La lungofiume direzione mare

È una calda domenica estiva. Le ferie si avvicinano e quest’anno trascorreremo quindici giorni al mare,
alloggiati in una casa vacanza, noi tre, genitori e piccola. 
Aurora ha da poco conosciuto il mezzo di trasporto preferito dalla mamma, la bicicletta. La bimba ha
un peso esiguo, tale da poterla sistemare nel seggiolino anteriore, così da farle apprezzare una visuale
completa di quanto sta scorrendo mentre pedaliamo. I sabati sono sempre uno spasso. Si parte in allegria
 per raggiungere il centro storico di Cesena, solo due km di strada dritta, agevole, quasi tutto il
tragitto lungo la pista ciclabile. Gli adulti sono prodighi di insegnamenti, speranzosi di poter inculcare
alla piccina delle nozioni fondamentali di educazione stradale: i colori del semaforo, le strisce pedonali,
l’attenzione da riservare ai passanti, il posteggio in aree predisposte. Ad Aurora piace spostarsi in
 bicicletta, come si diverte! Non fa altro che guardarsi attorno e salutare le persone che incontra.
Bimba curiosa e molto precoce per il suo anno e mezzo di età! La mamma ha intenzione di farle sperimentare
 nuove avventure ciclistiche, anche al mare, così quella mattina di fine luglio trasferisce la bicicletta
presso l’appartamento di Cervia dove andranno a soggiornare. Una gradevole scampagnata di 30 km, da
percorrere completamente attraverso uno dei tragitti che aveva sempre agognato: la pista del lungo Savio.
Un percorso attrezzato che costeggia il fiume romagnolo fino allo sbocco in Adriatico, nell’omonimo lido
ravennate. Si parte presto, col fresco. Senza fretta, per godere appieno del paesaggio fluviale, in
compagnia della macchina fotografica; sai mai non possa spuntare qualche scorcio allettante da immortalare.
I piedi ruotano soavemente, senza tensione; il corpo si armonizza col velocipede, divenendo un unico
elemento itinerante. Lo sguardo, attento allo stradello ghiaioso, a tratti perlustra l’ambiente
circostante. Il sinuoso movimento piroettante scatena un effetto carezzevole, permettendo di vagabondare
alla ricerca dell’emozione che solo quella brezza contro la faccia sa donare.

Lo scenario che mi scorre davanti è quello tipico della campagna romagnola. Alla sinistra scorre il
Savio. Non lo vedo, bisognerebbe scendere e immergersi nella fitta vegetazione. A destra invece è 
l’esplosione di quanto l’impegno umano può generare: sterminate distese di campi nel culmine della
maturazione. Si susseguono senza soluzione di continuità coltivazioni cerealicole e frutteti.
Il sole accarezza questo portento mentre le spighe di colza si innalzano al cielo e le pere sode fanno
inarcare i rami verso terra. Assaporo quei momenti con grande consapevolezza e felicità, conscia che
quasi certamente non si ripeteranno. Dopo tanto pedalare, oltrepassando la centuriazione tipica delle
campagne cesenati e alcune antiche fornaci romane rinvenute fra i campi di grano, giungo al confine
con il comune di Cervia, in località Cannuzzo, dove il Savio si amplifica in una vasta ansa meandriforme.
Mi stupisco di quanti luoghi erano dietro l’angolo e non ne avevo familiarità: scopro così il mio
territorio in sella a un sogno. Grazie alla bici, posso farlo in libertà!  

La strada è ancora lunga, sono a metà giro. Mi concentro nuovamente sul tragitto, gioendo nel sentire
l’aria addosso che lascia fluire i capelli e rinnova lo spirito.
Alla ghiaia fine si sostituiscono sassolini grossolani; rallento l’andatura per non trovarmi in
difficoltà nel caso dovessi frenare bruscamente. Il percorso comincia a essere serpeggiante, fiancheggia
meticolosamente l’andamento del fiume, che a sua volta si prepara all’appuntamento più solenne:
l’abbraccio languido con il mare, quando diverranno tutt’uno nell’unione delle acque. La consapevolezza
di questo destino mi permea di un sagace turbamento: rifletto sull’ineluttabilità degli eventi e
contemporaneamente traggo beneficio dalla vivacità della bella stagione che vissuta su due ruote appare
ancora più leggiadra. Dopo una curva, si staglia di fronte un casolare di quelli caratteristici
romagnoli, circondato dai terreni agricoli. È giunto il momento di arrestarmi per scattare la fotografia
che rappresenterà l’estratto di questa giornata spensierata. Il sole comincia ad arroventarmi la testa,
devo sbrigarmi. L’ultimo tratto di ciclabile è impraticabile, rinuncio per stavolta a percorrerla
fino alla foce. Imbocco la Statale delle Saline e accelero repentinamente, cercando di stare il più
possibile abbarbicata a destra, quasi al limite del fosso. La carreggiata è trafficata, colonne di
automobili viaggiano verso le spiagge della riviera. Mentre varco la zona salmastra, un impeto
proveniente dal cuore mi obbliga ad arrestare i piedi. Senza smontare, mi affaccio al bordo del
fossato per ammirare tutta un’altra vita risiedere fra quei canali, in quegli specchi d’acqua mista
fra terra e cielo. Fiotti di uccelli girovagano a pelo dell’acqua, come in levitazione.
Si intravedono i fenicotteri, i cavalieri d’Italia. Rimango incantata e ringrazio la mia compagna di
avventure, colei che mi dà l’opportunità di essere qua, ferma senza intralciare, libera di ripartire
solo quando mi ridesterò dalla meraviglia che sto centellinando. La mattinata volge al termine, mi
 addentro nella parte finale, tre chilometri al fresco della pineta. Pedalare a spasso tra i pini,
corroborata dal dolce sentore dei tigli, con l’aria marina rigenerante, mi inonda di effervescenza.

Apprezzo la solitudine che, a cavallo della mia complice prediletta, è lieve, sinonimo di indipendenza.
Mi sento estasiata, come se avessi gironzolato senza meta, semplicemente affidata a due cerchi leggeri,
capaci di farmi aleggiare oltre le inquietudini, sospinta verso la luminosità.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
23-04-2015 Redazione Oceano Un racconto intenso, tinteggiato di vita ricca di colori che scorrono lungo le pedalate del viaggio.
E’ facile muoversi costeggiando quei movimenti ciclici quando tutto appare come ologramma di fantasia a colori, quasi un sogno, traslato nella realtà.
La particolarità delle parole è nel tratteggiare il mondo circostante quasi fosse un’unica sfera che ruota vorticosamente in uno sguardo attento e delicatamente intriso in pennellate che fluiscono lungo i paesaggi, per catturarne l’essenza; sembra di percorrerli quei misteriosi lembi di terra, sfogliando le pagine dei tuoi pensieri.
I sensi lambiscono le percezioni, agganciandole a un unico sentire: la brezza nei capelli, il senso di libertà, l’aria che sfiora le guance mente i chilometri silenti appaiono il desio, l’impeto e la forza.
22-04-2015 Vieni Rita Incipit gradevole, il discorso è ampiamente descritto per una natura che si dipana agli occhi del narratore che gode come narratario. Complimenti!

Pubblicata il 17-04-2015

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Commento dell'autore

Il racconto premiato con il
terzo posto al concorso
letterario
"La mia strada, la tua strada"
dedicato alla memoria di
Luca Lerario
e promosso dall'associazione
Verbumlandiart