Il pantano

(Bacca Enzo)


Torbida la notte e falce in cielo la luna
mossa da cirri in fuga e frettolosi nembi.
Mummie tra i rami le civette
maschere costrette di sinfonica malìa
lanciano strali e lugubri richiami
al viandante raggelato di paura.
Sono cassandre inascoltate d’invettive e mali
senza liturgiche serpi e foglie d’alloro scacciaguai.
Umida è la notte e liquida
nei pantani di rane genuflesse
al rospo di turno, al lupo, alla faina
e larve e girini, bocconi sacrificali
tra i riflessi bruniti delle stesse acque.
Battaglia navale lo stagno, campo di sventura
estrema lotta per sogni che affogano nel fango.
La flotta degli inermi s’è smarrita
sotto i colpi inferti dal tiranno sbavante
(gonfio d’ira e denti aguzzi laceranti la carne).
Fuma la notte di roghi tra le nebbie
e cavie di popoli sull’ara primordiale
come albori di caverne, al tempo dei gentili
ai Torquemàda di ronda, nei forni crematori
alla spada del boia, al fuoco dei fucili.
Eppure in questo squarcio di tempo infermo
consumato dal petrolio, dalle sciarade di morte
siamo ancora vivi, maleodoranti, ma vivi.
Nudi strisciamo nell’immonda porcilaia
ma siamo vivi.
Miracolosamente vivi in questo pantano.