Così è (se vi pare)

Dall’opera teatrale di Pirandello emerge la crisi identitaria e l’impossibile conoscenza della realtà

Una novella, poi diventata testo teatrale, che Pirandello intitolò La signora Frola e il signor Ponza, suo genero per poi diventare per il teatro Così è (se vi pare) e pubblicata nelle Novelle per un anno, appare un testo di straordinaria attualità e ci ricorda le varie commedie tragico/umoristiche contempo-ranee che ad essa si sono ispirate per la doppiezza della visione della realtà (basta pensare al film L’abbaglio di Roberto Andò) dove tutto è ma poi cambia e quello che appare è forse solo visione personale e non realtà
Ma già qui Pirandello ci farebbe osservare che il confine tra realtà e opinione o finzione come tra salute mentale e follia è alquanto labile e che non c’è mai netta demarcazione.



Trama
La storia di cui si parla in Così è (se vi pare) ruota intorno a tre personaggi principali che, a causa del loro bizzarro comportamento, attirano l’attenzione del vicinato e dell’intero paese di Valdana. Il signor Ponza, genero della signora Frola, recentemente impiegato in prefettura, vive con la moglie in un appartamento popolare al quinto piano mentre la suocera abita un grazioso quartiere poco distante, ma… non fa mai visita alla coppia e si limita a comunicare con la figlia attraverso biglietti calati dentro un cestino che va e viene dalla finestra; donna che peraltro nessuno ha mai visto uscire di casa. Che sia segregata e perché? Perché non può incontrare la madre di persona?
Per evitare chiacchiere e congetture e sostenuto dai familiari stessi l’assessore Agazzi si sente in dovere di invitare a casa sua la sinora Frola per avere chiarimenti in merito. La donna tesse lodi del genero e lo giustifica in quanto follemente innamorato della moglie che vuole tutta per sé, senza un altro affetto che la possa distrarre.
Dopo di lei però arriva il genero che, con grande agitazione, ribalta la verità espressa dalla suocera: è lei una povera pazza che non ha mai accettato la morte della figlia Lina e crede la sua seconda moglie, Giulia, sua figlia. Questa e lui stesso, per pietà, si sono prestati al gioco ma non si può pretendere che la sua seconda moglie entri in contatto diretto con una pazza.
La signora Frola tornerà a chiarire che sua figlia tempo prima era stata allontanata dall’uomo e per essere curata ma lui dopo non l’ha riconosciuta per cui lei si è dovuta fingere un’altra sposarlo in seconde nozze. È pazzo poveretto, ma la figlia è felice con lui e dunque, ecco il motivo del loro comportamento.
Esterrefatti e confusi i presenti, che pensavano di aver avuto una risposta al dilemma. Unica a poter smentire una delle due versioni è la moglie che accetta l’invito di recarsi in casa Agazzi ma anche lei non svelerà la verità perché affermerà di essere l’una e l’altra: nessuna per se stessa ma solo quella che gli altri vogliono e cioè colei che la si crede.

Alcune riflessioni sull’opera e sulle tematiche proposte
Ci pare che questa sia una novella/commedia che ben esprima il punto di vista di Luigi Pirandello sulla realtà: esiste una realtà oggettiva e condivisa? No. La realtà, se così possiamo chiamarla, è solo un punto di vista relativo (relativismo) che si scontra con quello di altri punti di vista in un frantumarsi dunque di qualunque verità o certezza. In tale ottica anche la follia, che Pirandello ebbe modo di conoscere da vicino a causa della moglie, la cui gelosia sfociò in una vera patologia, non ha un confine netto con la cosiddetta “normalità.”



Eccentricità e originalità, ad esempio, che escono fuori dalla regolarità e dalla consuetudine dove sconfinano e diventano pazzia? Quante persone tutt’oggi, ritenute equilibrate e “normali” si rivelano poi capaci di atti di follia? Dice lo stesso Pirandello infatti: il pazzo costruisce senza logica. Essa è la forma e la forma è in contrasto con la vita: la vita è informe e illogica. Perciò io credo che i pazzi siano più vicini alla vita. Niente c’è di fissato e di determinato in noi. Noi abbiamo dentro tutte le possibilità. Tanto è vero che da noi impensatamente e improvvisamente può scappare fuori il ladro, il pazzo.

E il problema identitario, anch’esso dilemma dei nostri tempi, è in quest’opera uno dei fili conduttori: chi si è veramente? Quello che noi crediamo essere o quello che gli altri vedono di noi? E qui ci viene in mente il romanzo Uno nessuno e centomila sempre di Pirandello dove tale tematica è portata al suo estremo con il protagonista Vitangelo Moscarda che finisce con la più completa crisi identitaria, perdendo perfino la consapevolezza di essere un uomo.
Ognuno di noi indossa inconsapevolmente o meno, una maschera attinente al ruolo sociale che ha scelto o gli è stato assegnato dalla società per cui non siamo coscienti fino in fondo di chi siamo veramente. Il dramma maggiore è quando avvertiamo lo scollamento tra l’immagine che noi abbiamo di noi e quella che di noi hanno gli altri nella sospensione inconciliabile tra vita e forma, nell’impossibilità dunque di comprendere e conoscere davvero anche gli altri. Ne deriva il malessere del vivere e la solitudine a meno che appunto non si accetti di essere quello che gli altri vedono in noi come accade a Chiarcaro ne La patente che si rassegna a d essere uno iettatore, data l’impossibilità di essere se stesso o avviandosi verso la ribellione e la follia come ne l’Enrico IV

Pirandello stesso ebbe a vivere il dramma degli opposti nella sua vita: la sua vena letteraria e la gabbia dell’insegnamento, l’amore per la famiglia e la pazzia della moglie, gli ideali risorgimentali e l’adesione al fascismo In quest’ultimo caso la rinuncia formale alla sua libertà politica fu per poter continuare la propria produzione artistica che gli varrà poi il premio Nobel ma che costituì per lui indossare una maschera.
Del resto anche il vivere in un’epoca tanto controversa, in cui i valori e ideali del passato vengono travolti da regimi assoluti, gli fa avvertire il peso del fallimento dei principi e delle certezze che avevano animato i suoi predecessori ed essere, il più completo e raffinato interprete del “Decadentismo” di cui troviamo in lui gli aspetti fondamentali:
• la rivalutazione dell’inconscio e del sub inconscio; (maschera assunta)
• l’esaltazione del mistero e del senso di solitudine; (inconoscibilità della realtà e degli altri)
• la polemica nei confronti del Positivismo e della Ragione; (la scienza e la ragione non hanno verità inossidabili e durature nel tempo)
• l’esasperazione dell’egocentrismo; la visione pessimistica della vita e delle cose del mondo. (ognuno conosce al massimo se stesso e non può mai conoscere davvero la realtà)

Posted

28 Feb 2025

Storia e cultura

Note di lettura


Gabriella Paci



Foto dal web



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