Dal pane e vino alla spesa della domenica

Il sacro e il profano oggi

Immaginiamo per un momento una domenica medievale: il suono profondo delle campane risuona nell'aria immobile di un piccolo villaggio. Gli abitanti lasciano i campi e le botteghe, indossano i loro abiti migliori e si dirigono verso la chiesa, il cuore pulsante della comunità. Dentro, la luce filtra dalle vetrate colorate, dipingendo il pavimento di pietra con ombre vive di santi e scene sacre. Il sacerdote officia la messa in latino, una lingua che molti non compren-dono ma che percepiscono come sacra, misteriosa. Ogni gesto, ogni parola e ogni simbolo – il pane, il vino, l’altare – non è solo un atto religioso, ma il riflesso visibile di una realtà invisibile, di una conà-nessione profonda tra cielo e terra, tra umano e divino. In quel momento, il sacro permea ogni aspetto della vita: non c’è confine tra fede, rituale e quotidianità.


Oggi, quella domenica medievale sembra un lontano ricordo. Il tempo scandito dal sacro è stato sostituito da un ritmo incessante e mondano, dove le campane delle chiese sono state soppiantate dagli altoparlanti dei centri commerciali. Gli antichi riti, con il loro linguaggio simbolico e le loro promesse di significato, hanno lasciato spazio a nuovi rituali, spesso più banali, ma ugualmente collettivi: il consumo, l'intrattenimento, la connessione digitale. Eppure, una domanda si impone: quel bisogno umano di sacralità, così centrale nelle società tradizionali, è davvero scomparso? Oppure si è trasformato, trovando nuove forme e nuovi simboli per esprimersi?
È qui che il pensiero di Carl Gustav Jung ci offre una chiave di lettura illuminante. Per Jung, il sacro non è un semplice elemento culturale, né una prerogativa delle religioni istituzionalizzate: è una dimensione archetipica, universale, che appartiene all'inconscio collettivo dell'umanità. I simboli religiosi, come quelli presenti nella messa, non sono meri ornamenti, ma rappresentazioni profonde di dinamiche psichiche: la trasformazione, l’unione degli opposti, la ricerca di un senso che trascenda l’ordinario. Anche quando la religione sembra perdere la sua presa sulla società, il bisogno di simboli e riti non scompare; piuttosto, si sposta, si adatta, trovando nuove manifestazioni.

Per Jung, la messa cattolica è uno dei riti che meglio esemplifica il processo di trasformazione interiore dell’essere umano. Nel sacrificio eucaristico – il momento in cui il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e sangue di Cristo – Jung vede un simbolo di morte e rinascita, un archetipo universale che rappresenta la morte dell’ego e la rinascita spirituale. Questo processo, che rispecchia l’opera alchemica, è al centro del viaggio di individuazione: l’unione degli opposti, il raggiungimento di un’unità più alta attraverso la trasformazione.





Con il declino della religione tradizionale in molte società occidentali, i grandi rituali collettivi – come la messa – hanno perso il loro ruolo centrale. Non viviamo più in un mondo in cui il sacro permea ogni aspetto della vita, ma in una società sempre più desacralizzata, dove il "tempo sacro" è stato sostituito da un tempo profano, lineare, scandito dalla produttività e dal consumo.
Tuttavia, il bisogno di rituali non è scomparso: si è trasformato. Nuovi rituali sono emersi, spesso privi della profondità simbolica dei riti tradizionali ma comunque funzionali a creare un senso di appartenenza o ordine. Pensiamo, per esempio, alla domenica al centro commerciale, un’esperienza quasi liturgica, dove il consumatore si immerge in uno spazio progettato per appagare i sensi e creare un’effimera sensazione di benessere. Oppure al rituale della condivisione sui social media, dove l’"offerta" non è più il pane e il vino, ma l’immagine perfetta di sé, presentata a un pubblico che funge da congregazione.
Questi nuovi “riti” sembrano rispondere, almeno superficialmente, al bisogno umano di connessione, appartenenza e ordine simbolico. Ma, a differenza dei riti sacri, spesso mancano della capacità trasformativa che Jung attribuiva ai simboli religiosi. Il loro potere è più temporaneo e superficiale, incapace di offrire una vera integrazione tra conscio e inconscio, tra spirito e materia.

Eppure, il sacro non è scomparso del tutto. Si manifesta, anche se in modi più frammentati, in momenti di autenticità e raccoglimento che spesso sfuggono alle strutture tradizionali. La sacralità può emergere in un tramonto, nell’ascolto di un brano musicale, nella connessione profonda con un’altra persona. Anche la creatività – l’arte, la scrittura, la danza – può essere vista come una forma di rito sacro, un momento in cui l’individuo si apre al mistero e alla trasformazione.
C’è chi riscopre il sacro nella natura, percependo una connessione spirituale con la terra e i suoi cicli. Oppure nei gesti di cura verso gli altri, che diventano un atto di comunione profonda. Questi piccoli frammenti di sacralità, sebbene lontani dai rituali strutturati del passato, dimostrano che il bisogno di trascendenza e significato è ancora vivo.

Posted

29 Jan 2025

Attualità e tendenze


Nadia Laccetti



Foto dal web





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