La gonna

Il colore era marrone scuro, di lana cotta, dritta, lunga appena sotto al ginocchio, la vita strinta
da un nastro di tùlle, ed in fondo alla gonna, come rifinitura, lo stesso tùlle come alla cintura, 
un maglioncino color muschio, di cashmere, aderiva leggero al corpo, modellando le sue colline.
Il suo corpo snello era avvolto da un piumino di media lunghezza marrone, mentre le sue gambe erano 
chiuse da stivali in tinta, marroni, dal tacco largo e quasi basso.

I lunghi capelli castano chiaro, incorniciavano un viso ancora giovane, mentre, le due gocce di mare
le illuminavano il volto, assieme alla cascata di perle bianche che appariva dalle labbra leggermente
aperte, morbide, dal colore naturale; quel piccolo naso, leggermente all’insù, le dava un’aria adole-
scenziale, quasi sbarazzina. Questa era Cinzia.

Salì sulla porsche targa coupé del 1971, nero lucido, con disinvoltura e serena; conosceva bene quel
gioiello d’epoca, e considerando la giornata stupenda, ne aveva prevista pure l’uscita. Si era allenata
molto, nei giorni precedenti, imponendosi un atteggiamento tranquillo, ma il suo interno era in gran
tumulto. Aveva deciso questo incontro dentro di sé, e non vi avrebbe rinunciato, a meno che, lui si
fosse rifiutato.

Giulio, aveva accolto questo invito con sorpresa, ma l’aveva accontentata. Considerando questo anticipo
di primavera, aveva tolto dal garage il suo giocattolo preferito, era forse un modo o un mezzo per avere
vicino a sé un alleato, un complice silenzioso, si fa per dire, allo scopo di esorcizzare un incontro
al quale non avrebbe mai rinunciato, ma che, lo trovava sempre impreparato. Salendo in quella macchina
così bassa, la gonna salì un po’ sopra al ginocchio, e lui, non potè fare a meno di osservarlo. 
All’nterno, il suo profumo,  ” Merveilles, di Hermes” si mischiò a quello del tabacco. L’aveva vicina e,
come sempre, respirò quella fresca brezza; antichi sapori, misti ad emozioni, affiorarono nella sua mente,
emozionandolo e turbandolo. La giornata prometteva bene, c’era il sole e il cielo sgombro da nuvole.
Giulio aprì il tettino della porsche per fare entrare, aria fresca, ma più che altro per smorzare quel
turbamento che partiva dallo stomaco e arrivava alla testa, senza risparmiare il cuore.

Cinzia era silenziosa, ma luminosa. Quel volto, lui, lo ricordava da sempre solo sorridente, forse
qualche volta, le aveva carpito qualche broncio o lacrima, ma proprio non lo ricordava. Lei, poteva fare
anche a meno di osservarlo. Il volto lo ricordava a memoria da sempre. Certo, il tempo era passato per
entrambi, ma non era stato un trauma.

Nella vita si erano incontrati, persi, ritrovati, nuovamente persi, e adesso Cinzia lo aveva cercato. La
sensualità di una donna, parte da molto lontano, é uno sguardo da cui non ti puoi sottrarre, un profumo
che non si trova in nessun negozio, un vestito della pelle, non ha né un colore, né un sapore, lo senti,
lo percepisci, ne sei attratto, lo respiri, e qualcuna, non si accorge neanche di possederlo, questo é
ancora più eccitante.

Giulio, fermò la macchina in un grande piazzale. C’erano alberi altissimi; scheletri con le braccia tese
in alto, ma il cielo era pulito, il sole ancora resisteva e bruciava attraverso i vetri della porsche.
Cinzia, si tolse il piumino, lo passò dietro il piccolo sedile, ed accavallò le gambe, scoprendo le ginoc-
chia, un movimento semplice, innocuo, ma pieno di femminilità; lui, non avrebbe saputo dire se era un
gesto studiato o spontaneo, Giulio, questa donna, la respirava e basta.

Di nuovo quel turbamento bloccò il suo stomaco. Non riuscì a fermare la voglia improvvisa di prenderla
fra le braccia e baciarla, non si trattenne e lo fece. Lei rispose con enfasi al suo abbraccio, poi, si
sciolse e disse:

- ecco..., vorrei vivere di delicatezze e sfumature, invece sono in trincea tutti i giorni. -

Giulio: - Perché hai voluto che ci vedessimo, lo sai bene coma andrà a finire, come sempre...
Cinzia: - Volevo salutarti, parto.
Giulio: - E..., dove andrai?
Cinzia: - Vado molto lontano, e senza nessun bagaglio; porto solo me stessa, dove vado non avrò bisogno
di niente, non é una mia scelta, é una sentenza, purtroppo, volevo salutarti, e… chiederti di non dimen-
ticarmi.

Poi, improvvisamente, senza mettersi il piumino, aprì lo sportello della macchina, e scese. Camminava
leggera verso il vialetto. 

Giulio, rimase fermo, incredulo. Guardò quella figura, esile, piccola, dall’andamento lento, sentiva lo
scricchiolio dei suoi passi sotto i piccoli sassi; rimase immobile dentro la macchina, la sua testa lon-
tana dal corpo. Avrebbe voluto urlare, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono. La sua gola era strinta
da una morsa mista fra l’intolleranza e il fastidio per quella  giornata, che annunciava una prematura
primavera, quel sole quasi caldo, quel cielo così pulito; tutta questa vita, era veramente una nota
stonata. 
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)