Il progettista e il militare
Nell’immaginario collettivo degli italiani Umberto Nobile è rimasto l’eroico conquistatore del Polo Nord che ha legato il suo nome alla tragica vicenda del dirigibile Italia e della “tenda rossa” che tra il maggio e luglio del 1928 ha tenuto in apprensione l’intero Paese.
Nato a Lauro (Avellino) da genitori ebolitani – Vincenzo Nicolò Francesco Nobile delle Piane e Maria La Torraca – Umberto Nobile (1885-1978) è stato ingegnere industriale meccanico specializzato nello studio e costruzione dei dirigibili, poi entrato nel Corpo Ingegneri della Regia Aeronautica con il grado di Tenente Colonnello. Viene annoverato tra i più importanti inventori e progettisti italiani del XX secolo e una delle personalità più rappresentative della storia dell’Aeronautica italiana.
Docente di Costruzioni aeronautiche presso l’Università “Federico II” di Napoli per oltre trent’anni, nonché direttore dello Stabilimento militare di costruzioni aeronautiche di Roma dal 1919 al 1927, ha conseguito il grado di Generale del Corpo del Genio aeronautico.
Nobile progettò anche tre diversi tipi di paracadute tra cui anche un esemplare “collettivo” che consentiva il lancio dell’intero equipaggio di un pallone aerostatico. Ancora: con l’ingegnere Gianni Caproni lavorò alla costruzione del primo aeroplano metallico italiano – sigla Ca 73 – e sviluppò il progetto del dirigibile Roma destinato all’esercito statunitense.
Il dirigibile Norge
I primi segnali della presenza di Roald Amundsen nella vita di Nobile risalgono al 1925. Il loro sodalizio, tuttavia, si consolida a partire dal 1926, allorché l’Aeroclub di Norvegia commissiona all’ingegnere italiano la progettazione e la costruzione del dirigibile Norge con l’intento di raggiungere per primi il Polo Nord, facendo seguito a un tentativo di trasvolata con idrovolanti di alcuni anni prima. Amundsen, che aveva già al suo attivo la conquista del Polo Sud (14 dicembre 1911), invita Nobile a far parte della spedizione.
Va rilevato che gli statunitensi Frederick Cook (1908) e Robert Peary, avevano rivendicato di aver già raggiunto in precedenza il Polo Nord, rispettivamente nel 1908 e nel 1909.
Il Norge decolla da Ciampino il 10 aprile 1926 e perviene alla verticale del Polo Nord il 12 maggio dopo diverse tappe intermedie.
Il rapporto di collaborazione instauratosi tra Nobile e Amundsen viene però turbato dai riscontri successivi all’impresa: il norvegese attirò su di sé gran parte delle attenzioni rispetto al quasi sconosciuto Nobile e i suoi connazionali accamparono per loro il merito di essere stati gli ideatori e gli acquirenti del dirigibile.
Il dirigibile “Italia”
L’esplorazione dell’Artico con il dirigibile norvegese entusiasma Nobile che pensa a una seconda spedizione, questa volta organizzata da lui stesso e con un dirigibile di sua progettazione denominato Italia. L’obiettivo è quello di viaggiare su rotte inesplorate cercando di atterrare sui ghiacci del Polo Nord al fine di eseguire rilevazioni scientifiche.
Si parte da Roma-Ciampino il 19 marzo 1928 diretti a Milano: lungo il tragitto si effettuano prove di discesa e ancoraggio, quasi un rodaggio per il lungo viaggio da affrontare.
Riprende il volo il 15 aprile dall’aeroporto di Baggio del capoluogo lombardo e atterra alle Isole Svalbard da dove il 23 punta in direzione Polo Nord sulla cui verticale giunge poco dopo la mezzanotte.
Le pessime condizioni atmosferiche impediscono l’atterraggio: dopo circa due ore di osservazioni dall’alto si decide di rientrare alle Svalbard.
La tenda rossa
La tragedia non tarda a concretizzarsi. Alle 10.30 del 24 maggio l’Italia perde improvvisamente quota e si schianta sul pack del Mar Glaciale Artico per cause rimaste sconosciute: le isole Svalbard distano circa 100 km. La cabina di comando s’incastra nel ghiaccio con al suo interno dieci uomini e lo stesso Nobile; il resto del dirigibile, più leggero, riprende quota e si allontana per sempre portando con sé altri sei membri dell’equipaggio di cui non si conoscerà mai la sorte. Il comandante è ferito a un braccio e a una gamba ma trova coraggio ed energie per affrontare l’avversità delle rigide condizioni ambientali. In uno slancio conclusivo di eroico altruismo i compagni d’avventura prima di perdersi nel nulla lanciano una scorta di cibo, una radio modello Ondina 33 e una tenda rossa, così verniciata perché fosse visibile sull’immacolata e sterminata superficie di ghiaccio.
I continui e disperati tentativi di farsi ascoltare e intercettare dalla nave appoggio “Città di Milano”, lanciando segnali radio, risultano vani. È, invece, un giovane radioamatore russo a captare l’SOS: si organizza una spedizione di soccorso internazionale. Il 19 giugno il Tenente Colonnello Umberto Maddalena, con un idrovolante SM55, localizza la tenda rossa ma non può atterrare. Ci riesce il tenente svedese Einar Lundborg, cinque giorni dopo a bordo di un Fokker, portando in salvo per primo Umberto Nobile.
Le operazioni di salvataggio si concludono il 12 luglio 1928 con il recupero di tutti i superstiti a opera dell’equipaggio del rompighiaccio Krassin.
L’altruismo di Amundsen
Saranno otto vittime tra i componenti l’equipaggio del dirigibile, il tenente Lundborg deceduto nel viaggio di ritorno verso la tenda rossa dopo aver portato in salvo Nobile e lo stesso Arold Amundsen.
L’esploratore norvegese, superando le polemiche che avevano fatto seguito all’impresa del Norge, si era generosamente messo alla ricerca dei dispersi ma scomparve nelle acque del Mare di Barents a con l’idrovolante francese Lathan 47. Alcuni mesi più tardi, piccole parti dell’aeroplano furono ritrovate a nord delle coste della Norvegia, ma non il suo corpo.
Accuse e contrasti prima e dopo
Le vicende legate al dirigibile Italia e, soprattutto, quelle del periodo della tenda rossa, costarono a Nobile una serie di accuse che ne offuscarono l’immagine di uomo e di scienziato. L’addebito più ricorrente fu di aver lasciato per primo la tenda rossa, abbandonando i colleghi al loro destino.
Già prima della missione con il dirigibile Italia, però, ebbe a confrontarsi duramente con i vertici dell’Aeronautica militare, in particolare con il sottosegretario di Stato per l’Aeronautica Italo Balbo, piuttosto scettico sull’opportunità di investire in dirigibili ritenuti piuttosto fragili per l’impiego in operazioni di guerra, e favorevole ai più affidabili e resistenti aeroplani. Si giunse finanche a sollevare pesanti perplessità sulle reali capacità di pilota di Nobile che riuscì, tuttavia, a ottenere per la spedizione all’Artico la disponibilità dell’Italia, alle condizioni che si svolgesse sotto l’egida e la gestione della Reale Società Geografica Italiana.