Le ragazze dai lunghi capelli

Son belle le donne dai capelli lunghi 
e lei da molto corti li teneva 
e guardava quelle ragazzine che muovendo il capo 
facevano ondulare quella massa soffice.
Ricordava di quando il vezzo suo era
mentre il vento vorticava in quella piccola piazza 
e molinello ergeva di foglie ormai secche.
Lenti i pensieri catturarono la sua mente
trasportandola in mondi sconosciuti. 
Si riconobbe nell’ologramma suo 
in sella a magnifico destriero, 
nero di manto, nero come la notte, 
nero e lucente come la sua chioma, 
nero che tutti i colori assorbiva per essere padrona assoluta.
Scalciava il purosangue, fretta aveva di condurla alla battaglia 
e lei salde teneva le redini, le ginocchia serrate al corpo dell’animale. 
Fiera lei era, capo indiscusso delle sue amazzoni, 
tutte con chiome fluenti come se del coraggio 
avessero la lunghezza e la determinazione, 
come se del coraggio onda perpetua e sinuosa viaggiasse nel tempo.
Lei, capelli neri lucenti fino alla cintola, 
due piccole trecce dal fronte all’attaccatura delle orecchie 
facevano da fermo al resto della capigliatura
che poco ingombro fosse in battaglia, 
gli occhi suoi neri ancor di più, 
apevano scrutare l’oscurità
che segreti a lei celare non poteva.
Profondo e vigile sempre avevano padronato lo sguardo suo.
Naso importante delineava il viso  che di dolcezze di angelo 
ricordo non serbava e di condottiero impronta aveva.
Labbra carnose di un rosso porpora portavano il colore 
a ricordar ancora la regalità sua. 
Corpo di donna armonioso e sinuoso 
celava tempra di cavaliere, 
scattante, all’uopo, diveniva 
e da giustiziere fendenti spargeva.
Innanzi alla colonna, fiera e temeraria,
portava il vessillo della terra sua,
tempo ancor di riporre le armi non era.
Una fredda notte di cielo stellato
nemico scese a ghermir giovani fanciulle
prim’ancor che amazzoni fossero.
Di catene ornarono lor piedi
e a schiave chinarono loro il capo,
con vile colpo chioma tranciarono
come a rubar sangue alle vene.
Edwige conosceva della schiavitù il marchio.
Lei stessa ne portava ricordo, 
con fuoco vivo bruciò la carne sua 
per cancellar l’onta.
Sol le notti senza luna
la mano poneva su antico sfregio
come a ricordar del nemico l’infamia.
Sol le notti senza luna
che il popolo suo mai conoscesse del suo dolore 
e mai dubitasse del coraggio suo.
Partiron tutte le amazzoni
lasciando le vecchie a guardia del villaggio.
Lunga fila di destrieri e di chiome,
la spada al fianco,
l’arco e faretra a tracolla
e, ancor, fionde e cerbottane
le selle dei cavalli ornavan,
le fanciulle avevano da salvare.
Si muoveva lenta la processione,
ne’polvere ne’nitriti,
nulla doveva allertare il nemico.
Fu durante il secondo giorno di marcia
che il nemico avvistato fu presso un’ansa del fiume,
appena prima della cascata.
Un salto spettacolare e
il fiume voce rombante acquistava,
avrebbe coperto le grida di morte.
Ogni amazzone col suo pugnale
 ferite infisse al corpo suo.
Mai sarebbe stato che sangue di amazzone
versato fosse pria dal nemico.
Silenziose a semicerchio si disposero
che l’unica via di uscita fossero le rapide,
che del nemico solo corpi immobili il fiume trasportasse.
Armarono le cerbottane di dardi acuminati
in veleno intrise e colpirono. 
Copioso cadde il nemico a terra 
contorcendo le membra.
Non sazie ancora l’amazzone calarono nella radura,
spade sguainate a colpire ancora
del nemico le ultime resistenze,
l’erba rossa divenne
che il sole pietà di loro ebbe.
Delle fanciulle una terribile scelta.
Le ferite, le sanguinanti innanzi all’amica di sempre
attendevano la morte,
un solo fendente e fiere
la vita consegnarono.
Onore supremo ai loro corpi
e fiamme purificatrici
si alzarono dalle pire funebri.
Le fanciulle sol nei capelli offese
tornar amazzoni potean,
il capo coperto con posticci di fieno e piume.
Sarebbe ricresciuta chioma fluente
vessillo della loro esistenza,
affinate avrebbero le tecniche della guerra.
Si disposero le amazzoni
per tornare al villaggio,
esterne le guerriere, interne le fanciulle
e un canto unisono lasciò le gole.
Cantavano di gesta eroiche,
di sacrifici di vita, 
di battaglie future.
Le grida di un bimbo
che rincorreva la palla
destò Edwige dal sonno suo, 
la mano tra i capelli
a riposizionare una ciocca, 
….. e corti eran i capelli suoi.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
27-02-2016 Redazione Oceano Nei desideri il coraggio intrecciato tra i capelli, tratteggiato da linee che ricordano l’intrepido andare. Un soffio, un respiro ed è l’oggi a risvegliare i desideri, riposti nel cassetto della realtà.

Pubblicata il 20-02-2016

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Commento dell'autore

Ogni artista porta nel cuore
il suo proprio stile, 
non sempre gli è concesso usarlo
perchè egli si deve adeguare
alla platea,
i racconti epici sono
i miei preferiti,
ho tentato di scriverne
uno sperando possa piacere.