Analisi critica di una poesia che ci parla di futuro: “Sul muro grafito “ di Eugenio Montale

Montale è poeta del “male di vivere” che spesso ci attanaglia e la cui cura è costituita forse davvero dalla “divina indifferenza” come lo stesso poeta ebbe a suggerire nella sua celebre lirica Spesso il male di vivere… Nella lirica che segue abbiamo trovato molti degli elementi che caratterizzano la sua produzione poetica, una delle più significative del 900.
Sul muro grafito

Sul muro grafito
che adombra i sedili rari
l'arco del cielo appare
finito.
Chi si ricorda più del fuoco ch'arse
impetuoso
nelle vene del mondo; in un riposo
freddo le forme, opache, sono sparse.

Rivedrò domani le banchine
se la muraglia e l'usata strada
nel futuro che s'apre le mattine
sono ancorate come barche in rada.


Nella breve lirica Sul muro grafito contenuta nella raccolta Ossi di seppia torna, come correlativo oggettivo, già noto ad esempio nella famosa poesia Meriggiare pallido e assorto, il muro, chiamato qui “muraglia” ad accentuarne la funzione di ostacolo, di chiusura nemica, quasi un dispregiativo del sostantivo muro.
Ci suggerisce dunque il senso del contrasto, della guerra, della minaccia. È un muro che si presenta inciso, graffiato, scarificato: forse intenzionalmente o forse solo per spregio. In qualunque modo crea la suggestione di un muro “umanizzato” a simbolo del tentativo di superare quel muro, renderlo assoggettato a sé o cercare di dimostrare la propria capacità di trasformarlo: esso può dunque diventare correlativo anche dell’animo umano, delle sue ferite e incisioni lasciate dal tempo e dagli eventi. Quel muro è il tentativo puerile di superare certe situazioni di angoscia e limitatezza che Montale ha ben delineato nella sua poetica.
Al riparo del muro, qualche rara panca e al di sopra di esso, l’arco del cielo che appare limitato, come lo è tutto al di sotto come una chiusura ancora anche all’idea dell’eterno e dell’infinito che il cielo dovrebbe rappresentare.
La negatività di questi primi versi si accentua nel grido, esclamazione /domanda di quando era animato lui e il mondo intorno dalla passione, dalla voglia di vita che si è spenta oramai e la prospettiva prossima, il futuro, è solo quella della quiete spenta ed incolore delle cose e del suo sentire senza più vitalità ed ecco perché l’arco del cielo pare finito. Esso stesso era simbolo di speranza, di futuro, di orizzonte lontano: “era” ma non lo è più.
Il futuro(domani) sarà la ripresa stanca delle abitudini: e come le banchine del porto dove si caricano e scaricano merci e sostano i passeggeri egli sarà lì seduto, “ancorato” come le barche in rada: fatte per viaggiare ma ora obbligate all’immobilità: anche Montale, ostacolato dal muro è destinato a sostare, restando seduto, ad osservare la vita senza viverla davvero.

Il muro dunque come già nella lirica “Limen” o limite potrebbe anche significare soglia e dunque, passaggio ma in Montale la ricerca di una via di fuga o di scavalcamento o aggiramento del muro è fallimentare a meno che uno sbaglio di natura come dirà nella lirica “i limoni” ci permetterà di trovare una “maglia rotta” ma sarà solo un’epifania perché come poi dirà in Non chiederci parola, l’ombra sul muro ci riporta al senso negativo, fors’anche di morte, del muro che ci limita.

Posted

06 Jan 2025

Critica letteraria


Gabriella Paci



Foto dal web





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