Viene novembre
Viene Novembre, silenzioso, come il suo mantello di dolore antico che porta con sè. Come sasso che per ultimo lascia la montagna, sono restato perso nell’infinito. Ho aspettato, con la mia cartella il fiocco sgualcito sul portone dello scuola, di incontrare un sorriso, sentire una mano tra i capelli, solo vento poi e niente più. Da tanto tempo non credo più a Babbo Natale, da quando mi hanno detto che i balocchi, i pensieri di fanciullo non facevano per me, eppure sono qua con l’argento del tempo tra i capelli e una barba che oggi accarezzo nervosamente. Ogni volta che viene Novembre, la cicatrice del cuore si apre e grida a perdifiato, mentre gli occhi incontrano la rugiada e una lacrima duella con i ricordi del passato. Sono sempre stato ai margini del tuo tempo, ti ho visto salire la scala che porta al cielo, sperando che un giorno ti fermassi e mi salutassi, mi è rimasto l’eco dei passi nell’eco di un portone senza tempo senza muri. A volte vorrei chiudere gli occhi, essere cielo e riposare per sempre, a volte mi sento come un cavallo che corre libero tra le onde del mare. A volte ho l’impressione di non poter sbagliare mai, fatico ad essere un uomo tra gli uomini, ma non sono un miserabile, una carcassa d’uomo che barcolla sopravvivendo, io voglio vivere. Mi hai tolto la spensieratezza dei bimbi senza tecnologia, hai spento i sogni più belli, negato le parole che possono farti diventare uomo. Con le ginocchia segnate dal tempo sono ancora qui, a raccontare emozioni, la mia vita non è niente di speciale se non per il fatto che la vivo come un arcobaleno sospeso tra il giorno e la notte. Scrivo ancora di te, quando si fa Novembre, e torna poi Natale a ricordarmi tutto quello che non è stato e poteva essere, poi sarà Gennaio e l’urlo di dolore spegnerà il suo ardore. In fondo con o senza di te è la stessa cosa, non sono figlio tuo, sono figlio della vita che abbandonata si riscatta e si alza come girasole tra le pietre. Forse ti porterò un fiore nel giorno dei morti, forse tra i petali ci metterò il mio dolore, magari riposerà con te per l’eterno.
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14-10-2014 | Redazione Oceano |
Componimento interessante, particolare nella sua purezza, nella ricerca di parole, apparentemente semplici, ma dure ed incisive. Tutta la struttura regge su di un’impalcatura costruita sul mese triste che ci ricorda perdite ed assenze. Qui tra le anafore, la sinestesi al connubio tra il cielo, novembre e la tristezza, la tomba e il fiore, una reiterazione dell’autore, non espressa in urlo ma sottovoce, a fior di fiato, il senso chiaramente deluso e l’immagine non sbiadita a monito per il per sempre. Ieri ormai è scorso, la figura identificata a nome e persona ha navigato, conquistato ed ora approdata, imprime alla sabbia l’orma perenne. |