Tiempe belle 'e 'na vota

Ai miei tempi, (sono nata negli anni cinquanta)noi bambini giocavamo con giocattoli 
improvvisati. Chi non ricorda il gioco della campana, (io la chiamavo "settimana"), 
acchiapparello, nascondino. Quanto eravamo belli quando giocavamo alle belle statuine! 
Partiva un'allegra filastrocca: "siam le belle statuine, uno, due e tre." 

Al termine ognuno rimaneva in una posizione diversa e poi veniva premiata la statuina 
più bella. Altro che selfie, oserei dire! Spesso aiutati dalla fantasia esploravamo posti 
incantati. Un ponte levatoio ci separava da un castello misterioso in cui, a seconda 
delle proprie paure, c'era chi ci incontrava mostri, chi fate, chi gnomi e chi folletti. 
Io sognavo (a dire il vero non ho mai smesso di farlo), di possedere una bacchetta magica. 
Non volevo la solita lampada di Aladino: quella che esaudisce solo tre desideri. 

Io volevo la bacchetta magica, perchè è solo con quella che ti senti davvero invincibile: 
puoi usarla quando vuoi e poi non devi neanche perdere tempo a ricaricarla. Ai miei tempi 
eravamo sempre in movimento, perennemente sporchi, sudati e felici. La maestra, 
l'insegnante, i professori godevano di grande rispetto da parte degli alunni e se 
malauguratamente uno di noi faceva 'o cattivo, gli insegnanti chiamavano i genitori e llà 
erano mazzate. Ma non finiva lì perchè i nostri cari mamma e papà, una volta giunti a casa 
ci davano pure il resto. A gennaio del 1977 nacque il primo televisore a colori e quella 
fu per tutti una grande conquista. 'A signora d'ô piano 'e sotto, tutta eccitata ci teneva 
a mostrare a tutti il suo apparecchio: "Signò venite...'a televisiona mia tene 'e culure 
troppo belle, venite a vedè...guardate!" E poi c'erano le botteguccie dove si vendevano 
'e bbarchetelle 'e liquirizia e tante altre leccornie. Con cinque lire ti riempivi le mani, 
le tasche e gli occhi. Noi ragazzi le "accocchiavamo" in un foglio di carta bianco e le 
dividevamo. A volte c'è n'era una dispari e per quella facevamo il tocco. 
"Amblimblò e la lince e la lancia, quanti fiori ci sono in Francia..."C'era una botteguccia 
all'angolo che vendeva 'nu poco 'e tutto. Noi la chiamavamo 'a puteca d'â sprucida" perchè 
la padrona quando ci vedeva arrivare faceva 'a faccia tutta storta e addeventata brutta 
brutta. Nuje 'nu poco 'a sucutaveme però! Spesso, un po' per gioco e un po' perchè nun 
teneveme 'e sorde, andavamo nella "puteca" a fregarci le gomme e le caramelle colorate. 

Mentre uno di noi distraeva 'a nonna, ll'ate se regnevene 'e ssacche d'ê ggonne e d'ê 
cazune 'e caramelle. Spesso 'a sprucida" non se ne accorgeva, ma quanno ce 'ncucciava 
'ncoppa 'o fatto, erano castighe 'e Ddio. "Fujmmo, 'a sprucida se n'è addunata", gridava 
"o luongo (così denominato, perchè essendo il più alto fra noi e avendo una visuale più 
allargata, aveva l'ingrato compito di fare il palo.)Correvamo a gambe levate, mentre 'a 
povera vicchiarella usciva dalla bottega con un piede nudo e brandendo fra le mani una 
pantofola. Lungo la strada echeggiava la sua voce roca: "v'aggia acchiappà" diceva e 
intanto si sistemava lo scialle zoppicando. Qualche bottegaio sorridendo restutiva alla 
poveretta la ciabatta che ella stessa nella foga aveva lanciato sul marciapiede difronte 
e aggiungeva: "songhe guagliune, che ce vulite fa: giocano!"- "'A prossima volta 'e struppeo 
e po' ve faccio vedè si 'nun ô ffaccio!" - Giocano? Pure j' voglio pazzià, ll'aggia accidere 
cu chesti mmane, fosse ll'urdema cosa ca faccio...", rispondeva la nonna trafelata, 
mostrando mani rugose e callose che a tutto somigliavano tranne che ad armi da combattimento.

Però io (sarà per i sensi di colpa che provavo...)'na resatella sotto 'e baffe 'a scurgevo. 
Mi pareva di vedere chella meza resata astretta mmiezo 'e diente. In fondo ci speravo che ci 
perdonasse. Poi c'era rispetto per i genitori. Ricordo mia mamma che mi chiamava dalla 
finestra: "Si nun saglie mo mmò te faccio nova nova" - e ancora: "Fa ambresso e quanno 
trase... jesce 'a parte 'e dinto e ttirete 'a porta." (Fai presto e quando entri...esci 
dentro e tirati la porta.) Mah! Un linguaggio un po' contraddittorio, a tratti incomprensibile,
ma efficace: j' 'nu poco me mettevo paura! Poi ci furono gli scioperi e le manifestazioni 
del sessantotto. J' me 'nfezzavo mmiezo a tutti i cortei. Lottavo per il lavoro, il diritto 
alla casa, il diritto allo studio e il diritto ad avere diritti. Neanche io capivo bene per 
cosa mi battevo, ma di una cosa ero certa: era giusto farlo. Poi divenni femminista e nemica 
acerrima dei maschi. Mi univo ai cortei e gridavo con tutto il fiato che avevo in gola: 
"tremate, tremate le streghe sono tornate", - "l'utero è mio è me lo gestisco io.
" Il sessantotto è stato un periodo di rinascita. Ora è diventato apparentemente tutto più 
semplice dal punto di vista tecnologico. Abbiamo la televisione, il tablet, lo smartphone 
e tante altre cose belle. Ora si trascorre gran parte del tempo a chattare con amici virtuali.
(Di positivo c'è che su facebook ho incontrato anche belle persone con le quali ho stretto 
amicizia nel mondo reale.)I rapporti umani si sono molto snelliti. Siamo in un oscuro periodo 
storico. La disoccupazione ha raggiunto livelli massimi e ci capita di vedere tanto, ma di 
non poterci permettere molto e questo è abbastanza frustrante. Insomma, come diciamo dalle 
mie parti: "steveme meglio quanno steveme peggio." Oggigiorno pare che hai tutto, ma è un 
tutto non per tutti: è un tutto solo per alcuni. Dieci mangiano e ll'ate guardene. 

Bei tempi quando giocavamo a nascondino e i tuoi compagni ti aiutavano dicendo: "trentuno 
salvi tutti!" Ti sentivi un superman o una supergirl. Che bello sarebbe se si potessero 
davvero salvare tutti come si faceva un tempo! Ora è un po' come passare davanti ad un 
negozio di dolci e sentire quel profumo invitante che ti esorta ad entrare. Improvvisamente 
ti prende una voglia matta di farti un'abbuffata di dolci, ma poi ti accorgi che non puoi e 
allora ti limiti a sentirne solo l'odore...
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