A che serve piangere?
Sono uomini, Signore, Sono donne Bambini. Disperati, affamati, Essiccati dalla sete, Dalla non conoscenza. Sono figli, Signore, Soggiogati da speranza, Spinti dal maligno. Il mare, Oltre quel mare, Terra promessa, Lontana, Sempre più lontana e vana. Il mare non è più color del cielo, Il mare è tomba, Fossa comune, Nero di morte, Bianco di ossa calcinate. Dei tuoi figli, Signore. Il mare non hai aperto, Signore, A benedire l’esodo, Le mani di Caino don hai frenato, Per queste creature senza Patria. Cullati dalle onde dormono ignoti, Senza nome quasi mai nati. Fauci di squali cancellano, La memoria della vergogna, La pena del rimorso, Del maligno che on vuoi fermare, Signore! Che serve piangere di pena, Che serve scrivere l’orrore, Che serve pregare? Signore!
data | autore | commento (si può commentare solo se si è loggati) | |
26-09-2014 | Nenzi Vittoria |
La pochezza di una parola nulla può contro un disegno di forze del male. Grazie Oceano. |
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23-09-2014 | Redazione Oceano |
Smarrimento e disperazione che dilaniano un popolo ormai provato da attacchi e guerre. La lirica affonda prepotentemente nell’ inquietudine di una popolazione piegata, dove tutto sembra avvolto in fitta coltre. L’urlo dell’autrice è dischiuso in una preghiera lacerata in una terra dove la vita umana perde ogni significato. Le parole, forti, si perdono nel silenzio disperso: è non vi è nulla che squarcia il tempo se non un profondo sgomento perso nell’attesa di un richiamo disatteso e sopito. |