Brucia ancora

(Dibattista Rosa)


Brucia Ancora
Tra i lamenti dei suoi compagni purgati e gli sguardi arroganti dei camerati, Mauro, a testa bassa stringeva tra i pugni serrati il cappello liso, le parole gli si fermavano in gola, era così difficile pronunciarle, ma il riaffiorare alla mente dei volti denutriti dei suoi figli e di sua moglie, il ricordo del corpicino del piccolo Michele, morto di fame, gli diedero un filo di voce balbettante.
- Giuro di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e se necessario col mio sangue, la causa della rivoluzione fascista.
Consegnò le 8 lire che aveva guadagnato vendendo l’ultimo pezzo intonso del corredo di sua moglie.
- Domani puoi cominciare a lavorare nel campo del Podestà, fatti trovare alle 4 in piazza.
Mauro, suo malgrado, prese il cartoncino rosa, lo mise in tasca e senza volgere lo sguardo ai suoi compagni, uscì dalla sede del fascio, pallido come un cadavere.
Svoltò sulla strada di campagna, aveva bisogno di solitudine ma uno sputo improvviso lo colpì in pieno volto.
- Vergogna codardo! Ti sei venduto, non ti considerare più mio fratello.
- Ma…ma i miei figli muoiono di fame e senza tessera nessuno mi dà il lavoro.
- Scuse, tutte scuse, sei un venduto come tutta questa massa di codardi.
- Filippo, ti prego non fare così.
Filippo questa volta sputò per terra e a passo sicuro andò via.
Mauro aveva perso tre dei suoi figli per denutrizione, nessuno gli dava il lavoro, era stato costretto, aveva una responsabilità enorme. Era un padre.
Tornò a casa triste, voleva bene a suo fratello e sapeva che questi non gli avrebbe rivolto mai più la parola, era un tipo tosto Filippo, pur essendo non vedente faceva un’aspra opposizione verso il regime perciò si era creato molti nemici ma la sua cecità gli aveva affinato altri sensi e riusciva sempre a sfuggire alle retate, e poi qualche amico influente lo aveva ancora, gente che fingeva di sostenere il fascismo e sfruttava uomini leali e coraggiosi come lui per fare la resistenza sul campo, gli davano di che vivere, ma mai abbastanza per aiutare suo fratello.
Mauro tornò a casa, la moglie lo guardò supplichevole.
- Ho fatto!
Lei sorrise.
Aveva la morte dentro quell’uomo, al contrario di suo fratello, non gli era mai importata la politica, ma non sopportava i soprusi, ed essere costretto ad appartenere ad un partito per poter lavorare era stato per lui uno sforzo immane.
- Come sta Giuseppina?
- La moglie di Giovanni mi ha portato un po’ di latte e l’ho fatta mangiare, sta un po’ meglio.
- Almeno una buona notizia, eh sì adesso che appartengo al fascio i miei figli possono mangiare, anche i vicini si ricordano di noi.
- Mauro lascia stare, anche i muri hanno orecchie.
- Domani mi devo svegliare presto buonanotte.
Andò a letto, i suoi figli non sarebbero più morti di fame, ma lo sputo di suo fratello gli bruciava ancora il volto.