Il Sole e la Luna
Sono nato sopra la foglia di un prugnolo, quando aprii gli occhi mi accorsi di avere intorno a me quaranta o forse cinquanta fratelli, tutti pronti a divorare ciò che di verde avrebbero trovato al loro passaggio. Si, ero un bruco, mi chiamavo e mi chiamo ancora Romualdo. Sin da piccolo ho visto le cose sempre un po' diversamente dagli altri ed è per questo che, spesso e volentieri, mi allontanavo da tutti e salivo su in cima, dove le foglie erano più saporite, forse perché baciate quasi sempre dal sole e accarezzate dai tanti venti che arrivavano, puntuali ogni pomeriggio, sulla collina. Mangiavo molto lentamente le mie foglie, perché venivo distratto spesso dal paesaggio che ammiravo da lassù. Ecco! Forse le foglie sembravano più buone anche perché al gusto si associava la vista di quel panorama. Tra un morso e l'altro mi gustavo lo splendore di un albero dal colore diverso. Avrei voluto provarli tutti, ma sentii dagli altri che era molto pericoloso spostarsi di così tanto, prima o poi avrei capito il perché... Dicevano che non avremmo potuto allontanarci fino al giorno del Grande Cambiamento. Beh! Nessuno sapeva nemmeno da dove fossimo venuti, figuriamoci se avessero potuto rispondermi sulla sorte nostra. Decisi, nonostante le varie considerazioni, di cambiare albero. Ero veramente stanco delle solite foglie, anche se buonissime. Salii in cima al pruno e cominciai ad osservare per scegliere la mia nuova dimora. All'improvviso giunsero, tre germogli più in là, sul mio medesimo ramo, due uccellacci neri che cominciarono ad infilare i loro becchi gialli nella polpa ancora acerba dei piccoli frutti. Dopo due o tre colpi, uno dei due disse: ”Andiamo laggiù, le mele sono più mature e poi ci sono, su quegli alberi, tantissimi insetti da poter variare, così, il nostro pasto giornaliero”. Non so cosa mi è parso per la testa e, senza farmi notare, mi avvicinai il più possibile a loro e scorsi, attorcigliato ad una delle zampe di uno dei due volatili, un filamento nero, come una piccola fune. Avevo deciso, si! Appena quegli uccelli si innalzarono in volo, mi aggrappai a quel filo restando sospeso, fortunatamente per breve tempo. Atterrarono poco dopo su un ramo di un melo, -mamma che profumo!-. Ero al settimo cielo; ripensai alle parole degli altri bruchi, per poi rimuoverle in fretta dopo alcuni secondi, per la gioia della mia piccola avventura. Cominciai subito a rosicchiare la mia foglia giornaliera, particolarmente dolce, facendolo di fretta per la curiosità di esplorare quel nuovo posto. Solo dopo pochi bocconi ero già in giro tra i rami della mia recente residenza . Gran parte della corteccia era picchiettata da tante gocce di una resina mielosa, che fatica fare anche una semplice passeggiata! Già la mia andatura non era delle migliori, poi mi si incollava una zampetta o mi si appiccicava qualche pelo. Mi agitai e, al primo ramo sulla destra, svoltai per ripulirmi e riposare dalla fatica di quello slalom. Mi era venuta fame e fui tentato da un germoglio color pistacchio, proprio in fondo a quel sottile ramoscello. Per fortuna il tragitto era meno tortuoso della precedente gita ed i miei occhi non erano mai tanto stanchi da non guardare quello che mi succedeva intorno. Notai che il mio germoglio, o meglio, quello che avevo scelto come mio pasto, si muoveva, eppure non c'era vento, stranamente quel giorno. Peccato! Capii che era oramai occupato e ne scelsi un altro proprio lì accanto. Era meno bello, ma aveva comunque un buon sapore. Intanto l'altro ospite si era già saziato e si fermò sulla punta del germoglio ad osser- varmi. Dopo un po' i suoi occhi mi erano diventati abbastanza pesanti addosso e decisi di interrompere quell'insistente sguardo dicendo:”Ci conosciamo?”