Fame di qualcosa di più
Isomorfi attimi sognati ma nascosti anche al signore si fissano al di sopra delle palpebre in un lapalissiano sentire che ai più è vicino, ora capisco che lo stormire degli alberelli e le favole che fanno capolino nei ruscelli non sazia certe voglie. Capisco l’arrivismo e il perbenismo, ma a tutto preferisco il cinico e tondeggiante suono della verità vomitata con insofferenza sui muri della città. Tra le menti e i corpi l'ignoranza regna e segna; mani e rubicondi visi grotteschi che gozzovigliano, la cecità loro masticando il magro pasto dell'amarezza.
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