Umiltà e onestà

(Pierro Antonio)


La civetta difende la luna dal chiarore
in armonioso canto dall'alto delle fronde
e stende gli occhi vispi sulla mia lena
addossata alla torre campanaria
in gestazione silenziosa, in attesa
del rintocco, schiocco del dovere sulla mia cute.
Protendendo le mani in guanti callosi e dignitosi,
di iuta umile vesto il mio corpo
pronto al lacero e allo strappo:
si cristallizza l'affanno con la goccia di sudore
sul cappello velinato di una fronte spettinata.
Forte al dovere è l'anima al crepuscolo
dissetandosi nella polla, ernia di un fiume
che è madre del giorno onesto
e prosciugati nell'ugola
la frode e l'inganno
senza sarto vegliano l'alba,
mormorando sulla nuda roccia
alla pietà del mio dolore,
implorando una lacrima dagli uomini
laddove trema una stella livida.
Notte chiara, con il belare muto della pastura
servito al firmamento, elevami al di sopra degli astri,
tralascia rubini e diamanti
e in un vestito latente di candido vello bianco
esigo il trono del re dei sogni,
con entrambi mani sullo scettro
di una spiga del campo dorato
che sazia il giorno e reclama la voce
di un piede nudo felice
sulla cima della rupe del destino.