Verso il meriggio

Verso l’impudica notte,
dove finisce il re e
comincia l’uomo,
sentiamo il battito del mondo
che rulla sulle
nostre pelli accordate.

Sbattono forte i vecchi tamburi,
mentre scuoiamo il drago.

Sulle facce appaiono le
prime rughe di frontiera,
come sfiati sui pozzi dei desideri,
come anfratti erosi
dalle urine del tempo.

Bare di pensieri mobili
occultano le ferite e
nell’intimo di questa immensità
ci tocca pregare.

Dei lontani aliti che
scaldavano gli anni
rimane solo la pelle,
il resto è fuori dai
nidi dell’estate,
perso fra le ore del meriggio.

Slaccia dal volto il 
tuo sorriso o vento e
schioda libero il gusto
della sua leggerezza sul 
nostro palato immaginario.

Mandrie di nuvole piene
galleggiano sulle nostre teste
come pesanti coltri fra cieli e terre.

Non sentiamo più il canto acerbo
delle ore, ma scivoliamo un
po’ incauti un po’ vaghi
verso i lunghi confini del tempo.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
01-11-2013 Redazione Oceano Evolversi e crescere, mutamenti più interiori che esteriori a determinare e circoscrivere il lento e inesorabile passare del tempo, il tutto descritto in versi stilisticamente elaborati.