Verso il meriggio

(Di Paola Claudio)


Verso l’impudica notte,
dove finisce il re e
comincia l’uomo,
sentiamo il battito del mondo
che rulla sulle
nostre pelli accordate.

Sbattono forte i vecchi tamburi,
mentre scuoiamo il drago.

Sulle facce appaiono le
prime rughe di frontiera,
come sfiati sui pozzi dei desideri,
come anfratti erosi
dalle urine del tempo.

Bare di pensieri mobili
occultano le ferite e
nell’intimo di questa immensità
ci tocca pregare.

Dei lontani aliti che
scaldavano gli anni
rimane solo la pelle,
il resto è fuori dai
nidi dell’estate,
perso fra le ore del meriggio.

Slaccia dal volto il
tuo sorriso o vento e
schioda libero il gusto
della sua leggerezza sul
nostro palato immaginario.

Mandrie di nuvole piene
galleggiano sulle nostre teste
come pesanti coltri fra cieli e terre.

Non sentiamo più il canto acerbo
delle ore, ma scivoliamo un
po’ incauti un po’ vaghi
verso i lunghi confini del tempo.