Quell'anno, all'Epifania
Quell’anno sarebbe stata la volta buona, Maria lo sapeva. Ormai era grande, aveva quasi dieci anni e, di sicuro, ce l’avrebbe fatta a restare sveglia per tutta la notte, di sicuro avrebbe potuto vedere. Lei ci credeva e, perciò, il miracolo non avrebbe potuto non verificarsi: l’indomani, tra il 5 e il 6 Gennaio 1958, allo scoccare della mezzanotte, avrebbe finalmente potuto vedere i muri trasformati in ricotta e, chissà, forse anche assaggiarla. O forse no. Forse, sarebbe stato meglio rispettare i consigli della mamma e non provocare il destino, per non compromettere tutto, come avevano fatto quegli amici dei nonni tanti anni prima. Era la vigilia di una Befana dei primi anni del 1900. Non avendo acqua in casa e data l’ora tarda, Ciccio si era offerto di pensare lui a farne provvista alla fontana della piazza. Attardatosi a parlare con un amico che rincasava, si affrettò poi a salutarlo per andare a riempire i due pesanti secchi in rame. In quel momento, l’orologio del campanile suonava la mezzanotte. A mezzanotte e dieci, la moglie se lo vide arrivare ansante, come spiritato, con i due secchi traboccanti di un liquido dorato. “Guarda! Dalla fontana della piazza, invece che acqua, viene fuori olio..-”, disse l’uomo. In un tacito accordo di movimenti furtivi, in un’aria che sembrava immobile, rarefatta,in una luce troppo intensa per essere notte, la coppia incominciò a correre lungo il tragitto casa- fontana, fontana- casa per riempire tutti i recipienti in suo possesso. In meno di un’ora, i due avevano fatto la provvista per un bel po’ di anni, avevano riempito persino tazze e bicchieri e… la fontana continuava a rigurgitare olio. “Uffa, sono distrutto! Ma quanto olio ci sarà ancora… non si esaurisce mai...”, si lagnò Ciccio, ansante e sudato, malgrado la stagione invernale e l’ora notturna. Non avesse mai pronunciato quelle parole: un vento gelido gli portò via il basco di lana, la luna tornò a splendere di una luce riposante, la fontana riprese la solidità del suo antico aspetto e tutto quel liquido freneticamente accumulato perse il prezioso colore dorato e si trasformò in comunissima, limpida acqua. L’incanto era finito e l’uomo, senz’altro per stanchezza, forse per quella mancanza d’ingordigia che caratterizza chi è abituato a vivere di poco, non ne aveva saputo approfittare. Fu per questo che Maria, ubbidiente come mai, andò a letto presto quella sera e chiuse subito gli occhi, come se stesse dormendo. Il tempo sembrava non passare mai. Sentì il padre prima, la madre poi mettersi a letto, per la differente consistenza dei passi e per lo scrocchiare dei materassi gonfi di crine; sentì l’oscurità penetrarle le palpebre serrate; sentì dieci rintocchi e, di tanto in tanto, qualche voce lontana e calpestii sulla strada; sentì undici rintocchi e ancora voci soffuse, il rumore di qualche carrozza, il passo deciso dei cavalli. Sentì altri rintocchi e sapeva che questa volta sarebbero stati dodici, e a ognuno di essi le corrispondeva un’esplosione nel petto, così forte che perforava le coperte e le giungeva, netta, alle orecchie. Ora poteva aprire gli occhi e volgerli verso la parete. Li sgranò, poi li ridusse in strettissime fessure, poi tornò a sgranarli, ed allora…Le sembrò che il muro fosse diventato più bianco e come poroso; le sembrò, addirittura, di percepire quel calore e quel buon odore che le solleticavano le narici tutte le volte in cui il papà, assieme al pane appena sfornato, portava la ricotta avvolta nel giunco, ancora fumante, comprata dai quotidiani ambulanti silani. La tentazione di tendere la mano e verificare la consistenza del muro era grande, più grande ancora quella di assaggiarne un po’. Eppure resistette. Sapeva che, se l’avesse fatto, tutto sarebbe svanito. Rimase allora immobile, nella piacevole sensazione che ogni poro della sua pelle si stesse inebriando di quel magico alimento, nella convinzione di assistere, lei, prescelta, a qualcosa di grande. Poi l’alba, le prime voci ancora impastate dal sonno, gli ancora poco disinvolti passi dei cavalli, il rantuntan delle ruote dei carri sulla strada irregolarmente ciottolata. I primi raggi di luce filtrarono attraverso le vecchie imposte e andarono a colpire sfacciatamente la parete, rivelando le crepe dell’intonaco. Ma a Maria bastava e , solo allora, sprofondò in un sonno tranquillo, cullata dal russare ritmato della mamma e del papà.
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