. - Assolutamente no!- rispose una dolce vocina. Era una simpatica bruchetta, molto colorata, ma meno pelosa di me. - Non ho mai visto tipi come te su quest'albero! - aggiunse. - Certo! Sono appena arrivato! - le risposi. E lei:”Vuoi dirmi che sei appena venuto al mondo?”. -No, mi ha trasportato un merlaccio su una sua zampa,- dissi. Lei rise e mi rispose: ”Sei simpatico! Ed hai tanta fantasia!”. -Ma è vero!- esclamai. E lei sorridendo:”Si, magari arrivi dal prugnolo lassù!”. Non insistetti, ma intrapresi con lei una piacevole conversazione. Il suo nome era Cleope. Anche lei non sapeva come fosse arrivata là, però era tra i pochi sopravvissuti, scampata agli uccellacci e agli eserciti di formiche rosse che sfrecciavano tra le fronde Ci promettemmo che ci saremmo difesi l'un l'altra e avremmo atteso insieme il Grande Cambiamento. Tra le altre cose lei mi disse che sarebbe stata una bella novità per noi. Diceva che avremmo messo le ali. A questo proposito le dissi:”Certo che anche tu non scherzi con la fantasia!”. Mi guardò sorpresa e forse, non gliel'ho mai chiesto, capì che la storia del mio arrivo celava un velo di verità. La mattina ci svegliavamo molto presto per goderci il chiarore roseo del sorgere del sole, poi ammirare lo schiudersi dei piccoli fiori di camomilla e notare le gote sempre più rosse delle piccole mele. Ad arrivare a sera eravamo veramente molto stanchi. Riposavamo come fossimo una cosa sola, di solito sul dorso di una foglia, sotto la flebile luce lunare. Ma un pomeriggio Cleope era sfinita in particolar modo. -Cosa ti succede?- le chiesi. E lei:”Non so Romualdo! Ho sonno, tanto sonno, non mi sento più le zampette. Ho bisogno di accovacciarmi qui, tra queste due foglie”. Ed io:”Ma come Cleope, non aspettiamo il tramonto insieme quest'oggi?”. Non mi rispose. Tentai invano di scrollarla, ma non si svegliò, neanche il giorno successivo. Mi mancava già! Rimasi lì a guardarla, era pallida e una patina biancastra le aveva coperto il viso. Con la tristezza nel cuore provai ad allontanarmi, ma due delle mie zampe rimasero impigliate nella resina. Cercai di liberarmi, rimanendo sospeso a testa in giù dal ramo. Immediatamente giunse un gruppo di formiche per fare di me la loro cena. Mi dimenai più forte che potevo, cadendo sopra un letto di foglie, addormentandomi all'istante per la botta presa nel ruzzolone. La mattina seguente aprendo gli occhi pensai di ritornare dalla mia dolce bruchetta, di sopra. Avevo fatto male i conti con la sorte e anche se la testa funzionava perfettamente, il mio corpo non rispondeva assolutamente. I miei timori erano molti e mi stavano ango- sciando: il ritorno delle affamate formiche, non rivedere più Cleope e mi tornò in mente la storia del Grande Cambiamento. Pensai:”Sarà forse arrivato il momento? Più che un cambiamento sembra una tortura! E mi esce della poltiglia dalla bocca! Cosa mi sta succedendo?”