Lieve e impercettibile la mente

Il passato ti sfugge di dosso con le sue paure, i sentimenti, i desideri persi…quest’ultimi li custodisci 
nell’armadio della saggezza e della pace come abiti smessi e che sai non metterai mai più.E’ viva questa 
ritrovata saggezza e come un enigma che ha finalmente la sua risposta, scivola dall’altra parte,quella che 
colleziona istanti da posare uno sull’altro.Forse basterebbero pochissime parole…magari iniziare come con 
tante pagine scritte, trovare le parole giuste quelle che in una soltanto dicono tutte le altre, così da 
molte pagine si arriverebbe a poche…poi le parole di troppo lasciate lì ad aspettare scomparirebbero dai 
fogli ed allora quelle che rimangono sarebbero da raccogliere, ascoltare e forse a furia di guardarle e 
pensare resterebbero solo due o tre.Alla fine le dici e loro salgono e scendono, volano lontano e non si 
sa dove andranno a posarsi finché qualcun altro le riscoprirà nel silenzio in cui sono avvolte!

Come un pittore dipinge a volte si scrive: dapprima con scrupoloso metodo cercando di rendere accuratamente 
i nostri concetti con similitudini condotte diligentemente, poi si procede con le modifiche, le aggiunte, 
le rettifiche. Infine un grande barlume di ispirazione ci investe e allora, come il pennello delicato del 
pittore cambia, si scrive di furia quello che ci investe, si dà tocchi di sentimento con rilievi acuti 
pieni di asprezze e oscuri affondamenti con grandi squarci qua e là da cui si vedono cose confuse e lontane. 
Ci si fabbrica un linguaggio nostro con enigmi, colori, delicatezze, modi per esprimerci. 

Ci si impiglia e ci si riavvolge nel proprio pensiero e vi si aggira come in un labirinto senza trovare  
l’uscita.Si tenta di esprimere l’inesprimibile, si fanno paragoni e si accumulano metafore per spiegare 
quello che abbiamo in testa.Un lieve, impercettibile scarto all’indietro, e la mente si ritira in un 
intimo spazio, che non è luogo ma silenzio.Attendi un affiorare di ricordi, o forse un istantaneo avviso 
di mutazioni?Il ronzio della mosca nel bicchiere e la pallida pasta lievitante sul marmo…o la sbarra di 
ghiaccio, che lenta si discioglie nel largo lavello grigio conglomerato di ciottoli biancastri?No, non 
è questo.Un profumo sottile di fiori d’arancio sul lungomare, o l’odore avvolgente del rosmarino, in una 
torrida estate lontana o un frinire seghettato di cicale nascoste e più tardi, il canto felice dei grilli, 
in un prato già scuro e accarezzato dal vento, la sera.Io, donna e figlia di quel tempo dorato e senza 
fine, ingenua e semplice, moglie più o meno preparata con tanta allegria, tante speranze raccontandomi 
di aver passato una splendida infanzia e un’adolescenza altrettanto bella.Nel mio minuscolo mondo fatto 
di lavoro, figli e famiglia…era però un mondo con scogli e fondali nascosti che poteva far naufragare 
i vulnerabili, gli incauti o le persone complesse come me. Sapevo e sentivo fino in fondo come stavano 
le cose anche quando ero bambina, e ciò che ho sempre temuto di più era ed è la solitudine ed ho passato 
tutta la vita a tenerla a bada…l’altra grande paura la morte, anche se si dice che la sola vista della 
morte può portare il conforto della realtà. E’ un leggero frusciare la mia penna che scrive, un frusciare 
quasi impercettibile, sembra poi svanire in lontananza ed avvicinarsi al punto dove i ricordi chiari 
cessano. I ricordi di dèjà vu con quelle sensazioni false che ognuno ha sperimentato di tanto in tanto. 
Nella solitudine le mie diverse età si incontrano e si scontrano:quando cercavo qualcosa che non sapevo 
trovare,quando cercavo qualcosa ma non sapevo dov’era,quando cercavo nell’infinito qualche stella che 
mi aiutasse per scoprire che erano tutte uguali e lontanissime.La piccola bimba che diceva…Dio se io 
soffro devi aiutarmi…Abbiamo bisogno di linguaggi per poter decifrare le problematiche complesse della 
vita, a fare da “trait  d’union”  alla nostra parte più sensibile dei nostri mille…perché? 

