Castello di carte
Qualcosa ruppe il suo corpo. Qualcosa è successo. Qualcosa si è dovuto ammalare, come se fossero germinati batteri di abisso nel cemento del silenzio, o ci fu chissà una guerra forgiandosi nelle viscere della materia e si ribellò contro il suo misero destino. Sentii qualcosa come uno scricchiolio, come se fosse stato fratturato qualche osso alla convinzione delle sue fondamenta, come se girasse intorno alla morte la sua purezza frattale. Arrivò fino alle mie orecchie il sibilo di un coltello e vidi la sua rossa testa precipitare verso il centro delle labbra, la vidi affondare in un vortice di fumo, e potei sentire già solo quella scalata dell'impotenza accanirsi con la mia fortuna. Non posso sostenerlo. Solo ho queste mani di bambino la cui pelle si apre quando il vento la morde, la mia assoluta goffaggine per il calcolo che mi privò sempre dell'algebra perfetta della luce. E quella paura dell'aria in disubbidienza quando si ostina a frustare senza pietà il castello di carte della mia vita.
data | autore | commento (si può commentare solo se si è loggati) | |
06-06-2014 | Redazione Oceano | Una domanda, dei pensieri mentre i rumori, il dolore, la paura avvolgono e tessono. Tremante di rossa visone a terra e nel fumo, uccise le speranze. L’agonia né lenta né cessata: oscura nube. Occhi di bambino, terrore di bambino, visione privata ad un bambino nel per sempre. Un climax di intensità emotiva, crescente che si ferma nel ristagno d’un sentire segnato. Le figure si avvolgono e si dipanano come un’accumulazione di termini, mentre un oratore sembra assolversi di fronte ad un pubblico. |