Le anguille di Natale

Nella piccola cucina, le fornacelle scoppiettavano colme di carboni ardenti. Tutto luccicava in
quella piccola casa degli anni ’50: i lampadari, i soprammobili, i vetri di cristallo, le tendine
di macramè e i mobili che erano stati della nonna. Bambini di casa non sapevano più coe esprimere
la loro gioia e correvano tutti per le piccole stanze emettendo gridolini pini di allegria e di
attesa. Fu allora che Tina, la madre, decise di procedere al taglio delle anguille.

Si chiuse alle spalle la porta della cucina. Non voleva che i bambini vedessero. Insieme al marito
Remì, presero dell’acqua ad uno ad uno i poveri animali, li posero sul grosso tagliere di legno e
mentre l’uno li tratteneva fermi, l’altro procedeva al taglio. Fu allora che si diffuse nella casa
un grido terrorizzato di Tina. L’anguilla più grossa, detta Capitone, aveva deciso on tute le forze
di salvarsi e correva per la stanza. La porta si spalancò, furono i bambini ad aprirla e loro
malgrado assistettero all’orribile scena. Alla fine, il sangue dello sventurato imbrattò tutto.

Ognuno avrebbe voluto che non fosse mai accaduto. A tavola nessuno lo mangiò e quelli che ci prova-
rono, portandolo alla bocca, lo rimisero nel piatto con gli occhi pieni di lacrime.
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