In un angolo di mondo dove i sapori si mescolano come note di una sinfonia antica, Placa Manola, la scrittrice enogastronoma trevigiana dal cuore ardente e dalla penna infuocata, incrocia il cammino di Francesco Rizzuto, il comico siciliano dalla risata contagiosa e dall’ironia tagliente.
Due anime diverse, un’unica passione: il cibo, quel linguaggio universale capace di unire cuori e culture.
Nel loro incontro, non ci sono parole, solo gesti e sguardi che parlano di ricette tramandate, di aromi che evocano ricordi lontani e di storie di tavole imbandite tra Venezia e Palermo. La loro unione nasce dall’amore per la cucina come poesia, un viaggio tra le cucine veneta e siciliana, dove la tradizione si trasforma in un’opera d’arte comica e passionale.
In questa sinfonia di sapori e risate, Manola e Francesco dipingono un quadro irresistibile di allegria e desiderio, un racconto ricco di emozioni, che celebra il potere del cibo di unire mondi diversi in un abbraccio eterno. Un libro che è un inno alla passione, all’ironia e al piacere di condividere il dono più prezioso: il buon cibo, narrato con il cuore di due anime destinate a incontrarsi nel segreto di una cucina magica.
Testo di Placa Manola: Immagina un abbraccio avvolgente tra il sole caldo del Mediterraneo e il cuore pulsante di un’isola che sa coccolare i sensi: la Sicilia. La sua cucina non è soltanto un insieme di piatti, ma una poesia di aromi, colori e passione, un inno alla vita stessa. Qui, il cibo diventa un gesto d’amore, un tocco di sensualità che si scioglie sulla lingua, un sussurro di ricordi antichi e desideri mai sopiti. Le sue pietanze sono come carezze, fatte di ingredienti semplici ma infuocati di autenticità: pomodori maturati al sole, basilico fresco che profuma di sogni, arance dolci come baci rubati sotto il sole cocente. La pasta, quella regina incontrastata, si avvolge come un vestito di seta intorno ai palati più esigenti, pronta a svelare segreti nascosti in ogni morso. E chi può resistere al fascino irresistibile di una granita di limone, fresca e acida come un sorriso malizioso, o a un cannolo croccante, ripieno di ricotta dolce come un sussurro all’orecchio? La cucina siciliana è un ballo di sensualità e ironia, un gioco di sguardi tra il passato e il presente, tra il gusto e il desiderio. È un’arte che invita a lasciarsi andare, a perdere il controllo tra le braccia di sapori che incendiano il cuore e risvegliano i sensi. La cucina veneta: un viaggio sensuale tra sapori che sussurrano storie antiche e profumi che sfiorano l’anima. Immagina un risotto al nero di seppia, cremoso come un bacio rubato sotto il cielo di Venezia, dove il mare si mescola con il cuore e le mani sapienti dei nostri nonni. Le delicate sfoglie di bigoli sono come un abbraccio caldo, avvolgente, che ti invita a lasciarti andare, a perderti tra i profumi di spezie e aromi che raccontano di tradizione e passione. E non possiamo dimenticare il famoso baccalà mantecato: morbido, vellutato, quasi un gioco di seduzione tra il mare e la terra, dove ogni morso è un gesto d’amore, un sussurro di ricordi e desideri. La polenta, rustica e avvolgente, è quella compagna fedele, capace di riscaldare il cuore e il corpo, mentre il prosecco, leggero cucina veneta è un’ode alla sensualità semplice e autentica, un’arte di sedurre i sensi con ingredienti umili ma pieni di sentimento. È come un sorriso malizioso, un invito a lasciarsi andare, a scoprire che il vero piacere si cela nelle piccole cose: un perfetto equilibrio tra tradizione, ironia e passione. Perché, alla fine, mangiare veneto è un atto d’amore, un gesto di cuore che nutre non solo il corpo, ma anche l’anima.
Testo di Francesco Rizzuto: Mangiare, a Palermo, è un dovere, non mangiare è un peccato, un peccato mortale, non hai finito la teglia di pasta al forno? Brucerai all’inferno, perchè il palermitano da sempre segue letteralmente ciò che è scritto nel Vangelo e in particolare “non di solo pane vive l’uomo”... ma anche di: pasta chi sardi, pasta o furnu, vavaluc, sfinciuni, quarume, frittola, stigghiola, puippu, pullanca. Solo pane gonfia...
Un altro passaggio del Vangelo che il palermitano porta sempre nel suo cuore è: “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un inappetente nel regno dei cieli”. C’è solo un episodio raccontato nelle sacre scritture che il palermitano non riesce a capire, che non può accettare, che non vuole proprio sentire, tanto che è stato eliminato dai vangeli siciliani, e i pochi parroci sciagurati che ne fanno menzione, vengono allontanati dalla comunità: Gesù, dopo aver ricevuto il battesimo nel Giordano va nel deserto e digiuna 40 giorni. Il digiuno dopo il battesimo? ma non ci crede nessuno...è impossibile! Qualcuno, ironizzando, sostiene che a Palermo la dieta è quel tempo che intercorre tra un pasto e l’altro, dura 20 minuti, praticamente il tempo di riapparecchiare. In realtà, a Palermo, anzi in tutta la Sicilia, c’è una dieta che si segue religiosamente, ed è quella a zona: a Trapani u panino cunzatu. A Catania i cacuocciuli vugghiuti.