossia un evento ogni 2,5 anni (inclusi i piccoli tsunami).
Nel 365 d.C. un forte terremoto al largo di Creta provocò un forte innalzamento della piattaforma costiera, ccon conseguente tsunami che causò migliaia di morti e gravi danni in tutto il Mediterraneo, distruggendo il porto e la famosa biblioteca di Alessandria d’Egitto. Ce ne propone la cronaca lo storico Ammiano Marcellino nell’opera Res Gestae che valuta in circa 50.000 le vittime della tragedia.
Grecia, Turchia, Egitto, Siria, Palestina...
Il 20 maggio 1202 lo scorrimento di una faglia sul fondale del Mare Mediterraneo orientale, causò un maremoto che squassò Grecia, Turchia, Egitto, Sicilia, Siria e Palestina. La documentazione storica fornisce una stima dei morti vicina a 1.200.000: la più immane catastrofe naturale di ogni tempo.
Nel 1303 un altro forte terremoto al largo di Creta produsse un violento maremoto che provocò moltis-sime vittime e gravi danni sull’isola, con fenomeni molto intensi anche in Israele ed Egitto.
In tempi recenti lo tsunami avvenuto il 21 luglio 2017 vicino all’isola di Kos (Grecia) e a Bodrum (Turchia) in seguito a un forte terremoto è tra gli eventi recenti più insidiosi.
Il 30 ottobre del 2020, un terremoto localizzato a nord dell’isola di Samos in Grecia, ha generato uno tsunami nelle isole del Dodecaneso e in Turchia.
Al di fuori del bacino del Mediterraneo è utile ricordare il maremoto che può vantare la maggiore altezza di sempre, 524 metri: si è verificato il 9 luglio 1958 nella baia di Lituya, in Alaska. Viene classificato come megatsunami – il più rilevante dei tempi moderni – causato da un gigantesco smottamento di terra: circa 30 milioni di metri cubi di roccia che, cadendo in mare, hanno sollevato l’imponente massa d’acqua.
...e anche Sicilia
Il terremoto di Noto (Siracusa) si manifestò attraverso due episodi che gli esperti tendono a considerare separati tra di loro, benché ravvicinati: il 9 e l’11 gennaio 1693. Dei due, il secondo ha dato il via a un maremoto che ha coinvolto il litorale ionico della Sicilia e lo Stretto di Messina, spingendosi fino alle Isole Eolie.
Prima di concludere questa sintetica panoramica, un cenno va dedicato al terremoto di Messina del 1908 ritenuto, a memoria d’uomo, la più grave catastrofe naturale in Europa, per numero di vittime, e sul territorio italiano per le sue notevoli dimensioni. Il sisma, cui avrebbe fatto seguito uno spaventoso tsunami, si scatenò alle 5,20 del 28 dicembre 1908, prolungandosi per la considerevole durata di 37 secondi.
Quanto al maremoto, almeno tre grandi onde si sono abbattute sulla costa, con particolare veemenza su quella orientale della Sicilia, soprattutto tra Messina e Catania, toccando l’altezza di quasi 13 metri rispetto al livello del mare. Le cronache dell’epoca riferiscono di un bilancio molto prossimo a 120.000 morti.
Fonti dell’INGV, tuttavia, affermano che nonostante i numerosi tentativi, non è stato possibile stimare il numero delle vittime causate dallo tsunami rispetto a quelle causate dal terremoto. In molte località il maremoto si è manifestato con un iniziale ritiro del mare (in alcuni punti fino a circa 200 m) che è durato per alcuni minuti.
Un’enorme frana sottomarina, al largo di Giardini Naxos, 40 km a sud di Messina, ne sarebbe stata l’origine.
Il Corriere della Sera del giorno 30 dicembre 1908 così titolava in prima pagina: Ora di strazio e di morte. Due città d’Italia distrutte. I nostri fratelli uccisi a decine di migliaia a Reggio e Messina.