Luna (quante facce hai?)

Luce di marmo
beffarda e glaciale
ogni sera un inganno
anarchica amante
sospesa a due stracci di nembi.

Non ho la certezza di tutto il tuo cielo
la luce, il candore, il mistero.
Io, a un palmo da te
illusione notturna
sospesa tra Sirio e uno stralcio di cielo
non buco la notte,
non lascio mai impronte
perforo i silenzi che strisciano
all’ombra di anfratti silenti
disarmo di ossa scolpite nel marmo
nel pianto del tempo negato,
caduto è lo scudo
corazza di spalle arcuate nel sole
ricordo di grano e di spighe nascenti.

Stanotte rinnego chimere di sogni
in cui mi hai cullata al tempo dei fiori del prato.
Effimera sfera
sei solo la luna del cielo più nero
e stelle i diamanti che adornano il velo
di un manto fugace tessuto col filo del baco.
Sei sole che muore
brillando di luce riflessa , a cui fa paura
lo sguardo dell’alba e un volo di rondine in festa,
e celi la faccia, perché mai nessuno
ti ha vista arrossire d’inganno e di vanto.

Passato è il tuo tempo
calato hai le facce sul tavolo verde
ascolta il lamento del mare
e tendi l’orecchio a un flebile filo di vento.
Avrai un’altra eclisse
un tiepido abbraccio
che sappia scaldarti un po’ il cuore
e dirti che esiste l’amore.
Magari ti aspetto, se ancora hai coraggio
di tingermi il cielo con fiori di raso...
ascolta il mio pianto
e dopo il lamento del mare.
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