Mi dicono poeta
Perché posso domare qualsiasi stella con un laccio di luce, o cesellare il silenzio di marmo delle tue labbra; perché la solitudine di me si impietosisce e mi popola di nume e di spaventi mentre inchiodo le mie ali nella sua schiena mi dicono poeta. Perché ho preso un iris azzurro in tutte le stoviglie di questa noria che agita il mio sangue e mi svela; perché vivo la mia morte posticipando, invidiando ai fiumi e gli uccelli, perché canto alla vita e la terra mi dicono poeta. Se solamente sapessero! Io non so sedurre metafore audaci, né scambiare i tizzoni del mio verbo in pristini diamanti. Tingo solo di indaco questi pennoni bianchi, senza conoscere almeno il colore dei tuoi occhi, né a che cosa sanno i tuoi baci, né come la brezza fu a pronunciare il tuo nome. Io non posso bermi un lobo di sole, né comprendere la nobile pazienza del bruco, né capire sempre perché le colombe si accaniscono con la pace delle statue. Io non concepisco il mare senza la sua luce né il suo odore, né comprendo che cosa pensa la rosa della spina, né la croce del tormento, né il perdono della croce, né il bacio del perdono, né la ferita del bacio, né il sale della ferita, né l'acqua del sale, né la roccia dell'acqua. Io non sono un poeta! sono tanto solo un alone minuto della sua ombra.
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