Reciprocamente Ostili

(Martignetti Claudia)


Era una fredda giornata d'inverno.
I fiocchi di neve danzavano dolcemente cullati dal vento gelido, roteavano e oscillavano compiendo il loro dovere sacerdotale. Il candore di quei batuffoli era puro come un fanciullo che squarcia il velo della vita per venire al mondo e la loro delicatezza rimembrava quella di una madre che lo accarezza prima di farlo addormentare. I fiocchi si moltiplicavano e si univano divenendo manto per le numerose colline e soffice coperta per le immense distese. La neve copriva i tetti delle case così come copriva i silenzi, e copriva le strade così come la povertà.
La neve è come la felicità. Scende sulla vita della gente per poi attecchire, diventare trasparente e sciogliersi con il primo raggio di sole perché non sempre ha la forza di persistere. La felicità sembra così impalpabile che quasi non ne percepiamo l'esistenza ma non è astratta, ha un volto, un corpo: quello di un bambino. In Quel piccolo paesino di campagna cen'erano tanti di bambini.
Erano tutti amici, quasi fratelli e trascorrevano intere giornate a giocare insieme, Lì, sulle immense distese, quando non nevicava.
Quel posto aveva pochi abitanti, e tutti conoscevano tutti. Era gente umile, povera. Le famiglie avevano un pezzo di terra ed ognuno lavorava il proprio, ci viveva con quello. Le case erano semplici, molte non disponevano della corrente elettrica, del calore. Chi possedeva un televisore poteva esser considerato ricco.
Le giornate si dividevano tra lavoro e casa, i divertimenti più che rari.
Ma quando c'era una una ricorrenza, tutti si riunivano in grandi tavolate con cibo fatto in casa, chiacchierate e un minimo di evasione dalla vita lavorativa. C'era una chiesetta, era carina e la gente del Pesino vi si recava spesso.
Il nostro Bambino trascorreva intere giornate a rotolare sui prati, a salpare arieti e correre su di loro immaginando di poter volare.
Lì di giochi non ce n'erano.
Costruiva archi con le sue mani. Erano quasi perfetti, lui e i suoi coetanei tiravano con le frecce create da loro.
Quando era inverno si divertiva a salire su tavolette di legno disposte a mò di slittino e, spinto dagli amici, a scivolare lungo i pendii acquistando sempre più velocità. Quando lo faceva rideva di gusto. Chiudeva gli occhi e avvertiva una strana sensazione nello stomaco, sulla pelle. Era investito da un' onda di energia che avvolgeva ogni fibra del suo corpo e sentiva il vento tagliargli la faccia. A lui piaceva. Non sapeva cosa fosse quella sensazione. Adesso sa benissimo cos'è.
La chiama Libertà.
La Libertà la vedi poche volte nella vita, la senti nel congegno della tua anima. Ti accorgi che sei libero non perché conquisti qualcosa, ma perché vi rinunci.
Quando sei libero vuol dire che hai rinunciato ad una parte di te stesso da cui volevi fuggire: la paura.
Il nostro Bambino aveva avuto paura tante volte perché in un mondo, in quel mondo dominato da un mostro nero divoratore di attimi e di occhi accesi, era difficile sentirsi liberi.
La immagino così la povertà.
La vedo come una bestia dal colore scuro, che nasconde il volto sotto un velo nero.
Lei lo nasconde.
Il volto.
Lo occulta perché non ha la temerarietà di mostrare con fierezza i sorrisi rubati, le famiglie distrutte, i bambini senza infanzia.
La vita rubata. La vita. La povertà non ha volto, perché il volto è vita.
E lei lo sciupa, lo consuma.
Lei fa invecchiare prima del tempo, costringe i bambini ad essere grandi, ad avere come compagni di vita degli strumenti, non dei giochi. La povertà schiavizza. Perché quel mostro alcuni lo sconfiggono ma nessuno lo uccide.
La storia insegna tutto, e alla fine non dimostra niente.
Anni e secoli di guerre, rivolte, rivoluzioni, colonizzazioni.
Milioni e miliardi di morti per avere ricchezza. Il motore della guerra è l'economia e anche se mascherata dietro motivi religiosi o ideologici, la causa di una guerra è solo l'economia.
L'uomo è privo di una coscienza e cerca di arricchirsi, ma la coscienza non si compra così come non si comprano gli uomini.
