Sempre lei

Stringeva in mano un crine ed un merletto
un filo d’erba nasceva in fondo al cuore,
edera amara scorreva nelle vene
le risucchiava l’amore e il suo dolore.

Aveva in mano un pugno e la sua sete
in fondo agli occhi due gocce di passione,
carezze antiche sferzavano le ore
perle di sabbia sfioravano le ciglia.

Tra le sue mani, un nodo e la sua fune
per ricordare e poi morire altrove
non c’è più tempo per afferrare l’alba:
scende la sera, lei diventa luna

gira la faccia e muore un’altra volta.
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13-11-2014 Infante Maria Teresa Grazie!
10-08-2014 Redazione Oceano Metafora esordiente, scalpita al crine in galoppo verso se stessa, affrontando e arrampicando, arrancando, filo d’erba vivo, virgulto, al freddo cinismo del rito immutato.
Ogni parola è sapienza, ogni azione è possesso, ogni anelito è vita che brucia e consuma allo scandire del tempo,.
Possedersi mentre l’incuria incede, tentando d’usurparne il crine, di falciare l’erba, di scarnire lo scandire, di beffare nuove albe, di dire e ritrattare.
Consapevole, matura con l’epifonema rilassato e prono al buio del crepuscolo!