Quanto di me
Mi chiedo quanto di me, di una infanzia lontana e a volte sepolta, nell’affanno del quotidiano, nella lotta per il benessere fisico e morale, nella ricerca del quieto vivere , nell’affermarmi, moglie, madre, figlia, ho perso lungo la strada. Il tempo è un tiranno, è chi si appropria di tratti somatici, è chi muta le menti, è chi mi ha accompagnato nel lungo tragitto, è chi mi accoglie adesso, al varco della maturità. Quanto è rimasto di me, quanto aggiunto negli anni, quanto dolore e gioia. Un giorno può essere breve o lungo, dipende da come lo si usa, lo si amministra. E quando le inquietudini del vivere escono dalla tasca e si accompagnano, il mal vivere, il malessere dell’esistere, diventa un fratello, un compagno, un avversario da sconfiggere nei lunghi giorni. Quando la cognizione di esso diventa reale, quando il bisogno diventa assuefazione, è arrivato il momento di scacciarlo. Un mondo si apre, di colori, odori, sensazioni, si ricomincia tutto , un lungo lavoro su se stessi. Quanto, rimane di sé. Il vecchio e il nuovo, in una nuova dimensione fragile ma determinata, gli eventi antagonisti a fare da scenario, in un piccolo giardino estivo, dove la luce e i colori rallegrano pareti sottili, dove il sole perenne si affianca alla magia della luna, dove i tramonti banchettano con le albe, dove il dolore è mitigato dalla consapevolezza dello scorrere del tempo. Quanto ancora di me da scoprire, da eliminare, da limare, quanto ancora con la complicità del tempo.
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