La storia ha riempito libri ed enciclopedie; ha occupato menti di grandi studiosi e costato vite a grandi eroi.
Oggi, 2016, la povertà esiste ancora. Studiare la storia non vuol dire elencare vittorie, ma enumerare sconfitte.
Sui libri c'è la storia dei vincitori, io voglio raccontarvi quella dei vinti.
La storia non si scrive con i fatti ma anche con le colpe.
E in quel paesino, reduce di una dittatura, lo sapevano bene. Tutti.
L'inverno stava passando ed era una giornata di primavera, gli alberi respiravano più del solito, sembravano polmoni sani, le margherite si moltiplicavano lasciando posto a qualche tulipano e gli occhi avrebbero potuto perdersi per quanto quelle distese bianche e rosse fossero sfavillanti.
I raggi del sole erano sereni ma imperterriti e poggiavano sulla pelle vestendo il corpo come un candido e avvolgente manto di seta.
La gente poteva disfarsi dei cappotti e i fiocchi di neve avevano finito di compiere il loro dovere, quello sacerdotale.
Il Bambino non aveva dormito bene quella notte, la primavera non l'aveva ancora sentita ma il pianto della madre, quello si.
Aveva trascorso la notte in silenzio, come faceva sempre, da sempre.
Aveva un piccolo rifugio nella parte alta della casa, tra il fieno; era morbido e a lui piaceva essere coccolato da quella morbidezza, si sentiva cullato e poteva piangere senza che nessuno se ne accorgesse.
Quella notte non sentiva la primavera addosso perchè aveva i brandelli di una vita che si stava per spezzare. Sentiva che presto sarebbe dovuto andare via da lì e avrebbe voluto fare qualcosa, il sangue gli pulsava nelle tempie e il suo battito cardiaco aveva il ritmo di un tamburo, incessante.
Era diventato quasi impassibile di fronte a quel pianto, forse perchè sperava che prima o poi si arrestasse; pur essendo così piccolo e così indifeso, tra le mura di fieno pensava a qualcosa da fare per salvarsi e salvarla. Si mordicchiava la mano destra mentre con l'altra, si teneva il ginocchio sinistro, rannicchiato ma agguerrito. Sapeva che quella sofferenza lo avrebbe portato via di lì, non per sua volontà ma perchè la vita è così. Quando nasci in un posto che non è quello giusto, ti portano via ed ecco che acquisti un altro posto nel mondo. Ma chi dice che sia quello giusto... Questo pensava, Lì, rannicchiato ma agguerrito.
Il rumore di una macchina lo porta immediatamente giù, da sua madre.
Con le mani le stringe il bacino e la Sua testa si nasconde sulla coscia destra; serra gli occhi. Non aveva mai stretto nessuno così e probabilmente non stringerà con tanto ardore nessuna donna, nessuna madre, nessuna speranza. Il pianto di quella donna si faceva sempre più forte ed incalzante e la Sua stretta diventava così potente che sembrava un tutt'uno con quel corpo.
Due signori che non aveva mai visto bussano violentemente alla porta e ordinano di aprire; lei deve farlo forse per la legge o forse semplicemente per amore di suo figlio. I due signori hanno l'aria minacciosa, sono entrambi alti e uno di loro ha due lunghi baffi scuri. L'altro più giovane sembrava quasi impietosito di fronte a quella scena atroce. Non voleva fare quel lavoro e la sua costrizione emergeva da quei grandi occhi verdi quasi severi, per scherno. Non parlava, forse non aveva il coraggio, ma era fermo, immobile quasi a voler imporre la sua autorità di ventenne intrappolato in una divisa molto più vecchia di lui. Guarda il bambino e fa un piccolo passo avanti, sempre senza parlare.
Il Bambino distacca leggermente il viso dalla coscia continuando a stringere e apre l'occhio destro per vedere quelle due grandi sagome che erano appena entrate dalla porta. Il respiro quasi si blocca in simbiosi con quello della mamma... Tante parole, mani giunte che pregano, piedi che sbattono, guerra, lacrime, paura, innocenza, impotenza, irrazionalità, tremore, fremito, mani, mani che afferrano, denti che stringono.
Un grido, fortissimo.
Lui era con loro.
Oggi il Bambino sta diventando un uomo ma le tracce di quella notte resteranno impresse nella sua mente per sempre e il suo cuore sarà ferito di un dolore lancinante, ma la vita va avanti, nonostante noi e il mondo saremo sempre così, reciprocamente ostili.