. Piano piano anche la ragione mi stava abbandonando, sentivo però sul mio viscido corpo morbidi filamenti che lo stavano ricoprendo. Poi null'altro. Ero caduto in un sonno profondo; non ricordavo neanche di aver sognato. Dopo qualche tempo si svegliò prima la mia mente; sentivo tanto caldo, ma non riuscivo a compiere alcun movimento. Successivamente si mossero le zampe; mi accorsi che ero rinchiuso in qualche cosa, ma volli col senno contarle. Ricordavo di avere dodici zampette in passato, ma riuscii a sentirne soltanto sei. Il mio involucro cominciò a starmi davvero stretto e iniziai a spingere con la schiena, fino a sentire il calore delicato del sole. Mi venne in mente quel tepore; era il tramonto. Ricordai subito Cleope e mi sforzai a venire allo scoperto in fretta per andar da lei. Ero ancora mezzo intontito, ma venuto totalmente fuori dal mio guscio, scorsi lievemente dei notevoli cambiamenti in me. I comandi che partivano dalla mia testa erano differenti da prima. Le mie spalle sembravano leggere, pur sentendo il peso di alcune escrescenze spuntatevi sopra e, con un improvviso vibrare, mi ritrovai in aria. Erano ali e stavo volando. Il mio stupore e la mia gioia travolsero la voglia di scrutarmi meglio. Volai su per raggiunger Cleope un po' a fatica, perché tutta quella luce mi stava accecando e non ne capivo il motivo. Pareva di essere in un altro posto; era tutto così diverso; c'erano tanti fiori e pochissime foglie. Ricordavo perfettamente dove la bella bruchetta si era addormentata. In effetti c'era il suo bozzolo, così mi dissero successivamente che si chiamava, aperto e completamente vuoto. Mi guardai intorno, ma non la notai, o meglio non riuscii a vederla bene, dato il troppo chiarore del giorno pur essendo giunto il tramonto. Lei era là, immersa tra i fiori, le sue candide ali si confondevano con i petali dalle rosee sfumature e con delicati puntini rossicci. Fu Cleope per prima a farsi trovare. Mi guardò, come al solito, con insistenza; il suo carico sguardo su di me, ora dico che non era assolutamente fastidioso come la prima volta, anzi era così ammaliante che volli raggiungerla in fretta, il più vicino possibile. Le dissi:” Cleope!”. Sorrise e rispose:”Si, sono io! Ma non mi dire che sei.... Romualdo!”. - Si, - aggiunsi. Cominciò a volarmi intorno gioiosa, poi mi venne contro a gran velocità e mi fece cadere. Ridemmo per molto tempo. -Sei riuscito a vederti? Riflesso da qualche parte intendo! - mi chiese. - No! - le risposi. Cleope aggiunse:”Dai cerchiamo qualcosa dove specchiarci!”. A poche fronde da noi c'era una foglia colma d'acqua. Ci avvicinammo impazienti di conoscerci, ma adagio per eventuali sorprese. Ed infatti! I nostri volti, improvvisamente, divennero seri. Io e Cleope, uno vicino all'altra, ci accorgemmo di essere enormemente diversi. Sì, eravamo diventati due farfalle; Cleope, una fantastica creatura diurna ed io, purtroppo, ero una falena. Sì, una grigissima farfalla notturna. L'ho capito quando, oltre alle evidenti differenze, tramontato il sole, Cleope volle fermarsi e riposare; invece io ero tanto sveglio. I miei occhi non erano più infastiditi, data l'assenza di luce. Vedevo ogni cosa perfettamente e avevo tanta voglia di volare. Ma Cleope invece... La chiamai:”Dai! Svegliati! Andiamo!”. Chiuse gli occhi e mi salutò dicendo:”Ci vediamo domattina!”