E’ quella parte che non va in nessun luogo, che non si adatta a niente, che non vorrebbe…che non fa…
che non é…è la nostra materia eterea che non si arrende di fronte alla sfida perdente della speranza 
che è coraggio impalpabile come un raggio di sole, che è infaticabile come il cammino del vento, che 
è il moto perpetuo dell’onda del mare,che è ritorno di sole e luna, ritorno di morte e vita…uno spaziare 
libero che nel suo segreto prende forma e aderisce perfettamente   impregnandosi di tutto quello che 
c’è da assorbire, ogni centimetro delle sue luci-ombre.Sembra una voragine immensa per un cuore che 
vorrebbe allungarsi per toccarne le sponde e cercare di ricongiungerle.Forse è la mancanza di una 
guarigione completa che mi fa sentire a volte vuota e tangibile come polvere portata dal vento.

Cercare di non crollare perché qualsiasi cosa faccio vado avanti così all’infinito…segnali conflittuali 
alcuni debolissimi altri brandelli d’intuito.Quando entro in contatto con questi conflitti noto anche 
che sono diventata abile nel maneggiare i file della memoria…sono sempre complicati ma io mi adopero 
costantemente per tenerli bene il ordine! Talora nel crepuscolo un volto mi guarda dal fondo di uno 
specchio…l’arte deve essere come questo specchio che  rivela il mio vero volto. Da allora la temporalità 
sorge in me come un invito a superare tutta la mia solitudine alla ricerca di una luce, una lotta 
giornaliera col suo cumulo di collisioni, con i suoi tocchi scuri e la dolorosa scala del tempo fatta 
di zeri e limiti. Niente è mai veramente perduto, nessuna vita, nessuna forza o cosa visibile, o è il 
caso a governare il tutto?Come si può pensare il contrario? Come si può vedere che i calcoli di cui la 
mente umana è capace siano ribaltati da un’imprevedibile meteora, l’esplosione di una stella o da uno 
sguardo freddo o da un’inquietudine della mente?Non sei mai quello che pensi…quello che pensi cambia 
come tutto nella vita.Sei quello che non pensi e molto più complicato di quello che immagini.E’ più 
facile lasciare le cose come stanno o ricominciare tutto da capo?Incapace di spegnere i rumori dei 
miei pensieri, nonostante gli altalenanti su e giù, le cose più insignificanti mi fanno cambiare le 
prospettive per far nascere qualche giornata perfetta.Cerco di riprendere il controllo delle mie emozioni 
in subbuglio, ma so  anche che nell’esercizio della malinconia sono una vera professionista.

Sto dando una sistematina ai miei pensieri: i sogni e io eravamo come una coppia di attori intrappolati 
in un’assurda interpretazione senza traccia di trama o  storia. Incespicavamo nella parte covando il 
dolore e soffrendo, ma incapaci di cambiare recita. Aspettavamo una specie di esorcismo o un personaggio 
importante che  dicesse:”Voi non avete controllo alcuno in questa situazione!” per affrontare le cose a 
viso sereno e accendere quella rabbia per ciò che é accaduto o cercarne un qualche risarcimento.Forse 
così alla fine i ricordi e i sogni potevano liberarmi per sempre e io li avrei abbandonati lì a vagare 
nel buio in un posto privo di ormeggi e fondamenta.E’ mattina e sono nel bagno per rassettarmi e 
ovviamente sosto per darmi una sbirciatina allo specchio.Sono più pallida e stravolta di come immagino.

Il sogno di questa notte ha lasciato il segno: guardo i miei occhi e vi leggo una profonda stanchezza 
che vela la mia determinazione appena acquisita :”Nessuno può dirti cosa sei o non sei in grado di 
fare, lasciati tutto alle spalle!”“Ho avuto una vita felice?” La domanda racchiude in sé tante dimensioni 
e tanti strati,spesso sull’orlo di un vulcano,altre un guscio vuoto senza contenuti di un qualche valore.
Ma gli anni hanno riempito quel guscio e questa domanda aspetta ancora una risposta ma non d’allora ma 
dall’adesso.Presente e passato risultano intrecciati fittamente e io vorrei restare nei ricordi ma 
soltanto in quelli belli,quelli che non riesco a dimenticare.Sono in strada a fare una piccola 
passeggiata.L’estate arriverà  sicuramente, ma per adesso non si sente.Vorrei stare al sole che ho 
sempre amato…ma anche questo mi dà fastidio.Vorrei andare nel mio giardino in campagna…prima o dopo 
andrò…quante cose farò o vorrei fare? Mi guardo attorno sgomenta.Una miriade di giovani e non, di 
entrambi i sessi parlano ai loro telefonini soprattutto in strada.Sono anche altrettanto indaffarati 
nel far scorrere i pollici sulle minuscole tastiere.Venti anni fa quegli stessi giovani sarebbero 
stati con il naso incollato alle pagine di un libro…forse mancano di desiderio del sapere e la 
capacità di apprendimento è come se le meravigliose  funzioni dell’essere umano che richiedeva un 
continuo flusso di stimoli mentali siano adesso privi di senso…c'è una pigrizia occasionale, un ozio 
gustato perché conseguente ad una routine o a stanchezza, oppure  una pigrizia quasi cronica, una sorta 
di malattia a causa della quale più non si fa niente e più non si vuol fare niente.Certo, a volte 
negli adulti  sono le circostanze della vita a farti ritrovare in periodi di impasse, forte stress e 
chiusura di una fase importante, che implica cambiamenti a volte drastici, ma quando ci si rende conto 
che in generale, si è sempre stati così,sempre pigri ma con più stimoli mentali,si capisce che sì, 
ci si è mossi verso il progresso di sé stessi, ma non è ancora abbastanza. Non si tratta solo di 
recuperare quegli stimoli, ma di attuarli, capendo però cosa è giusto e proficuo. Eppure adesso io 
non comprendo bene se devo solo fermarmi ed aspettare, o fare qualcosa di concreto per uscire da questa 
fase di stallo che dura molto di più di come mi aspettavo. Ultimamente prego anche sovente Dio quello 
che ho tanto cercato nei periodi più critici della mia vita, quello contro cui ho inveito quando pensavo 
che avrebbe potuto aiutarmi per non farti morire. Prego tanto e forse adesso mi ascolterà.

