Pugni stretti

Seduta alla sua scrivania fissava un punto non precisato del vuoto, vagava lo sguardo in quella camera vuota
di affetti. Lo sguardo posò sul suo pugno e realizzò che, come sempre, era serrato. Il pollice all’interno
per evitare che le unghie le ferissero il palmo della mano. Dunque questo era diventata? Una donna che si
chiudeva a riccio? Quando dolore conteneva la sua anima, difficile quantificarlo, solo quel pugno stretto
evidenziava la sua angoscia. Giocava, rideva con tutti ma era solo una maschera, quando era sola lo sconforto
spesso la prendeva, ricordava momenti felici e spensierati, non era stata un’adolescente difficile per nulla,
si piaceva sia caratterialmente che fisicamente. 

Aveva, infatti un buon carattere, adattabile a mille situazioni diverse, raramente si era trovata in difficoltà.
La sua mente elaborava veloce la tattica del momento, trovava soluzioni, a volte,al limite dell’impossibile che,
comunque, le risolvevano il problema. Fisicamente non era una bellezza da vip, aveva quei tratti meridionali
tipici, una folta capigliatura nera, lucida, liscia come la seta, lunga fino al bacino; una fronte ampia di
intelligenza vivida, due occhi neri e profondi come la notte. Il naso, ecco, forse il naso non la soddisfaceva
molto, andava arcuandosi nel tempo sotto il peso degli occhiali. Le sue labbra, grandi, di un passionale color
rosso scuro, ben delineate nascondevano un sorriso innocente. E si , aveva una bella schiera di corteggiatori
ma lei non gli dava peso alcuno. Lei cercava quel qualcosa che le riempisse l’anima di affetti e di sentimenti.

In un possibile partner non cercava sicurezza, ne aveva di suo, in un compagno lei cercava complicità passionale,
condivisione di sentimenti. Oggi di quell’adolescente non c’era quasi nulla più. I lunghi capelli corvini avevano
ceduto il passo al brizzolato tipico della sua età, non li portava più lunghi ma corti appena sulle spalle,
avevano anche perso parte di quella lucentezza tipica della seta. Gli occhi non sorridevano più come una volta,
ora avevano un velo di tristezza e di nostalgia, si rianimavano dell’antica allegria solo quando lei stava con
i suoi nipotini e allora si che si scorgeva nel profondo di quello sguardo la monellaccia di una volta.

Si riscopriva, spesso, a pugni stretti, sapeva che non era fatto positivo, era quello un modo per chiudere il
mondo fuori se stessa, quel mondo che spesso le aveva inferto ferite cruente. Lentamente aprì il palmo, le
nocche le dolevano ma si impose rigidità di sopportazione e guardava la sua mano, quante carezze avevano
regalato al suo uomo e per ognuno di essa aveva ricevuto solo dolore. In un attimo, su quel palmo passò tutta
la sua vita come in una moviola. Si rivide giovanetta spensierata e allegra, si rivide giovane sposa raggiante
e si rivide mamma. Quest’ultima sua veste era un’immagine tormentata, quella donna al centro del suo palmo non
era più sorridente e spensierata. Ora appariva schiava con pesanti catene ai piedi. Si rivide trascinare lenta
quel suo ferro solo perché la sua mente si era rifugiata nel delirio della dimenticanza. Quel dolore, quel-
l’abuso le avevano cambiato la vita, viveva come se fosse assente a se stessa, viveva una vita in prestito.

Un giorno, un brutto giorno tutto era riemerso come una saetta, faticosamente e dolorosamente lei si ritrovò.
Inorridita guardò lo scempio che il marito aveva fatto di lei, arrabbiata si era imposta alla vita, al marito
e aveva chiuso tutto.
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21-04-2013 Redazione Oceano Non esiste un tempo per ricominciare come non esiste un modo per ricostruirsi se non si compie un gesto di grande coraggio: le scelte non sono mai indolori, ma almeno i pugni stretti si riaprono e le mani ricominciano ad afferrarre briciole di serenità.