. Non ci rendevamo ancora conto di quello che ci stava accadendo e sarebbe accaduto. Rimasi sveglio tutta la notte, durante la quale capii che le foglie non mi attraevano più e sentivo odori piacevolissimi provenienti da ogni parte, prima di tutto dagli stessi fiori dell'albero sul quale mi trovavo. Mi avvicinai e iniziai a succhiare il nettare del melo. Poi scesi in volo e assaggiai ogni sorta di liquido zuccherino che i fiori degli altri alberi mi offrivano. Tornai, sazio, dove si era addormentata la mia bella, attendendo il suo risveglio. All'orizzonte spuntò una lieve luce, l'aurora, mai stata così splendida e non ancora molesta per la mia vista. Cleope si mosse e ne approfittai per accelerare la sua ripresa. La chiamai a voce alta:” Cleope! Tirati sù! Devo parlarti! E lei:” Un attimo solo! Sono nata da poche ore e ho tanta fame arretrata! Potremmo rimandare la conversazione tra qualche minuto?”. Assolutamente no, vieni, ascolta! Fra un po' verrà sonno a me, mentre tu avrai voglia di volare, mangiare, curiosare!...animatamente le dissi. Lei un po' adirata gridò:” Ferma, ferma! Che stai dicendo? Per caso il tuo involucro si è staccato dal ramo e hai battuto la testa!?”. No, Cleope! No! La nostra diversità è anche in questo! Io vivo di notte e dormo di giorno; tu, al contrario, vivi di giorno e dormi di notte!, la corressi. Cleope non capiva, o meglio, non voleva capire. Le crollò il suo mondo addosso quando comprese bene la situazione. Io aggiunsi:” Ascolta mia bella, gli unici momenti, d'ora in poi, in cui potremo vederci, sono l'alba e il tramonto”. Dopo aver finalmente convinto la pigra farfalla, la stanchezza mi travolse accompagnata dalla luce irritante del sole. Lei, perplessa, mi salutò dicendomi:” Ci..ci vediamo al tramonto”. Abbassai le antenne e caddi in un sonno profondo. Il mio primo risveglio da falena fu bellissimo, perché trovai Cleope ad aspettarmi con il suo viso sul mio. Il chiarore del giorno stava lentamente diminuendo, e lei disse a gran fretta:” Ciao Romualdo, voglio gioire con te, subito! Alzati! Voliamo! Usiamo questi minuti per stare insieme il più possibile”. Non desideravo altro. Fu straordinario il primo volo con lei. Le chiesi dei suoi momenti passati da sola. Lei disse soltanto:” E' adesso il mio momento! E' il nostro! Ogni giorno l'aspettavo e così lei con me. Quegli attimi sembravano un'eternità. La vita aveva messo le nostre esistenze faccia a faccia con il destino, una questione più grande di noi. Siamo riusciti a raggirarla e a intuire la più bella soluzione che potessimo trovare. Ci stavamo nutrendo dei meravigliosi minuti delle nostre piccole e brevi vite.
data | autore | commento (si può commentare solo se si è loggati) | |
25-11-2014 | Palmieri Placido | Grazie Claudia. Si il disegno è storto, ma anche in questo le farfalle si adatteranno. | |
23-11-2014 | Palmieri Placido |
Molto felice per la menzione, ringrazio la redazione per l'attenzione a tutti i miei scritti. |
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23-11-2014 | Redazione Oceano |
Il mondo visto differente se colto con gli occhi di un bruco. Salire su un albero e afferrare la realtà ineguale, senza tentare di oltrepassare i confini per provare mondi dissimili, fino a quando … il volo per atterrare tra sapori ignorati. Tra le foglie l’incontro inatteso, quello che d’un tratto colora la vita. Il corso era segnato: metamorfosi di palpiti intinti in distinti sgomenti di quel corpo che sembrava leggiadro. Il riflesso rispecchiava due aspetti diversi: Romualdo, il bruco, era diventato una falena e Cleope una bellissima farfalla. Ma ciò che appariva un ostacolo, non vivere insieme la vita piacevole e fuggevole, divenne chiarore nella scoperta di potersi ugualmente incontrare al tramonto, quando lui prendeva il suo volo e lei chiudeva le ali al suo sonno. Fu così che l’istante si tinse di preziosi fugaci momenti … eppure così unici! |