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Mi aggiro tra i silenzi 
delle ovattate stanze 
negli echi di una musica 
ancora da suonare,
tappezzate di carta dai colori 
dell’indaco,
forse cielo riflesso 
di un giorno in albeggiare.
Apro gli armadi pieni 
del viver quotidiano
e muovo il passo incerto
in un tratteggio obliquo
di forse e di perché, e 
tiro su col naso
solleticano gli anni
nel polline foriero
di dubbi e aromi forti.
E penso a nuove note
una chitarra e un pianto
dolceamara melodia
da mettere sul piatto 
della bilancia bara
starata dal tuo credo
mio unico vangelo.
Mi siedo e le reinvento
fermo in mano il tempo
contando con le dita 
momenti a nuove tinte 
ad affrescare i muri
di giallo e verde intenso.
Ma perdo spesso il conto,
la notte mi era amica,
invece arriva il giorno 
a illuminare il buio.
Decido l’incontrario
vorrei che fosse il nero
a dare luce all’alba
perché nel suo colore
mi perdo nell’immenso.
E mi rivesto in fretta,
spalanco le mie tende 
fuori c’è già brusio,
le ali di una rondine
disegnano un sorriso,
e tingono l’azzurro 
con eleganti fiocchi:
ci adorno il mio cappello,
domani vado a messa.
E aspiro nuova linfa
forse sarà il profumo 
dei fiori al davanzale
o forse sarà solo
che ancora io ci credo, 
e innaffio la mia aiuola
con lacrime di ieri 
e aspetto che sia maggio
con tutti i suoi colori.