Sicuramente a questa età mi sento più vicino alla morte che alla vita e davanti all’inevitabile 
viaggio verso l’aldilà, mi si accendono più d’un campanello d’allarme. Ma vorrei rimanere ancora al 
di qua anche con tutti i rischi che comporta.Sono  nel mio giardino.Dicono che si apprezza realmente 
un giardino quando si raggiunge una certa età. Probabilmente dovuto al grande cerchio della vita, 
nel miracoloso e incontenibile, quasi ottimistico, delle nuove gemme dopo un inverno più cupo e freddo 
del solito.Osservo come la natura sceglie di mettere in mostra i diversi fiori.Certo che prendermene 
cura è grande sforzo per strappare erbacce, ma è un piacere vedere le piante vivere e splendere!

Ogni cosa diventa suono puro che mi  fanno percepire emozioni come una sensazione fisica: non soltanto 
penetrano nelle orecchie, ma fluttuano dentro, intorno a me, pizzicano la pelle e portano l’immaginazione 
in direzioni inaspettate.Antiche percezioni che attraversano nuovi pensieri e nuove percezioni per 
liberare quello che tengo dentro imprigionato.Foglie dorate volteggiano giù dai rami e atterrano ai 
miei piedi come piccole benedizioni.Già qualche rosa si sfoglia e rimangono soltanto spine…io sono lì 
alla ricerca di non so più cosa tra uno stelo e l’altro…tra un sasso e l’altro ancora più spigoloso di 
quello lasciato indietro…tutti insieme a tracciare un sentiero di attese disilluse dell’oggi o ancora 
più del domani. Soltanto ieri con il prato verde da tagliare, il cielo di velluto, mi perdevo a sognare 
per toccare il cielo con un dito, per accarezzare l’infinito e scompigliare mente e cuore.Con il passare 
degli anni è accaduto qualcosa di veramente inatteso…è come se questa casa mi avesse avvolta fra le sue 
spesse mura stringendomi in un  confortante abbraccio.Forse è per i ricordi di piccole bimbe bionde o 
della mia vita di prima…o forse è per via del giardino che mi rilassa.Potare e veder crescere i fiori 
mi rammenta l’ordine del mondo…il flusso e riflusso come forza vitale e eterna…come ne fossi diventata 
la custode.Spesso i ricordi mi si spiegano davanti e immagino e rivivo scene mille volte come premere 
tasti rewind, pausa, play.Provo anche rabbia bruciante e tangibile per come ho lasciato scorrere la mia 
vita, ma come tutte le storie che si raccontano o che nascondiamo a noi stessi per sopravvivere o per 
come ci si sente soli, disperatamente soli, solo allora questa storia sarà la verità, prima che tutto 
si dissolva nel tempo e scompaia.I ricordi,  quelli che vorrei salvare, sono uno strano guazzabuglio 
di scintillanti istantanee dell’infanzia ingenua e genuina ma anche scene con immagini più cupe legate 
tra momenti felici e scenate con porte sbattute, rumori tempestosi e comportamenti impulsivi.Periodi di 
isolamento e l’annichilente sensazione di nullità in quella ragazzina ingenua che sognava  e troppo 
ansiosa di compiacere.Fin dalla fanciullezza ho usato le parole scritte come sfogo all’ira e alla paura, 
all’amare e odiare.Scrivevo lettere che non avevano destinatari.Riflettevo attentamente e mettevo per 
iscritto esattamente quello che provavo, quello che volevo ardentemente che accadesse, facendo in modo 
che i pensieri si concretizzassero per poterli tenere poi strappavo il tutto in minuscoli pezzettini e 
i problemi venivano distrutti come la carta, ma rimanevano quelle strette allo stomaco annunciatrici 
di furie destinate a diventare incandescenti e logoranti.Aspettare che le ire sbollissero per acquietarmi 
e tornare a far parte della logica del vivere. Essere buona era diventata per me una esigenza 
irrinunciabile e da lì, la mia vita è stata tutta un conflitto perché in cuor mio sapevo che non ero 
così buona come gli altri si aspettavano.Cosi sono stata costretta a nascondere questa verità, che 
nel tempo, si è trasformata nel mio personale segreto di bimba,un vergognoso segreto.Ho costruito 
così un falso sé, un immagine ideale che mi ha protetto donandomi  quello di cui avevo disperatamente 
bisogno, l’affetto dei miei genitori.Oggi dopo anni  ho compreso che ciò che avevo definito cattivo 
non erano nient'altro che emozioni,quelle emozioni che oggi definisco naturali.Spesso mi sono chiesta:
"Chi sono veramente io?" ma per poterlo scoprire ho dovuto smantellare parecchie sovrastrutture, 
entrare in me con il coraggio di un guerriero che ha deciso di vincere la sua personale battaglia.
Oggi sono ciò che sono, mi accetto in toto, sono esattamente il risultato dei miei pensieri, 
delle mie ansie..Oggi sono tutte le espressioni che ho potuto in me riconoscere e sarò tutte le 
espressioni che potrò incontrare.Oggi sono come un fiume che va spontaneamente, naturalmente, 
innocentemente, verso il suo mare. Avete forse sentito un fiume che progetta il suo percorso?

