Sepoltura

(Sancino Elisabetta)


Inverno,
e non ho bisogno di niente.
L'urgenza di giungere a compimento,
quella brama di crude gemme,
di api in volo dall'erica al sole,
tutto rimandato,
perché ora è inverno.
E per ogni alba di ghiaccio,
ogni taglio sulle mani che si spaccano,
ogni nebbia che s'insinua sotto le costole,
per il pauroso silenzio dei pomeriggi
infestati di spettri,
per il cupo canto del gufo
per ogni feroce raffica di tempesta
io ti ringrazio, Dio,
perché ci sono
e posso seguitare a piangere
cercare di dare un senso agli incubi che mi ridestano
e poi decidere di dimenticare i morsi ai polpacci,
i piedi che incessantemente bruciano
per scalpitare indomita sulla terra nuda
che per ora non m'inghiotte,
avida
come da oggi ha inghiottito il suo viso.