Nella terra di maggio

(A: Cosa vuoi
fare da grande?
B: … l’alunno!)

Sono la pagina
che Dio sfoglia
ogni giorno.

L’intero universo 
che dà i brividi
attraverso un solo alito.

Sono la mia stessa
casa, terra affondata
senza scialuppa.

Sordo tocco di 
campana che si
confonde in periferia.

Sono servo di pietra e 
prezzo da pagare
per andare avanti.

Ferita guarita sul campo,
giorno mai adatto per
cambiare pelle.

Sono uomo madre
tempio di vita,
scarpe di luce.

Fondo di pupilla e
tonfo d’anima,
come sordo divenire.

Sono feto d’uomo
feto di stella
arcobaleno di carne.

Pezze di desiderio
foderate di terra
che insabbiano le orme.

Straripa il vento
da un bicchiere e
si gonfiano le vele.

Il mio cuore si
spalma sui tuoi occhi
mentre ti pieghi di colori.

Sono nave senza timone ne
remi, pesante riva salata,
attracco oltre l’orgoglio.

Calore di una 
terra di campagna
ritratto di un rauco pensare.

Sono stacco di uccelli
in volo, frinire di
ombre nel silenzio d’aria.

Orologio di follia
fra gocce di alberi e 
oceani di cemento.

La materna sera si 
accosta sorridente sopra i 
pesanti bagliori d’alba e

il mio placarsi 
ridà vita ai miei 
vecchi, sacri cieli d’oriente

mentre il cigno nero e
queste nove zolle di pane
sbadigliano nel lento morire.
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