Non credo dato che è il terreno sottostante che lo dirige.Lui, il fiume, semplicemente segue la 
formazione del territorio che lo accoglie.In  tanta casualità trovo una spinta per andare avanti, 
per ricominciare e riuscire a dimenticare. Quando finalmente torniamo da quanti abbiamo amato e non 
ci siamo lasciati alle spalle è come se scivolassimo dentro loro…cascare dentro due nuvole di bambagia…
due note appese in un cielo affollato. 
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
09-11-2016 Pomina Genoveffa Ringrazio molto la redazione per le meravigliose parole.
...come riuscire con le parole a dipingere completamente un quadro di vita con le scene inspiegabili che si affacciano alla mente? Ci sono da sempre troppe cose da descrivere radicate in quel mondo da cui ho tentato di sfuggire…l’orbita della mia infanzia ridotta e insicura. Mi interrompo…non sono sicura che queste pagine vadano scritte…mi domando perché mettere tutto su carta? Scrivere è spogliarsi, mostrarsi e a volte esibirsi…forse dirci quello che vorremmo sentirci dire…ingannarci, sollecitarsi, farci credere che siamo amati o stati amati…farci gioire o piangere. Quello che adesso mi sembra abbastanza chiaro potrebbe col tempo cambiare prospettiva oppure essere una fatica esagerata per cercar di ricucire le pezze scompagnate della mia vita con riferimenti e spazi di passaggio, allusioni scombinate...forse per fornire a me stessa risposte che temo non ci saranno più? Che diritto ho di riportare alla luce i pensieri lontani come la mia solitudine da bambina e quella più disperata da donna? La solitudine d’adesso è più comprensibile perché capisco che sono sempre stata una pedina da sacrificare nel grande gioco della vita. Mi chiedo ancora…perché non mi abituo e non considero quello che non ho perso? Così sulla scacchiera potrei essere uno di quei pezzi che andrebbero protetti…mi sento stanca, maledettamente stanca di spazzare pezzi di vita su quel tavolo da gioco dove ne rimangono da sempre piccoli frammenti. Guardo il mio viso invecchiato e dovrei riconoscermi ma non è più quel viso che guardava in ogni momento al mondo tenendosi dentro la sua storia. Adesso sono ore infinite trafitte da spine…mi sento come sbiadita. Soltanto la notte insonne fa cadere liberamente i pezzi di me stessa lasciandomi libera di sentire il buco che ho dentro… sembra facile per altri dormire ma io non ce la faccio…sono triste e tutto sembra assurdo e terribile…è come una tristezza senza desideri.

segue su mio libro di narrativa "Sarà per questo che Dio ci ha dato la pelle?"
06-11-2016 Redazione Oceano L’agguato posto dai ricordi, dalle note scordate e quelle da intonare, si riserva il cantuccio per dirompere ancora e stridere. La forza, ricondotta dall’essere in sé, macina, dirige, conduce; nelle tue parole il bivio da percorrere per mantenere inalterata l’apparente normalità. Le fragilità parlano di conflitti da riporre e risistemare mentre non c’è tregua, se non apparente : esplosione infinita d’emozioni.