Uragano
Allarme uragano, improvviso, squarcia la quiete di un mattino assolato. I bimbi nel cortile all’aperto, giocano spensierati, troppo piccoli, non hanno memoria della morte eminente. La giovane maestra sa, lei ha memoria; il cuore le trema scuotendole il petto, li guarda i suoi piccoli allievi, son tanti, come potrà mai portarli tutti al sicuro? Presto, il tempo non c’è, si china per sollevare il più piccolo, un altro ancora per mano, corre la giovane maestra, corre gridando il nome di ognuno, ecco la campanella, tira con forza la corda, chiama i suoi allievi, la paura le rende la voce disumana. I bimbi accorrono tra folate di vento già impetuoso, lei li conta chiamandoli per nome, tutti ci sono, la giovane maestra alza gli occhi al cielo come in un ringraziamento, serra le porte della chiesa che funge anche da scuola in quel piccolo paese, non oserà l’uragano ribellarsi al suo Creatore, salvi sono i bimbi, quei bimbi affidategli dalle mamme al mattino. Come avrebbe potuto lasciare vuote quelle braccia di mamme? Le si siedono intorno i piccoli, fuori l’Uragano vortica sul paese,strappa e straccia ogni cosa dell’operato umano, si accanisce con quel campanile che, maestoso nella vallata, sfida la sua collera. Ed ecco la risposta fulminea dell’uragano a quell’insulso campanile; un soffio più potente e la vetrata esplodono in mille frammenti. Il panico cattura i giovani cuori, piangono i bimbi, un pianto sommesso dettato dalla paura, piangono ma non vogliono farsi udire dall’uragano, non vogliono essere rapiti da mille artigli saettanti. La chiesa sicura ormai più non è, l’uragano vi è entrato e da padrone stradica panche e inginocchiatoi, c’è solo quell’ultima stanzetta in muratura, difficile già da raggiungere, ma le mamme dovranno avere le braccia colme dei loro pargoli quando l’uragano avrà esaurito la sua rabbia e diventa grande, la giovane maestra, urla, corre, prega e tutti i bimbi getta in quell’angolo di vita, richiude la porta e come catenaccio possente si pone innanzi a essa. Un’ultima folata e la chiesa implode. Tutto tace, una quiete misericordiosa riveste tutte le rovine, nulla è rimasto integro; solo quella stanzetta ha ancora le mura, e da essa si odono i bimbi che pregano la giovane maestra di non punirli chiudendoli in quel luogo buio. Ecco i primi soccorsi, la giovane maestra ha un palo conficcato nella spalla che la inchioda alla porta della stanzetta, ha perso sangue ma trema solo per i suoi allievi, piano le tolgono il paletto dalla spalla, non un lamento lascia le sue labbra serrate, ora si può aprire la prigione salvatrice della sua scolaresca, li conta chiamandoli per nome mentre escono, impolverati ed impauriti, ora ogni mamma avrà il suo fagotto, piangente ma vivo... e la giovane maestra si lascia andare ad un pianto silente, ora sente il dolore della sua ferita.
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